Uno dei temi caldi della campagna elettorale riguarda le pensioni, in particolare la riforma Fornero, varata dall’ex governo Monti. Il primo a lanciare l’argomento nell’agone politico è stato Matteo Salvini: il leader della Lega (non più Nord) ha trovato delle difficoltà all’interno dell’alleanza del centrodestra, con Silvio Berlusconi non sulla stessa linea del Carroccio. Convergenze invece in qualche modo si sono avute con il Movimento 5 Stelle, mentre la distanza con il Partito Democratico di Matteo Renzi si è confermata anche su questo argomento. Distanza dovrebbe esserci anche con la nuova formazione della sinistra di Liberi e Uguali di Pietro Grasso, il cui programma è ancora in fase di definizione. Vediamo quali sono le posizioni dei partiti sulle pensioni e la Fornero in vista delle elezioni del 4 marzo.
Le pensioni sono da sempre un argomento della campagna elettorale e ancora di più in questi ultimi anni. I pensionati sono un bacino elettorale da cui attingere a destra e a sinistra, specie con il Paese che invecchia sempre più. I dati Istat presentati nel marzo 2017 certificano che l’età media in Italia è di 44,9 anni, gli over 65 anni superano i 13,5 milioni, il 22,3% della popolazione totale, e che i pensionati in totale sono 16,1 milioni con in media un reddito pensionistico lordo di 17.580 euro (+257 euro sull’anno precedente).
Già solo questi numeri ci dicono quanto siano importanti i pensionati per tutti i partiti: se poi consideriamo che i giovani sono praticamente assenti dalla campagna elettorale e che – soprattutto per questo – sono la categoria più a rischio astensione (secondo l’istituto di ricerca Demòpolis citato dal Sole 24 Ore, a votare potrebbe essere solo il 62% degli aventi diritto), ecco chiuso il cerchio. Vediamo ora cosa dicono i diversi partiti in campagna elettorale sulla questione pensioni.
IN SINTESI – Aria di tempesta nel centrodestra: Matteo Salvini ha sempre chiesto l’abolizione della legge Fornero e in un primo momento sembrava essere riuscito ad inserirne l’abolizione nel programma siglato con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. A fine gennaio però la doccia fredda per Salvini: intervistato dal Sole 24 Ore Berlusconi dichiara che “per evitare gravi effetti sui conti previdenziali” va confermata l’età di 67 anni, tranne che “in alcuni casi” e “per un periodo di tempo limitato. Seguiremo gli sviluppi.
Fin da quando è diventato segretario della Lega, Matteo Salvini ha fatto dell’addio alla riforma pensionistica voluta dal governo Monti uno dei suoi cavalli di battaglia. Il concetto è stato ribadito fin dall’inizio di questa campagna elettorale, senza se e senza ma, anche di fronte ai “forse” dei suoi alleati, a partire da Silvio Berlusconi, scettico sulla totale cancellazione della riforma. “Via la Legge Fornero, dopo 41 anni di lavoro, chiunque ha diritto ad andare in pensione. Al lavoro resta solo chi vuole, come prevedeva la riforma Maroni”, ha ribadito il leader del Carroccio.
L’idea della Lega è dunque quella di mandare tutti in pensione con 41 anni di contributi, senza limiti di età, come invece previsto dalla Fornero. Oggi i requisiti per andare in pensione nel 2018 con l’attuale riforma sono 65 anni e 7 mesi d’età per le donne, 66 anni e 7 mesi per gli uomini con almeno 20 anni di contributi.
Salvini tira dritto anche sul problema dei costi: secondo il presidente Inps Tito Boeri l’abolizione della legge Fornero costerebbe fino a 140 miliardi nel 2020. “A chi dice non ci sono le coperture, rispondo che sono soldi degli italiani. La legge Fornero è sbagliata e va cancellata, assolutamente”, ha dichiarato. Ancora però non è chiara quale sarebbe la copertura finanziaria per la nuova riforma delle pensioni a marchio leghista.
Silvio Berlusconi è in piena fase “tira e molla”: in un primo momento ha difeso la riforma Fornero (“L’età media oggi continua a salire e quindi crediamo giustamente e correttamente che salga anche l’età in cui una persona può andare in pensione”), poi ha ceduto alle martellanti insistenze di Salvini accettandone l’abolizione. A fine gennaio il clamoroso dietrofront, espresso nel corso di un’intervista al Sole 24 Ore: “Per evitare gravi effetti sui conti previdenziali” va confermata l’età di 67 anni, tranne che “in alcuni casi” e “per un periodo di tempo limitato. Così parò Berlusconi.
IN SINTESI – Come per la Lega, anche per il MoVimento 5 Stelle la riforma Fornero è da abolire, ma secondo queste modalità: subito per alcune categorie ed entro 5 anni per tutti. Nel programma per le politiche 2018 vengono confermati i cardini di Quota 100 e Quota 41 per la riforma pensionistica immaginata dal movimento: per recuperare i 12 miliardi necessari come copertura finanziaria, si vogliono tagliare le pensioni d’oro, cioè quelle sopra i 5mila euro netti.
In tema pensioni, il programma del Movimento 5 Stelle ricalca quello del centrodestra. Leggendo i “Venti punti per l’Italia”, programma per le elezioni 2018 presentato dal candidato premier Luigi Di Maio, è confermata l’abolizione della Fornero, a cui seguirebbero le specifiche della riforma delle pensioni come immaginata dal movimento di Beppe Grillo. Nel dettaglio, Di Maio ha chiarito che l’addio all’attuale sistema pensionistico dovrebbe avvenire subito per le categorie usuranti e in 5 anni per gli altri, in modo da bilanciare i conti. “Le pensioni hanno un grande problema perché ci sono più morti che nati. Dobbiamo incentivare le nascite”, ha dichiarato nell’intervista a “In mezz’ora” di Lucia Annunziata.
Il futuro sistema pensionistico del movimento è uguale a quello della Lega di Salvini e ruota attorno a due cardini: Quota 100 e Quota 41. Il primo indica la possibilità di andare in pensione per chi, sommando età e contributi, raggiunge 100; il secondo invece indica il numero minimo di anni dei versamenti con cui andare in pensione senza alcun limite di età.
Altro capitolo riguarda il taglio alle pensioni d’oro che ha scatenato non poche polemiche con il PD. Nel progetto del M5S, sarebbe il modo di finanziare il superamento della Fornero, recuperando 12 miliardi di euro, come spiegato dallo stesso Di Maio il 17 dicembre in un’intervista a Radioanch’io su Radio Rai 1, lasciando tra l’altro stupito lo stesso giornalista. “Sì, sono 12 miliardi”, ha insistito Di Maio. “Possiamo iniziare dai lavori usuranti poi negli anni successivi abolirla del tutto attingendo dai 50 miliardi di sprechi del bilancio dello Stato che non certifico io ma il centro studi di Confindustria”, ha poi concluso
A conti fatti, per raggiungere quella cifra si dovrebbero abolire gli assegni con un valore netto intorno ai 2.500-2.600 euro mensili, come spiegato da molti economisti. Cifre che sono state riprese da Matteo Renzi per attaccare il movimento che però ha risposto. “Quando parliamo di pensioni d’oro ci riferiamo a pensioni sopra i 5 mila euro nette”, ha dichiarato lo stesso Di Maio.
IN SINTESI – La riforma Fornero non va abolita ma migliorata, puntando sulla flessibilità in uscita e rendendo strutturali gli strumenti già in essere come l’Ape: novità con l’introduzione della pensione di garanzia per giovani
Per il PD di Matteo Renzi la riforma Fornero non va abolita ma migliorata nelle sue criticità. Il primo a difendere la riforma voluta dall’ex governo Monti è stato l’attuale ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che l’ha definita “uno dei pilastri del sistema pensionistico italiano e della sostenibilità del sistema finanziario del Paese”. Su questo argomento non ci sono state voci discordanti tra i dem: la riforma Fornero è dunque migliorabile ma non si tocca.
A sintetizzare il PD pensiero è stato il segretario che ha esposto i punti chiave della politica dem sulle pensioni in vista delle elezioni del 4 marzo. Renzi ha spiegato il programma in diverse occasioni, ribadendo che la priorità è garantire una maggiore flessibilità in uscita.
Da qui la proposta di ampliare l’Ape volontario per gli over 63 e dell’Anticipo pensionistico sociale a carico dello Stato per i lavoratori in difficoltà: l’idea è dunque rendere strutturali gli strumenti di flessibilità gratuita a chi ne ha bisogno.
Tra le proposte nuove c’è anche quella pensione di garanzia per giovani, come è stata chiamata nel programma economico, cioè il diritto a un assegno minimo per chi lavora con contratti di varie forme dal 1995, cioè da quando entrò in vigore la riforma Dini che introdusse il contributivo ed eliminava la pensione minima. La cifra di partenza dovrebbe essere di 750 euro, aumentando a seconda degli anni di contributi versati.
Come anticipato, Renzi si è poi scontrato con il MoVimento 5 Stelle e la proposta di recuperare 12 miliardi di euro con il taglio delle pensioni d’oro, il che porterebbe a tagliare le pensioni da 2.300 euro al mese.
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IN SINTESI – La riforma Fornero è ingiusta e va profondamente cambiata con un sistema che sia sostenibile ma che non abbia il meccanismo automatico di innalzamento dell’età pensionistica
In attesa del programma completo di Liberi e Uguali, il partito di Pietro Grasso ha già iniziato a elencare quali sono le priorità sul tema delle pensioni. La riforma Fornero per la sinistra è stata ingiusta e ha creato il problema degli esodati, ora risolto, ma rimane un sistema da riformare in profondità, a partire dall’eliminazione del meccanismo automatico di innalzamento dell’età pensionabile, ora legato all’aspettativa di vita. Già con il primo scatto di quest’anno si erano sollevate le proteste dei sindacati, a cui il movimento di Grasso fa riferimento sul tema pensioni e lavoro: per questo sarà il primo punto da affrontare.
Si punta inoltre ad avere diversi limiti di età a seconda della difficoltà e pericolosità del lavoro svolto, con soglie più basse per i lavori usuranti, lasciando alla volontà del singolo lavoratore se andare in pensione più avanti. In tema di redistribuzione, LeU chiede anche di inserire un’integrazione minima per le pensioni contributive dei nuovi contratti, in modo da sopperire ai periodi senza lavoro, in una proposta che assomiglia a quella del PD della pensione di garanzia per i giovani. Grasso però strizza anche l’occhio al M5S con la proposta di tagliare le pensioni d’oro e porre un tetto agli assegni più corposi.
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