Non tornano i conti per le pensioni minime o meglio, tornano e sono al ribasso. Basta guardare le simulazioni fatte per conto del Corriere della Sera dalla società di consulenza Progetica che ha analizzato la situazione per i lavoratori di oggi sotto il sistema contributivo, nel quale non è prevista l’integrazione al minimo. I prossimi pensionati dunque potrebbero prendere meno dei 502 euro al mese previste, anche perché non ci sarebbe più il “paracadute”, l’integrazione da parte dello Stato a sostegno delle pensioni più basse.
La simulazione di Progetica prevede per esempio, che un lavoratore dipendente di 30 anni con un reddito di mille euro nette al mese e con l’alta probabilità di buchi nel versamento dei contributi, arriverà a 408 euro al mese, quasi cento euro in meno rispetto a oggi. Ancora più grave la prospettiva per un autonomo che rischia una minima di 341 netti al mese.
Dai dati Inps pubblicati nei giorni scorsi, sono 51mila le pensioni con il metodo contributivo in vigore dalla riforma Dini del 1995 che sono state liquidate: per la maggior parte si tratta di vitalizi d’invalidità e reversibilità. A preoccupare sono i calcoli delle pensioni contributive per i lavoratori del presente e del futuro, coloro cioè che vivono sulla loro pelle l’attuale situazione lavorativa, con redditi variabili e difficoltà nel mantenere regolare il versamento dei contributi, ma soprattutto con l’assenza del paracadute per i minimi pensionistici.
Per le simulazione, Progetica ha tenuto conto di due scenari diversi: un’economia di recessione, come è quella attuale, e una di crescita, con la ripresa economica tanto auspicata. La proiezione più generale vede un assegno pensionistico di 514 euro per un trentenne con reddito netto di mille al mese e l’ingresso in pensione a 65 anni e nove mesi. Con l’economia in crescita potrebbe arrivare a 600 euro, 743 euro nel caso in cui riesca a fare carriera arrivando a duemila euro netti di stipendio.
Sono calcoli però molto difficili da fare a livello generale perché con il contributivo ci sono diversi fattori che influiscono sul risultato, come ha spiegato al Corriere Andrea Carbone, partner di Progetica. Bisogna tenere conto dell’età del pensionamento che sarà adeguata all’incremento dell’età della vita (nel 2016 e 2019, poi dal 2021 su base biennale); da calcolare anche lo scenario economico con le variazioni del Pil e le eventuali crescite di carriera.
Su questo punto, spiega Carbone, il metodo contributivo rischia di non adeguare gli avanzamenti dello stipendio alla pensione, per cui anche in caso di buste paga più alte si corre il rischio di un vitalizio più basso di quello attuale.
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