Le elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia, in pratica le due regioni più importanti in Italia, sarebbero dovute arrivare quasi in contemporanea alle politiche. Così non è stato, e quindi saranno la cartina tornasole sia del governo, sia delle opposizioni, che potrebbero viaggiare separate (quasi sicuramente), oppure unirsi, ma solo per la successione di Nicola Zingaretti e neanche tutte.
Di questo ha parlato Giuseppe Conte, il presidente del MoVimento 5 stelle, in una conferenza stampa nella sede del partito in via Campo Marzio. Alle sue dichiarazioni, al momento, ha risposto solo Bruno Astorre del Partito democratico.
Il candidato alla presidenza della regione Lazio per il Partito democratico potrebbe essere Alessio D’Amato, l’assessore alla Sanità dell’amministrazione di Nicola Zingaretti, che tanto bene ha fatto nella gestione della pandemia. A dirlo all’AdnKronos è stato Matteo Orfini, ma il nome circolava da tempo, e potrebbe anche mettere d’accordo il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi che, come il deputato, si presenteranno a un’iniziativa al Brancaccio promossa proprio dall’assessore.
Non è detto, però, perché pare che, nonostante il benestare anche del segretario del Pd, Enrico Letta, ci potrebbero essere delle primarie per decidere chi candidare, e i papabili al momento sono Daniele Leodori e Marta Bonafoni, tutti e tre, d’altronde, hanno dato la disponibilità a partecipare, ha spiegato un membro della segreteria.
Come che sia, il MoVimento 5 stelle potrebbe non far parte dei giochi. In una conferenza stampa dalla sede del partito, il presidente Giuseppe Conte, infatti, ha iniziato spiegando come “la logica del voto utile non porta da nessuna parte, ma soprattutto non paga“, quindi, in pratica, addio campo largo.
E su questo ha precisato che il vero problema dei cittadini del Lazio non è tanto quello, ma “il campo di battaglia di tutti i giorni, se si trovano ammassati sui treni, se si trovano in aree sotto scacco dell’inquinamento…“. Quindi Goffredo Bettini, che ha definito un amico, e che ha auspicato a un’alleanza tra il Pd e il M5s per non regalare la regione alla destra un po’ dovrà mettersi l’anima in pace, perché “su questo occorre qualche chiarimento. Si vince se si ha un progetto serio, se si costruisce un programma solido, se si è coerenti. Si può essere anche in cento, un’ammucchiata clamorosa, ma non si va da nessuna parte“, ha detto ancora l’ex presidente del Consiglio da via Campo Marzio a Roma.
Ecco, il programma sarà “radicalmente progressista” con al centro i temi della salute, del lavoro e dell’ambiente, che non significa, però, “disconoscere tutti i risultati raggiunti dall’amministrazione regionale uscente“, ha puntualizzato. Un programma, ancora, che verrà definito “dalle forze politiche che aderiranno, spero, in modo significativo. Siamo assolutamente disponibili a lavorare in questa direzione e a individuare un candidato che possa essere degno interprete di questo programma” e che “possa offrirci le massime garanzie di realizzarlo, con coraggio“.
Perché il metodo della politica dei Cinque stelle, appunto, sono i contenuti. “Noi non portiamo rancore. Lo voglio dire a tutto il mondo del Pd che in questi giorni si sta sbracciando chiedendoci un atto di generosità: la nostra generosità non esiste se significa scarsa chiarezza sui programmi, annacquamento dei nostri valori e principi“. E da qua si deve ripartire. Ed è importante essere progressisti, non solo millantarlo.
Il nome ancora non c’è, lo si deciderà “correttamente, con le altre forze politiche che vorranno sedere con noi intorno al tavolo“. Quanto alla linea d’azione, questa “deve contemplare alcuni punti cardine, che per noi sono imprescindibili. In materia di smaltimento dei rifiuti, questo progetto non potrà mai basarsi sulla costruzione di nuovi inceneritori“. E la stoccata è palese.
Specialmente a Roberto Gualtieri, il sindaco di Roma che ha festeggiato il primo anno da inquilino del Campidoglio. Anche a lui si è rivolto Conte: “Mi sembra che i problemi di Roma siano rimasti tutti sul tavolo, che ci sia stata una fuga in avanti solo con l’inceneritore“. Una carezza, in effetti, rispetto a quello che ha detto poi sul Pd.
“Lo abbiamo ripetuto più volte, con questi vertici del Pd abbiamo difficoltà a sederci allo stesso tavolo“, ha ribadito anche perché “quando si è trattato di subire una frattura all’interno del M5S molto dolorosa… i cosiddetti scissionisti sono andati in tutte le tv, in mondovisione ad accusarci delle peggiori nefandezze“, il Partito democratico ha scelto di “candidarli tutti nelle proprie liste o in coalizione“. Non solo, però, perché anche “quando i sondaggi in campagna elettorale ci davano al 6-7% il Pd ne ha approfittato per darci il colpo di grazia, metterci alla gogna ed emarginarci come degli appestati“, ha attaccato ancora l’Avvocato del popolo.
Ma se al tavolo potrebbero non sedersi dal Pd, difficilmente ci si siederanno dal terzo polo. “Renzi e Calenda? La risposta la danno già loro“, e con i loro insulti. “Come possiamo definire un programma di lavoro – si è chiesto Conte – insieme a forze politiche che fanno del neoliberismo il loro fulcro dal punto di vista dell’azione politica? Quello non è un orizzonte progressista“.
E chiamato in causa, il senatore ed ex candidato sindaco di Roma, ha risposto su Twitter dicendo che “Conte ribadisce il No al termovalorizzatore a Roma che è il punto qualificante del programma di Gualtieri. Possiamo desumere che continuare a perdere tempo con il M5S è inutile almeno nel Lazio? Visto che c’è una persona del Pd di valore già in campo, possiamo chiudere?“.
Mentre Bruno Astorre, segretario del Pd nel Lazio, ha spiegato che il presidente del M5s “vuole far cadere il campo largo, mettere fine a una ottima esperienza di governo, su un tema che non riguarda la Regione Lazio che è il termovalorizzatore di Roma“. “La legge ha dato poteri al sindaco di Roma per quello, non è competenza della Regione Lazio. Con i diktat non si va da nessuna parte“, ha concluso a margine della conferenza di Gualtieri.
Ma risposte al numero uno dei pentastellati sono arrivate anche dalla Lega con Angelo Tripodi, capogruppo leghista in regione, che ha invece detto che l’unica alternativa “alle idiozie di Giuseppe Conte e alle liti in casa Pd” è il centrodestra. D’altronde il lavoro della giunta Zingaretti “ha chiuso sei discariche dal 2013, ha riempito quasi il sito di Viterbo e ha smantellato i termovalorizzatori a Colleferro, dove ha buttato 7 milioni di euro per gli ammodernamenti”.
Ciò che si deve fare sono investimenti sui rifiuti, mentre il MoVimento 5 stelle “ha contribuito al fallimento di Zingaretti“, compreso cancellare la sanità del territorio. “Le Case della Salute e i Punti di assistenza territoriale sono delle scatole vuote h12, i pronto soccorso sono in tilt e le liste di attesa sono un’emergenza crescente. Mentre le aziende ospedaliere hanno prodotto mezzo miliardo di euro di debito in un anno, aspettando le Asl…“, ha concluso.
Tornando a Conte, il presidente del MoVimento 5 stelle ha parlato anche di altro. “È opportuno che ci sia un segnale di rinnovamento” nell’assegnazione delle presidenze delle Commissioni parlamentari. Per dire, a lui avevano proposto di far parte del Copasir ma ha rifiutato “perché non credo che esponenti singoli politici debbano dare il senso di voler occupare delle istituzioni. Per questo auspico che tutte le forze politiche operino un gesto di discontinuità per affidare a nuovi volti queste istituzioni di garanzia e non sempre ai soliti noti“.
Del lavoro del governo di Giorgia Meloni, non si è detto molto entusiasta: “Ci hanno già anticipato che le risorse finanziarie in deficit ammonteranno a 11 miliardi. Non andiamo molto lontani, anzi siamo assolutamente in continuità con l’atteggiamento iper prudente del governo Draghi“.
L’attacco, poi, lo ho riservato sui social. “Tagliare i sostegni a chi ha perso il lavoro e rischia di finire in povertà? Il governo Meloni non si fa scrupoli“, ha iniziato salvo poi dare una stoccata sulle misure che si metteranno nella legge di bilancio come quelle che faciliterebbero “la vita di evasori e corrotti che girano con valigette piene di contanti“.
“Recuperare gli extraprofitti maturati da chi ha speculato sulla crisi e prendere quei soldi per aiutare subito famiglie e imprese in ginocchio per il carobollette? Il governo Meloni dice ‘no, grazie’“, questo perché oggi, ha raccontato, hanno bocciato due emendamenti proposti dai pentastellati, quello per aumentare dal 25 al 40% il contributo a carico delle società energetiche, il secondo per estenderlo anche ai colossi farmaceutici e assicurativi. “Insomma – ha concluso -, la presidente Meloni ci ha detto che avrebbe fatto di tutto per aiutare gli italiani, ma alla prima occasione utile ha voltato loro le spalle. La linea di questo governo è molto chiara: forti coi deboli, deboli con i forti“.
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