C’è voluto veramente pochissimo perché il nuovo governo di centrodestra, con tanto di Fratelli d’Italia della presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, e un po’ di Forza Italia e Lega, capitanata da Matteo Salvini, ora in forza al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (e non al Viminale, in cui ora c’è il suo ex capo di gabinetto Matteo Piantedosi), facesse capire dove voleva andare. Meglio, dove voleva che (non) andassero i migranti salvati in mare delle navi delle Ong.
E mentre gran parte del mondo si chiede se questa sia umanità, la scelta rimane quella di far scendere solo i fragili, quindi donne incinta, bambini e chi si ritiene malato, con gli altri che rimangono ancora là: cullati dalle onde, ma non protetti – e come mai potrebbero esserlo? Una strategia, quella del nuovo ministro degli Interni, che potrebbe evitargli tutte le rogne che furono del suo ex ex predecessore, imputato per non aver offerto un porto ai migranti nel 2019. Al massimo lo si potrà indagare e poi imputare, nel caso, per abuso di ufficio, ma chi mai lo farebbe, appunto.
Il 2019 è stato un anno dolce amaro per Matteo Salvini. L’allora ministro degli Interni (e vicepremier) del primo governo guidato da Giuseppe Conte stava volando a dir poco nei sondaggi, che poi si sono concretizzati nella vittoria nettissima delle elezioni europee di maggio. Poi qualcosa gli è sfuggita di mano, la gestione dei migranti per esempio, o le dichiarazioni sui pieni poteri che avrebbe voluto e che lo hanno mandato direttamente a scontrarsi contro un muro, relegandolo, assieme alla sua Lega, all’opposizione.
Una sorta di inizio di una discesa negli inferi che si è poi vista nelle politiche del 25 settembre, in cui comunque è riuscito a ottenere abbastanza consenso da risedersi a Palazzo Chigi, non da primus inter pares, però, ruolo che ha Giorgia Meloni. Rispetto alla precedente esperienza governativa, il Capitano ha dalla sua una squadra che, pare, remi dalla sua stessa parte, anche se lui non è stato messo a guidare il Viminale.
Ecco, a prendere il suo posto c’è lo stesso capo gabinetto che, da giugno del 2018 a settembre del 2019, aveva scelto lui: Matteo Piantedosi. L’attuale titolare del dicastero degli Interni, pur seguendo quasi del tutto la linea tracciata da Salvini per quanto riguarda i migranti, vorrebbe evitare di commettere gli stessi errori del suo predecessore e, magari, non finire imputato in un processo.
Come fare, quindi? Partendo dal presupposto che tutti i migranti che vengono salvati dalle navi delle Ong, qualunque esse siano purché non battano bandiera italiana, non verranno accolti dal nostro Paese, la strategia del ministro del governo Meloni è quella di far scendere soltanto quelli che si trovano in gravi condizioni, i cosiddetti fragili per intenderci. Perciò solo bambini, donne incinta e malati.
Finora, da sabato a oggi, sono state fatte sbarcare 357 persone delle 568 della Geo Barents, l’imbarcazione di Medici senza frontiere, e 90 delle 125 della Humanity 1, mentre restano ancora senza un porto (e un aiuto) i migranti della Rise Above e della Ocean Viking. A rimanere incastrati, in condizioni precarie e tutt’altro che rassicuranti, ci sono 572 esseri umani, tre dei quali, sfiniti, si sono anche gettati in mare.
La linea di Piantedosi, in soldoni, come hanno sottolineato alcune fonti del Viminale, è quella di “garantire l’assistenza dovuta, ma anche di essere fermi nel tenere il punto che i migranti economici portati dalle Ong in Italia non entrano. E dello sforzo per far attecchire in Europa il principio della corresponsabilità. Questo è quello che conta, ben più del dato numerico o del rapporto tra chi è rimasto a bordo o chi è sceso“. Perché, semmai dovesse, invece, salire a bordo un procuratore, come è stato per quello di Agrigento nel caso in cui Salvini è imputato, non vuole incorrere nel reato di omissione di soccorso.
Potrebbe, a onor del vero, essere indagato con l’accuso di omissione d’atti d’ufficio per non aver assegnato un porto alle varie navi, ma è un pericolo piuttosto remoto, considerato che nessuna procura si sognerebbe mai di contestarlo.
Fin qui, tutto bene, quindi. Peccato che la situazione sia molto più preoccupante di così. Per i migranti che ancora sono a bordo delle imbarcazioni umanitarie – che anche se considerati non fragili, sono comunque stipati in navi in condizioni atmosferiche e non solo tutt’altro che facili -, ma anche per le critiche che stanno piovendo un po’ da ovunque, in Italia come all’estero.
Innanzitutto, entrambe le navi che sono state fatte arrivare nel porto di Catania hanno dichiarato che non andranno via finché tutte le persone presenti non verranno fatte scendere, in Italia. Non solo, però, perché la Sos Humanity ha annunciato di voler presentare un ricorso al Tar di Roma contro i provvedimenti del governo che violano, secondo loro, “il diritto internazionale e italiano“.
Mirka Schafer, Advocacy officer dell’Ong, ha spiegato come, secondo il primo, “un’operazione di ricerca e soccorso si conclude con lo sbarco dei sopravvissuti in un luogo sicuro. È illegale consentire lo sbarco solo a pochi eletti sopravvissuti. Inoltre, respingere tutti gli altri al di fuori delle acque territoriali nazionali costituisce una forma di respingimento collettivo e quindi viola sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che è il principio di non respingimento della Convenzione di Ginevra sui rifugiati“.
A lei ha fatto da eco Riccardo Campochiaro, avvocato e legale della Humanity 1: “La Procura di Catania, che è molto attenta, conosce bene la situazione. So che ci sono associazioni che si stanno muovendo per presentare un esposto alla Procura di Catania sul trattamento dei migranti e sul fatto che non siano stati fatti sbarcare tutti“.
Se non bastasse, ci si è messa anche l’Unione europea a tirare le orecchie alle scelte fatte dal governo. In un primo momento dalla Commissione presieduta da Ursula von der Leyen avevano semplicemente fatto sapere che non si potevano occupare loro di smistare i migranti delle navi al largo delle coste della Sicilia, lasciando quindi la patata bollente all’Italia e ai vari Paesi che avrebbero accettato l’invito dell’esecutivo Meloni. Ora che la situazione diventa sempre più grave, però, un portavoce ha ribadito “il dovere morale e legale di salvare le persone in mare, in base alle leggi internazionali“.
E in base a quelle si deve “minimizzare il tempo che le persone passano in mare“. “Ogni caso è diverso – evidenzia – ma incoraggiamo tutte le autorità a collaborare in modo da agevolare lo sbarco“. Quanto al dossier al vaglio del ministro Piantedosi sul far fare richiesta di asilo ai migranti direttamente sulle navi delle Ong, è “molto difficile” che si riesca a fare.
Un botta e risposta sulla questione migranti, poi, è avvenuto tra Salvini e Roberto Saviano. Il giornalista e scrittore napoletano ha chiesto di far sbarcare tutti, perché l’Italia non è un Paese in cui la ferocia è di casa. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel suo solito modus operandi, ha risposto che si commenta da solo. Cosa volesse dire non si sa.
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