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Perché il Giro d’Italia è arrivato a Dublino e perché invece non è rimasto in Irlanda del Nord? È questa la domanda che è sorta naturale dopo aver fatto un giro per l’arrivo della terza tappa della corsa rosa edizione 2014, partita da Armagh – città fondata nientemeno che da San Patrizio – e arrivata dopo quasi 190 chilometri nella capitale irlandese. A meno di tre ore dal passaggio dei corridori e in una zona solitamente molto calda come dai -2 km in poi, non si incontrava altra anima viva dei poliziotti e degli organizzatori che stavano ancora piazzando le pubblicità e sistemando le transenne. Certo, poi pochi minuti prima dell’arrivo del gruppo la gente è uscita in strada ad applaudire, ma l’accoglienza è stata molto fredda. Possiamo anche capire il perché.
Ieri vi avevamo parlato della straordinaria manifestazione di affetto dei nordirlandesi nei confronti del Giro d’Italia con striscioni ovunque, praticamente tutto il paese in strada a festeggiare insieme e qualsiasi cosa-persona-animale colorato di rosa. Insomma, uno spettacolo ben più godibile della gara stessa, a dirla tutta un po’ soporifera e bloccata. Siamo così partiti con i migliori auspici questa mattina, ma – una volta giunti a Dublino – ci siamo subito chiesti: che sta capitando? L’impressione era quella di stare camminando per le strade di una città d’Agosto, quando si svuota per le vacanze e puoi comodamente visitare qualsiasi suo anfratto.
O, peggio, sembrava che il Giro fosse già passato da qualche ora e che stessero smantellando il tutto. E che dire delle case e dei palazzi pubblici? Non abbiamo visto uno striscione o una coccarda, niente di niente. Perché? Perché probabilmente Dublino si è sentita un po’ “usata” dal Giro che è arrivato in fretta e furia dai non-cugini del Nord per poi partire alla bersagliera verso la Puglia, 2300km più a sud-est. Per amor del vero la gente non poteva essere attratta da una non-festa perché non c’erano i soliti animatori con musica sparata al massimo, gadget, ragazze e tutto quanto perché tutto partirà ufficialmente dall’Italia, ma a Belfast si erano arrangiati “in casa”, qui no.
Ecco, la “casa”: quella del Giro è l’Italia e in questa trasferta a nord, buona parte del Giro è rimasto ad attendere sul suolo patrio. Quasi come se questa tre-giorni servisse a quello che poi in effetti è servita ossia raccattare un buon budget per ripagarsi tutta la manifestazione. Non è un mistero, nessuno si scandalizza, è il mercato, è la crisi. Ok troviamo tutte le giustificazioni, ma poi non veniamo a lamentarci se la gente si disaffeziona e perde passione in quello che, fino a poche decine di anni fa, era uno sport popolare quasi quanto il calcio.
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