Per un sondaggio di LaPolis-Università di Urbino e Demetra per la Repubblica, gli italiani hanno più fiducia in alcune istituzioni rispetto ad altre, nella fattispecie è cresciuta quella nei confronti del presidente della Repubblica ed è rimasta invariata quella verso il Parlamento, anche se è diminuita quella nei confronti dei partiti.
Il 69% degli intervistati, tra l’altro, sarebbe favorevole all’elezione diretta del capo dello Stato, con il presidenzialismo insomma, una delle proposte che ha animato la campagna elettorale del centrodestra e a cui i partiti della maggioranza dovrebbero iniziare a lavorare a breve, secondo quanto ha detto la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, e anche la ministra per le Riforme costituzionali, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Non solo, perché per il 57% degli italiani, lo Stato dovrebbe anche abbassare le tasse senza, però, toccare i servizi garantiti.
Le elezioni politiche del 25 settembre ci hanno restituito un quadro, per quanto la riguarda la disaffezione degli italiani alla cosa pubblica, che ha quasi del drammatico. Più di un elettore su tre, infatti, ha deciso di disertare le urne non contribuendo quindi a eleggere i membri del Parlamento, di destra o di sinistra che fossero.
La stessa situazione si può notare nel sondaggio che LaPolis-Università di Urbino e Demetra hanno svolto per La Repubblica. Tra le istituzioni per cui si nutre meno fiducia, infatti, rientrano proprio le aule di Palazzo Madama e Montecitorio: il 23% dei rispondenti ha dichiarato di fare molto affidamento su di loro. In realtà, però, il dato sarebbe addirittura in crescita rispetto a un decennio fa: nel 2012, gli italiani che rispondevano positivamente erano solo il 7% del totale.
Come il Parlamento, tra le istituzioni che possono vantare una crescita rispetto a qualche anno fa, c’è anche quella del presidente della Repubblica, che si pone in seconda posizione – assieme al Papa e dietro le forze dell’ordine, le prime con il 70% della fiducia – con un bel 68%.
A fare il vero salto di qualità, comunque, sono i Comuni, le Regioni, lo Stato, le associazioni degli imprenditori, i sindacati e persino le banche e i partiti. Se, però, nel caso delle prime tre, la situazione è migliorata in generale portando di fatto a una scalata nella classifica, non si può dire la stessa cosa delle ultime due, che rientrano, invece, nelle istituzioni di cui di fatto si crede di meno.
Per quanto riguarda gli schieramenti politici, per esempio, la fiducia è aumentata dell’8%, arrivando al 14 totale ma rimanendo il fanalino di coda per gli italiani. Le banche, forse considerando che, negli ultimi dieci anni, due banchieri come Mario Monti prima e Mario Draghi dopo sono stati a capo del governo, hanno visto un aumento delle percentuali del 12% ma sono rimaste comunque su livelli di guardia, toccando il 25%.
L’unica istituzione, poi, a vedere una vera e proprio diminuzione in termini di stima e affidabilità da parte degli intervistati è la Chiesa, che è passata dal 44% del 2012, e anche del 2021, al 41% di ora, vedendosi superata dall’Unione europea al 45% e dalla new entry Nato al 44%. Un aumento della fiducia rispetto a dieci anni fa anche per la scuola che, però, è calata rispetto all’anno passato del 3% ed è ora al 56% totale.
Tornando al presidente della Repubblica, in cui conta anche la figura di Sergio Mattarella, il 69% degli italiani intervistati è favorevole all’elezione diretta del capo dello Stato contro un 25% che invece non lo è. Una buona notizia, in pratica, per la maggioranza di governo che ha nel programma elettorale una riforma costituzionale che porterebbe proprio a una sorta di semipresidenzialismo alla francese.
Probabilmente, l’idea di poter scegliere la prima carica porterebbe anche a un miglioramento della democrazia in generale che, al momento, funziona solo per il 53% degli intervistati, addirittura il 25% rispetto alla stessa indagine del 2013 (e dopo le elezioni) e già il 5% in più rispetto a solo un anno fa.
Su chi sia più adatto, poi, a governare, gli italiani sono molto divisi: per meno della metà di loro, il 47%, sarebbe meglio se a farlo fossero dei tecnici, per un altro 47%, invece, sono più adatti i politici eletti dai cittadini e il 6% non sa o non risponde. Gli intervistati hanno pochi dubbi, però, su chi debba guidare il Paese. Per il 62%, l’Italia ha bisogno di un leader forte, mentre per il 31% di loro una figura carismatica potrebbe essere un pericolo per la tenuta della democrazia. Nel primo caso, la percentuale è cresciuta negli ultimi anni, sintomo che la scelta di Giorgia Meloni, forse, non è stata fatta a caso.
Rispetto a dieci e anche vent’anni fa, a scendere vorticosamente è la percentuale di italiani che si dicono molto orgogliosi di esserlo. Se, infatti, nel 2001, i più soddisfatti erano circa due su tre contro il 27% che, dal canto suo, lo era solo abbastanza, adesso sono solo il 44% a esserlo tanto e il 39% a esserlo in maniera sufficiente.
Sulle politiche che, invece, si dovrebbero attuare, gli intervistati dal sondaggio si sono divisi quasi equamente, anche se il 57% di loro preferirebbe che si diminuissero le tasse anziché che aumentassero i servizi (il 43% è d’accordo a quest’opzione). Tra i primi, solo il 12% a favore di una riduzione delle prestazioni in nome di una riduzione delle imposte, mentre il 45% non lo è. Nel secondo caso, invece, il 18% sarebbe disposto a pagare più tasse se venissero offerti più servizi, mentre il 25% non lo è.
La soddisfazione per i servizi è calata per quasi tutti, tranne che per quanto riguarda le ferrovie e i trasporti urbani che rimangono comunque il fanalino di coda. L’assistenza sanitaria privata rimane la migliore con il 56% degli italiani che la considera soddisfacente (nel 2021, era il 60%), quella pubblica arriva al 44% contro il 48% di un anno fa.
Le scuole private, invece, vanno peggio di quelle pubbliche (40 contro 43%), ma la differenza, di soli tre punti percentuali, va a favore delle prime, mentre dieci anni fa la distanza era quattro volte più grande. Per ultimi, appunto, i servizi su rotaie che crescono in un anno dal 36 al 39% e i mezzi pubblici, ora più soddisfacenti del 6% e quindi al 33% totale.
Nel merito della corruzione, l’80% degli intervistati crede che sia un fenomeno in aumento rispetto allo scoppio di Tangentopoli, trent’anni fa. Il dato, sebbene abbastanza preoccupante, è in netto calo rispetto a qualche anno fa: nel 2014, per esempio, il 92% pensava fosse più diffusa.
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