La pensione per molti lavoratori potrebbe restare un miraggio poiché l’uscita dal lavoro segue, ogni anno, l’indicatore che riguarda le aspettative di vita, che per il biennio 2018/2019 presenta un aumento di almeno quattro mesi rispetto agli attuali requisiti per poter andare in pensione. Come qualcuno di voi ricorderà, nel 2012 la riforma Fornero introduceva la flessibilità della data della pensione dei lavoratori, un dato che da quel momento è stato legato alla speranza di vita stabilita dall’Istat. E che quindi ha visto un incremento costante in questi anni, con relativo innalzamento graduale dei requisiti anagrafici per poter accedere alla pensione.
PENSIONI E ASPETTATIVE DI VITA
Le tabelle di aspettativa di vita influiscono sulle pensioni, facendole slittare. Si è partiti dai 65 anni per arrivare a 66 anni per gli uomini (dipendenti ed autonomi) e per le lavoratrici del pubblico impiego; a 62 anni per le lavoratrici dipendenti del settore privato; a 63 anni e 6 mesi per le autonome e le parasubordinate. Nel 2013 i lavoratori in odore di pensione hanno subito uno slittamento di tre mesi, con ulteriore scatto di altri 4 mesi nel 2014, che si sono ripetuti dal 1° gennaio 2016, con eccezione del 2015 in cui le cose sono rimaste sostanzialmente invariate. Mentre il trend degli ultimi anni è sempre in crescita.
PENSIONE 2018 E 2019: COSA SUCCEDE?
Nel 2018 l’adeguamento alla speranza di vita porterà a un ulteriore scatto di un anno nei requisiti necessari a chiedere la pensione per le dipendenti del settore privato e di sei mesi le autonome e le parasubordinate. Quindi in definitiva, a causa dell’aspettativa di vita che è tornata a crescere, le previsioni sulle condizioni per l’accesso alla pensione di vecchiaia 2018 e 2019 non sono molto rosee.
IN PENSIONE A 67 ANNI
I lavoratori devono sapere che dai prossimi anni l’età pensionabile potrebbe arrivare a 66 anni e 11 mesi o addirittura a 67 anni, se prendiamo ad esempio le ultime rilevazioni dell’Istat, che indicano proprio il 2019 come anno in cui scattano ulteriori 4 mesi (che possono arrivare anche a 5) in più nell’età anagrafica per poter accedere alla pensione.
PIU’ SOLDI PER LE PENSIONI, MENO PER LE CURE MEDICHE
Nei prossimi anni lo Stato investirà più nelle pensioni e meno nelle cure mediche. Aumenterà di oltre 26 miliardi di euro, nei prossimi quattro anni, la spesa per gli assegni pensionistici e crescerà di 8 miliardi anche la spesa per le prestazioni sociali. Più contenuto, invece, l’aumento delle uscite per la sanità che saliranno di 6 miliardi e rispetto al pil si ridurranno progressivamente: dal 6,73% del 2016 al 6,37% del 2020.
Il totale degli assegni pensionistici passerà dai 261 miliardi del 2016 ai 287 miliardi del 2020 (+10%); le prestazioni sociali passeranno da 76 miliardi a 84 miliardi (+11%); le spese sanitarie cresceranno da 112 miliardi a 118 miliardi con un incremento minore, pari al più 5,36%.
Questi i dati principali dell’operazione fact checking realizzata dal Centro studi di Unimpresa sull’ultimo Documento di economia e finanza, secondo la quale il totale della spesa per welfare e sanità salirà di quasi 41 miliardi tra il 2017 e il 2002 (+9%). “Restano degli squilibri – commenta il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci – e l’aumento della spesa pensionistica dimostra che le riforme degli scorsi anni non hanno risolto i problemi delle nostre finanze pubbliche”.
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