Se l’ex lavoratore farà richiesta, l’INPS potrebbe rimborsargli direttamente in cedolino, ben 5 anni di arretrati. Vediamo perché.
Tra i lavoratori che sono più vittime degli arretrati delle pensioni si trovano soprattutto stagionali, lavoratori domestici operai ma anche impiegati.
INPS: gli arretrati delle pensioni
I lavoratori, o meglio, gli ex lavoratori, potrebbero vedersi mancare diversi mesi di pensione a causa di problematiche diverse. Tali problemi, finiscono nelle aule di Tribunale causando contenziosi. Del resto, è cosa nota, che in Italia gli stipendi non pagati oppure pagati poco o meno di quanto dichiarato, sono molto diffusi. Non è escluso che i datori di lavoro non versino i contributi che spettano ai propri lavoratori.
Non esiste una categoria specifica di ex lavoratori che ha dovuto subire ritardi nelle pensione ma provengono da ogni dove: dalle fabbriche agli uffici, passando per i lavoratori domestici e gli stagionali. Le liti relative al lavoro, spesso, finiscono in secondo piano. Notoriamente, la burocrazia italiana è molto lunga e non fa altro che mettere un gesso a tutte queste situazioni sia per chi lavora ancora sia per chi è in pensione.
L’INPS, dal canto suo, cerca di arginare il problema nei limiti delle sue possibilità. Per questo motivo, ha previsto che, se il pensionato dovesse fare domanda, potrà ricevere fino a 5 anni di pensione arretrata che gli spetta.
Chi può fare domanda
Se un lavoratore non ha ricevuto le retribuzioni che gli spettano o più basse di quelle promesse, può impugnare la questione entro i 5 anni. Se non lo fa direttamente al datore di lavoro, può procedere comunque all’INPS. Se si dovesse mettere in campo un contenzioso, il lavoratore potrebbe vedersi corrispondere anche dei contributi maggiori sulla pensione.
Se non si facesse questa richiesta, dunque, il lavoratore potrebbe perdere denaro sul proprio assegno pensionistico. Ad esempio, se un lavoratore ha recuperato, dal suo datore di lavoro, 5 anni di arretrati, in differenze contributive, queste incideranno sui contributi versati dal suo capo.
Lo stipendio, nel sistema pensionistico italiano, infatti, è il punto di partenza per calcolare i contributi versati. Se lo stipendio è più alto, più alti, in proporzione, saranno i contributi. Le differenze ottenute, dunque, possono essere accreditate al lavoratore anche questo ha ormai lasciato il lavoro, facendo aumentare l’assegno pensionistico.
La domanda dovrà essere fatta all’INPS che ricalcolerà la pensione. L’istituto, come abbiamo visto, dovrà ricalcolare la pensione in virtù degli arretrati. Il limite sarà, ancora una volta, quello dei cinque anni. In mesi, si tratta di 60 mesi di tempo. In realtà, non si tratta di casi rari poiché la maggior parte dei contenziosi tra lavoratori e datori di lavoro vengono avviati in età lavorativa e possono sconfinare, poi, quando ormai è arrivata l’età pensionabile.