Le pensioni tornano all’ordine del giorno, una volta tanto non per una nuova riforma previdenziale ma per la questione del calcolo della pensione Inps definitiva, arrivata all’attenzione dei media grazie a una inchiesta di Ballarò. Di cosa si tratta? Della discrepanza tra l’importo che l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale dovrebbe conferire al pensionato e l’assegno effettivamente percepito da quest’ultimo. Al centro della polemica c’è il ricalcolo aggiornato alle stime Istat, che spesso viene effettuato in modo errato o non effettuato affatto. Con la conseguenza che la pensione risulta più bassa (o più alta) di quanto dovrebbe. Il limite massimo per contestare l’ammontare del proprio assegno previdenziale è luglio 2014, ma in pochi sanno cosa devono fare.
In effetti, non fosse stato per il servizio della trasmissione di Giovanni Floris, il problema del calcolo sbagliato della pensione definitiva sarebbe ancora argomento di conversazione di pochi. Per pensione definitiva si intende proprio l’importo, calcolato dall’Inps, dell’assegno aggiornato secondo le più recenti stime Istat (su inflazione e costo della vita, ad esempio). Quella che il neo pensionato percepisce nei primi mesi di addio al lavoro, infatti, non è che una pensione temporanea, il cui valore viene calcolato secondo una stima di massima effettuata dall’Istituto. Essendo temporanea, questa pensione dovrebbe poi essere ricalcolata e adeguata a quella che è la realtà del momento, stabilendo l’importo che, per legge, spetta al pensionato. Come in tutte le cose che riguardano la burocrazia, però, anche questa fase non è esente da errori, così molti si ritrovano in accredito una cifra diversa da quella che dovrebbero percepire. In negativo ma anche in positivo.
Il fatto è che davvero pochi sono in grado di capire se c’è stato un errore, o perché non conoscono le regole che guidano il calcolo della pensione o perché non hanno il tempo (o la voglia) di ricostruire tutta la propria ‘carriera’ previdenziale per scoprire se e dove si trova l’inghippo. La legge italiana prevede che i controlli previdenziali vengano effettuati solo su esplicita richiesta del pensionato diretto interessato, il che significa che se non è lui ad accorgersi del problema nessuno lo farà mai al suo posto. Quali sono gli elementi che possono portare a un errore nel calcolo? Secondo l’associazione dei consulenti del lavoro, ad essere a rischio sono soprattutto coloro che, nel corso della loro vita professionale, hanno avuto a che fare con periodi anomali. Il che può significare congedo parentale ma anche periodi di mobilità. Qui si nasconde la maggior parte degli errori di calcolo, dovuta probabilmente a una discrepanza tra quanto detta la normativa e quanto viene applicato effettivamente dall’Inps.
Come capire se il proprio assegno è stato calcolato male? Le strade sono due: o ci si rivolge al CAF, fornendo tutte le carte necessarie e chiedendo una verifica dell’importo. Si tratta di un processo decisamente lungo, che cozza contro la scadenza ufficiale di luglio 2014 per la presentazione dell’istanza per emissione di assegno sbagliato. L’alternativa è il vecchio fai da te, utilizzando il portale Inps e il Pin personale, analizzando tutti i moduli e spulciando lo storico della propria carriera alla ricerca dell’errore. Errore che, vogliamo ripeterlo per chiarezza, può essere in difetto ma anche in eccesso. Questo significa che, far ricalcolare l’importo dovuto, può anche esporre al rischio di scoprire che per anni si è percepito un assegno più alto di quanto previsto, con tutte le conseguenze del caso.
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