Il Decreto Lavoro potrebbe avere in serbo delle novità per chi deve andare in pensione, prevedendo un anticipo di 5 anni per chi rispetta determinati requisiti. Vediamo la pensione a 62 anni a chi spetta.
Andare in pensione anticipata si potrà poiché, in base al Decreto Lavoro, cambierà il contratto di espansione.
Pensione a 62 anni: come andarci
Il Governo Meloni sta mettendo a punto il cosiddetto decreto Lavoro che è stato uno dei cavalli di battaglia anche della campagna elettorale. L’obiettivo del decreto è quello di favorire un ricambio generazionale, permettendo la pensione anticipata a chi ne ha i requisiti.
In pratica, alcuni potranno andare in pensione, lasciando la loro occupazione, cinque anni prima del previsto. Il decreto prevede che, ogni 3 persone che avranno lasciato il lavoro grazie a questo scivolo, permetterà l’assunzione di un nuovo lavoratore giovane d’età.
Questa potrebbe essere una delle novità principali del decreto lavoro a cui, però, se ne aggiunge un’altra. Stiamo parlando del contratto di espansione che dovrebbe costituire un ulteriore incentivo per favorire il ricambio generazionale nelle realtà aziendali. Si assisterebbe, così, anche ad una riqualificazione del personale. Vediamo di cosa si tratta.
Contratto di espansione: cos’è
Sostanzialmente, quando si fa riferimento al contratto di espansione si sta parlando della proroga dei contratti chiamati proprio così. Essi costituiscono un tipo di contratto che è stato introdotto negli anni 2019/2020 e sono stati prorogati fino alla fine di quest’anno. Si tratta di contratti che possono essere applicati anche per quelle realtà aziendali in cui i dipendenti sono più di 50.
Nato dagli accordi tra sindacati ed aziende, il contratto di espansione consente anche il raggiungimento di una pensione anticipata, fino a 5 anni rispetto alla pensione di anzianità (che in Italia è contemplata se si raggiungono i 67 anni di età e 20 anni di contributi versati). Lo stesso si può dire anche della pensione anticipata classica che è possibile a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e a 41 anni per le donne.
Con questa tipologia di contratto, il lavoratore che sceglie di andare in prepensionamento riceverà dall’INPS un’indennità che, però, è sostanzialmente pagata dal datore di lavoro. L’indennità sarà pari alla pensione che il lavoratore avrà maturato fino a quel periodo.
Se non dovessero mancare 5 anni alla pensione, si può optare per una diminuzione dell’orario di lavoro. Anche in questo caso, il soggetto riceverà un’indennità che, però, stavolta sarà pagata dallo stato. Il massimo consentito è di 18 mesi, con un taglio dell’orario di lavoro che va dal 30% al 100% (con il cessato rapporto di lavoro).
Nel caso in cui si appartenga alla categoria dei lavoratori precoci (che ha iniziato il lavoro prima dei 19 anni) si potrà andare prima del compimento dei 67 anni di età approfittando di alcuni modi. Resta il vincolo di iscrizione alla previdenza obbligatoria prima del 1 gennaio 1996. Il primo è l’Ape sociale. Il secondo è l’Opzione donna che, stando alla bozza del Decreto Lavoro, non sarebbe soggetta a modifiche.