Chi oggi ha trent’anni rischia di lavorare fino a 75 anni e prendere fino al 25% in meno di pensione, se non addirittura di non prendere nulla visto l’alta percentuale di contratti precari. L’allarme povertà per i 30enni di oggi, dove si concentra la maggior parte dei lavoratori precari, arriva dal numero uno dell’INPS, Tito Boeri. Nel corso del convegno “Pensioni e povertà oggi e domani”, presentando il rapporto Ocse 2015 sullo stato dei sistemi pensionistici, Boeri ha snocciolato una serie di dati inquietanti che la politica dovrà cogliere in tempo se vuole evitare il disastro. Vediamoli insieme.
L’INPS ha svolto una simulazione sulla base di un campione di 5mila lavoratori nati nel 1980, coloro che oggi hanno 35 anni e che nel 2050 ne avranno 70. Partendo dall’ipotesi di un tasso di crescita del Pil all’1%, molti di loro dovranno lavorare fino a 75 anni per andare in pensione. Non solo. L’assegno rischia di essere più basso rispetto a oggi, passando dagli attuali 1.703 euro in media a 1.593. Il dato però deve tenere conto anche del tempo in cui si usufruisce della pensione. Oggi questo è più lungo rispetto a quanto ipotizzato in futuro, cosa che fa salire la media di oggi a 2.160 euro. La conclusione? Nel 2050 si rischia di avere il 25% in meno di pensione rispetto alla media attuale.
“Si lavorerà più a lungo anche in rapporto alla speranza di vita. Le pensioni saranno del 25% più basse di quelle di oggi, tenendo conto degli anni di percezione”, ha dichiarato senza mezzi termini Boeri.
Il problema risiede innanzitutto nel sistema contributivo che si confronta con una realtà lavorativa molto diversa rispetto a quella che hanno conosciuto i nati nel 1945, ricorda ancora il presidente dell’Inps. Se prima le possibilità di avere un lavoro a tempo indeterminato erano molto alte, oggi sembrano quasi svanite soprattutto per i più giovani che si arrabattano tra un contratto precario e l’altro. Si percepisce meno di stipendio e lo si prende per periodi limitati, il che porta ad abbassare il calcolo contributivo della pensione. Da qui, il rilancio della proposta di misure di contenimento della povertà care a Boeri, come il reddito minimo.
“Con le regole del contributivo le persone che non raggiungono un certo ammontare di prestazione prima dell’età pensionabile rischiano di non avere alcun reddito. Si apre perciò il tema di un’assistenza di base che protegga queste persone contro il rischio povertà. È un problema molto serio che riguarda i giovani”, ha ricordato.
A rischiare sono soprattutto le donne. Dalla simulazione dell’INPS, se tutte le donne tra i 30 e i 40 anni avessero un figlio, nel 2050 una lavoratrice su tre potrebbe ricevere 750 euro di pensione.
Tutto questo a fronte di un sistema che già oggi vede l’Italia maglia nera. Il valore degli assegni pensionistici italiani è del 79,7% del salario netto, contro una media Ocse di 63%, mentre siamo al primo posto per il peso dei contributi (33%) e per la spesa pubblica previdenziale (il 15,7% del Pil contro l’8,4% della media Ocse), con un tasso di disoccupazione giovanile ai massimi. Il futuro che ci attende è tutt’altro che roseo.
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