La prima vera battaglia elettorale post elezioni si giocherà nel Lazio e in Lombardia, in entrambi i casi prima del previsto. Ancora non ci sono date, è vero, piuttosto circolano nomi, da destra, da sinistra, dal centro, da ovunque, specialmente per chi prenderà il posto di Nicola Zingaretti. Con lo strappo, annunciato anche in conferenza stampa, del MoVimento 5 stelle con il Partito democratico, che invece pare più vicino al terzo polo, Giuseppe Conte cerca il suo candidato.
E sono tanti i profili che potrebbero fare al caso dell’Avvocato del popolo e, chiaramente, della base pentastellata. Il numero uno della lista, che dovrebbe essere Livio De Santoli, prorettore della Sapienza, per esempio, piace molto all’ex presidente del Consiglio, ma ai simpatizzanti a Cinque stelle no perché pare che in passato abbia detto agli inceneritori, ovvero il motivo per il quale si sono voltate le spalle al Pd e, soprattutto, al governo di Mario Draghi. Ma c’è anche l’ipotesi di Ignazio Marino, ex sindaco di Roma fatto fuori dal suo stesso partito.
A breve, ma non si sa quanto, il corpo elettorale del Lazio e della Lombardia dovrà scegliere il nuovo presidente della regione, oltre che i consiglieri. Per quanto riguarda i secondi, il centrodestra, dopo mesi di incertezza (ufficiali) ha deciso di appoggiare il governatore uscente, Attilio Fontana della Lega, per contro di Letizia Moratti, che invece sarà la candidata del terzo polo.
Dal Partito democratico, di nomi ne circolano parecchi e, a dir il vero, ancora non è tramontata del tutto l’ipotesi di un appoggio all’ex vice governatrice ed ex sindaca di Milano, che cerca ancora un appoggio da parte dei dem. D’altronde, la situazione nel Lazio è diametralmente opposta: i gruppi della maggioranza di governo ancora non ha scelto chi li rappresenterà, mentre lo schieramento del segretario dimissionario Enrico Letta con Carlo Calenda e Matteo Renzi pare abbiano trovato una convergenza sull’assessore alla Sanità della giunta di Nicola Zingaretti, Alessio D’Amato, che esclude, però, il MoVimento 5 stelle.
Ecco, è proprio la compagine di Giuseppe Conte, rifiorita come non mai dopo la caduta del governo di Mario Draghi a livello di sondaggi (ha superato il Pd e ora si trova alle spalle di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni), che deve capire che ne sarà del suo destino. Nella conferenza dell’8 novembre, l’ex presidente del Consiglio ha parlato senza mezzi termini di quello che pensa dell’attuale dirigenza dei dem, anche se è sempre più vicino a Goffredo Bettini, che vuole un riavvicinamento dopo lo strappo dovuto proprio alla non fiducia votata all’esecutivo dell’ex banchiere centrale.
Ma ora, come allora, ad avere un ruolo importante sono gli inceneritori, citati a più riprese anche martedì scorso mentre spiegava le ragioni di una probabile corsa in solitaria se non si dovessero trovare contenuti condivisi. Fermo restando che, come dal Partito democratico gli hanno risposto, gli impianti industriali per lo smaltimento dei rifiuti sono una questione di competenza di Roma capitale e non di tutta la regione Lazio, ricucire sembra essere davvero difficile, e a prescindere – dopo tutto, il sindaco è Roberto Gualtieri, convintamente tra le fila dei dem.
Quindi serve altro. E di profili attenzionati da Conte ce ne sarebbero parecchi. In pole position ci dovrebbe essere Livio De Santoli, considerato il più papabile. Il prorettore della Sapienza, uomo dell’Avvocato del popolo, era già stato messo in un listino bloccato alle ultime Parlamentarie del movimento, ma ora qualcosa, dalla base, si è mosso in senso contrario.
Spulciando su internet, i simpatizzanti pentastellati si sono accorti che l’ingegnere aveva collaborato con Gianni Alemanno, ex sindaco capitolino di destra, ma aveva anche consigliato a quella giunta di dotarsi di “centri di termovalorizzazione dei rifiuti di piccola dimensione“. Insomma, il contrario di quello per cui si battono dai Cinque stelle.
Le alternative in piedi sono altre due (e chissà che dalla base non venga bocciate anche loro): Massimiliano Smeriglio di Sinistra civica ecologista e Alfonso Pecoraro Scanio. Il salernitano, ex ministro dell’Ambiente del governo di Romano Prodi, gode di un’ottima reputazione tra i piani alti del movimento per la collaborazione informale con Virginia Raggi e poi per la simpatia con lo stesso presidente.
Da non sottovalutare, però, la carta Ignazio Marino. L’ex sindaco di Roma, all’epoca del Partito democratico, ma fatto fuori dal suo stesso partito, non si farebbe remore nel battere chi lo ha costretto a tornare al suo lavoro negli Stati Uniti. Il punto è che non convince tutti, in primis Conte che, se proprio deve spendere un nome politico, penderebbe su decisamente altro.
La suggestione, in ogni caso, c’è sia da una parte, sia dall’altra e va nella stessa direzione: fare uno sgambetto ai dem e fargli perdere, con molta probabilità, le regionali nel Lazio che, altrettanto probabilmente, verrebbero vinte dal centrodestra, se non altro perché la spinta propulitrice verrebbe quasi tutto dal partito della premier.
A decidere sarà comunque il leader pentastellato insieme ai consiglieri più fidati, che ascolteranno sicuramente anche le istanze del movimento che provengono direttamente da Roma e dal Lazio, chiaro, a cui non dispiacerebbe affatto Francesco Silvestri, attuale capogruppo alla Camera in quota Cinque stelle. Su di lui, sicuramente, non ci sono tessere del Pd sbiadite dal tempo, vicinanze con Alemanno a pesare, solo la certezza di dover correre da soli. E l’ipotesi di andare incontro a una morte annunciata, ora che si è ripreso terreno, non è poi così allettante.
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