Con il Pnrr sarebbero 4,6 i miliardi da destinare alle scuole materne e agli asili. Perché è fondamentale per l’economia italiana.
Un’occasione da non farsi sfuggire per l’Italia, quella di investire nelle scuole materne e negli asili. Grazie al Pnrr sono 4,6 i miliardi previsti da destinare a tali settori, con un ritorno per l’economia del Paese pari a 13 volte la cifra dell’investimento. Secondo la recente tesi dell’economista Azzurra Rinaldi, direttrice della School of Gender Economics all’Università di Roma Sapienza, i vantaggi di tali investimenti non riguarderebbero solo le mamme e i papà. Adesso bisogna stare in guardia alle scadenze, come avverte Save The Children. Le donne lavoratrici, con la creazione dei nidi, andrebbero a sbloccarsi producendo un reddito importantissimo per le casse del paese.
Il rischio concreto, qualora il governo non dovesse tenere alta l’attenzione, sarebbe quello di perdere i fondi europei – come ha già allertato Save The Children. Per il nostro Paese infatti, grazie al Pnrr, ci sarebbero a disposizione ben 4,6 miliardi da investire nelle scuole materne e negli asili nido. Un investimento che porterebbe un grande ritorno in tutto il Paese di capitale. Lo ha spiegato recentemente l’economista Azzurra Rinaldi, come riporta l’Ansa nella giornata di oggi.
La direttrice della School of Gender Economics della Sapienza di Roma, insieme a due attiviste Sarah Malnerich ed Ella Marciello, è intervenuta nel podcast di Enrica Di Battisti sul tema degli asili, e su come intervenire in tali settori possa essere un interesse anche per chi non ha figli in realtà.
Il tema riguarda infatti tutta la nazione, e l’economia del Paese, con il Pil e le pensioni. Lo si evince dall’investimento. Per ogni euro investito nell’infanzia, ne tornano indietro 13. Ecco perché in questi giorni è stata lanciata da Francesca Fiore e Mila Spicola una petizione, tramite Change.org, dal nome “Fate nidi, fate presto“.
Azzurra Rinaldi focalizza l’attenzione sul dibattito – quasi inesistente – degli asili nido. Come spiega la direttrice della School of Gender Economics, la dinamica che andrebbe a favorire tutto il Paese sarebbe quella del “liberare” le lavoratrici donne, con la creazione delle scuole materne. Queste lavoratrici andrebbero a produrre reddito.
“Un reddito in più per se stesse, per la famiglia ma anche per l’intero sistema economico, diventa prodotto interno lordo“. Ecco perché il tema non riguarda solo le donne. Inoltre le strutture verrebbero sfruttate tramite l’ingaggio di personale. Insomma, tanti i lati positivi, non solo per le mamma e i papà degli investimenti in tale settore. Che il governo però dovrà essere in grado di portare avanti, non facendosi sfuggire i fondi europei.
Le scadenze rappresentano il vero spauracchio per chi preme per i fondi del Pnrr, visto che il dibattito – come sottolinea la giornalista Di Battista nel suo podcast – in Italia è praticamente nullo sulla questione.
Raffaele Fitto intanto parla degli obiettivi del Pnrr – già prorogati al giugno del 2023 – ce ne sarebbero alcuni da rimodulare. Il ministro degli Affari Regionali ha recentemente affermato che il dialogo con l’Unione Europea sul mantenimento degli obiettivi è in corso, e che la realizzazione dovrebbe essere compiuta entro il 2026. L’Europa, prevede che per tutti i Paesi Membri ci sia almeno un posto ogni tre bambini garantito in una scuola per l’infanzia. Il problema in Italia sono dunque le disparità territoriali. Al Nord Italia infatti ci sono a volte anche 2 posti su 3, mentre al Sud i posti sono veramente pochi.
I soldi messi a disposizione dall’Europa riguardano un piano per il futuro e le nuove generazioni. Il piano “Next Generation Eu”, e i relativi fondi della Commissione Europea, mirava proprio al raggiungimento di diversi obiettivi mirati alle nuove generazioni. Ma il nostro Paese, sempre secondo Rinaldi, non sarebbe mai riuscito a cogliere l’importanza degli asili nido per l’economia.
Le donne infatti avrebbero potuto lavorare di più, e in un’Italia con il grande problema della natalità, questo avrebbe sicuramente giovato. I dati dicono infatti che i paesi in cui le donne sono maggiormente occupate, sono gli stessi con il maggior numero di natalità. Il risultato della crescita del prodotto interno lordo va di pari passo dunque con la costruzione dei nidi.
Il rischio maggiore, oltre a quello di non rispettare le scadenze, adesso sarebbe quello di un ricollocamento dei fondi da parte del governo, qualora non si volesse puntare sulla riqualificazione degli edifici. Servirà, sempre secondo gli esperti, intervenire in maniera diversa anche per quanto riguarda i bandi, dove spesso i comuni con più necessità non riescono ad arrivare. Dovrà essere dunque il governo centrare a mappare la situazione e decidere di intervenire dove ce ne sarà più bisogno.
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