Tra le quasi 2500 pagine dell’inchiesta della procura di Bergamo che ha fatto finire nel registro degli indagati anche l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, e l’attuale governatore della Lombardia, Attilio Fontana, emergono ogni giorno nuovi particolari. In una chat del 15 marzo del 2020, l’allora numero due dell’Oms, il veronese Ranieri Guerra, affermava con il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, che “fare i tamponi a tutti adesso è la cazzata del secolo”.
Anche nel parere del Comitato tecnico scientifico di qualche giorno prima, in assenza di sintomi, il test per il Covid era ingiustificato, un appunto che, invece, Andrea Crisanti, ex professore di microbiologia di Padova e ora senatore del Partito democratico, che per i pm bergamaschi ha scritto una relazione di ottanta pagine, non sposava e non sposa perché avrebbe avuto “gravi conseguenze invece per comprendere cosa stava realmente accadendo“.
Tre anni dopo, un’inchiesta e 19 indagati, l’inizio della pandemia da Covid resta ancora un tema centrale nel dibattito pubblico, e ogni giorno, grazie soprattutto alle quasi 2500 pagine di documenti ufficiali, chat, conversazioni, testimonianze di politici ed esperti raccolti dalla procura di Bergamo, si colora di nuovi particolari.
Per esempio, c’è una chat del 15 marzo del 2020 tra l’allora direttore vicario dell’Oms, Raniero (detto Ranieri) Guerra, al presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, in cui il fare tamponi a tutti, in quel momento, è definita “la cazzata del secolo“, e a cui il numero uno dell’Iss aveva risposto che “no, è che ognuno va per conto suo“.
E in effetti così era, erano tutti nel pallone, perché il virus accelerava la sua corsa, i tamponi di fatto erano pochi e ancora non si capiva se fosse più utile utilizzarli, appunto, solo per chi presentava dei sintomi o anche per chi, invece, non li aveva. “Ho parlato con Galli (Massimo, direttore del reparto di malattie infettive dell’ospedale Luigi Sacco di Milano, ndr), poi, e gli ho detto di desistere dal proporre scemenze come tamponi per tutti…ha convenuto, spero…a domani“, aveva scritto ancora il numero due, allora, dell’Organizzazione mondiale della sanità al suo interlocutore.
Peccato che Andrea Crisanti, ex professore di microbiologia dell’Università di Padova, ora senatore del Partito democratico, nella sua relazione di ottanta pagine per i pm bergamaschi che svela i retroscena della gestione del Covid ai vertici del governo allo scoppio della pandemia, la pensi in maniera diversa rispetto ai due.
Il 24 febbraio, sempre del 2020, anche il Cts, infatti, “evidenziava che in assenza di sintomi il test era ingiustificato” perché si sarebbe potuto correre il rischio di “una ‘sovrastima del fenomeno sul Paese’“, ma che per lui, invece, avrebbe avuto “gravi conseguenze per comprendere cosa stava realmente accadendo” in quanto il “conteggio dei casi asintomatici” avrebbe dato “informazioni cruciali sull’entità della diffusione” del nuovo coronavirus.
Lo stesso giorno in cui era arrivata questa indicazione dal Comitato tecnico scientifico, ha ricordato il microbiologo, un mail inviata da un professore dell’Imperial College di Londra, arrivata anche ai membri dell’organo creato ad hoc per gestire la pandemia dalla Protezione civile, parlava dell’esatto contrario e non fu presa “in debita considerazione“.
Interpellato da Lucia Annunziata, durante la sua trasmissione, su RaiTre, Mezz’ora in più, Crisanti ha spiegato quello che già era stato detto dal procuratore di Bergamo Antonio Chiappani ovvero che “ci sono stati tantissimi disastri al mondo e questo non significa che non bisogna studiarli, quindi dire siamo tutti assolti e va tutto bene, significa aprire la strada per riproporre una situazione di impreparazione“.
Per lui, infatti, è corretto indagare le cause che hanno portato a quello che è successo, specialmente in Val Seriana con la mancata istituzione della zona rossa soprattutto nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro: “Io penso, come i parenti delle vittime, che avere un eccesso di 6mila morti è un disastro“, ha continuato il senatore dei dem, che poi ha ulteriormente precisato che chiudere gli occhi davanti a ciò che è successo “significa aprire la strada a un altro disastro“.
Non solo, però, perché il microbiologo ha anche insistito sul fatto che la pandemia sia stata affrontata dal personale medico “con grande dedizione, ne sono testimone di quanto si sia prodigato come tantissimi politici si sono prodigati, ma il problema non è di essersi impegnati: bisogna riconoscere, e questo va al di la della perizia, che ci sono Paesi che hanno fatto molto bene, ci sono Paesi che hanno fatto mediocramente e altri che hanno fatto male. Noi siamo in mezzo“. Tra i primi, Crisanti ha annoverato la Corea del Sud, il Giappone, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Vietnam, e per lui la ragione è fondamentalmente una: questi Paesi avevano le conoscenze tecniche-scientifiche e hanno affrontato l’epidemia in maniera molto più tempestiva“, ma questo non vuol dire, ha rimarcato ancora, “che chi ha fatto male è colpevole. Io non ho fatto nessun atto d’accusa nella perizia“.
Ecco, nel merito della perizia, ha spiegato che lui ha semplicemente accolto l’invito della procura e che il documento tecnico-scientifico è stato consegnato più di un anno fa. Per lui, ha ribadito, “è stato un errore non capire che con i dati di Vo’ Euganeo, bisognava chiudere tutta la Lombardia. L’ho detto in un’intervista del 26 febbraio 2020“.
Per concludere, Crisanti ha anche detto di non aver ancora avuto chiarimenti con nessuna delle persone indagate, neanche con il suo collega di partito Roberto Speranza, all’epoca a capo del ministero della Salute: “Mai come ora mi sono reso conto che il prezzo dell’integrità è la solitudine“, ha dichiarato prima di dire non ha ritenuto opportuno parlare con l’ex ministro proprio “perché è in campo l’inchiesta“.
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