Di tutti i più grandi paesi europei, solo in Italia non ci sono stati attentati terroristici legati all’estremismo islamico, almeno fino ad oggi. Madrid, Londra, Parigi, Bruxelles, Nizza, Berlino ma anche Tunisi, Dacca, Ankara e Istanbul: i militanti dell’Isis sono riusciti a colpire ovunque con modalità diverse ma sempre letali con lo scopo di mettere in ginocchio i valori occidentali. Di fronte alla facilità con cui i miliziani attraversano i confini degli stati europei spesso è stato messo sotto accusa il sistema degli accordi di Schengen che regola la libera circolazione delle persone in Europa: il timore che si potessero infiltrare anche in Italia ha portato alcuni esponenti politici a chiedere la chiusura delle frontiere anche perché siamo il paese in cui approdano moltissimi migranti in fuga dall’Africa o dal Medio Oriente. Siamo stati solo fortunati? No. Il fermo e l’uccisione del presunto killer di Berlino avvenuto alle porte di Milano dimostra che anche l’Italia non è immune al pericolo del terrorismo islamico.
Non esiste un paese a rischio zero. Le autorità italiane lo dicono da tempo e lo ripetono ad ogni attacco del terrorismo islamico sul suolo europeo: anche l’Italia è a rischio terrorismo oggi. L’ultimo in ordine cronologico è stato il capo della Polizia Franco Gabrielli: è solo questione di tempo prima che anche il nostro paese venga colpito.
Il livello di allerta è massimo e lo è da mesi. Sappiamo di essere nel mirino dei terroristi come tutti gli altri paesi europei, ma le cose da noi sembrano funzionare meglio. Gli arresti e le espulsioni che si registrano di continuo mettono in chiaro che il rischio c’è, è reale e molto alto. La sensazione è che si stiano avvicinando al nostro territorio. La domanda sorge quasi spontanea: perché non hanno colpito ancora l’Italia? Cosa sta tenendo fuori dai nostri confini i terroristi? È davvero possibile escludere il pericolo terrorismo islamico in italia? Alcune risposte le abbiamo già, per altre dobbiamo affidarci ai dati e all’esperienza delle nostre forze di sicurezza, sperando di non essere smentiti a breve.
PERCHÈ VIENE COLPITA LA GERMANIA?
Non esiste il rischio zero
Una premessa è d’obbligo: nessun paese è immune dal rischio ISIS. Il motivo è da ricercare nella modalità con cui agiscono i terroristi, preferendo colpire i cosiddetti “soft target” piuttosto che obiettivi sensibili e scegliendo di agire da soli più che muoversi in commando. Lo abbiamo imparato dagli attentati di Parigi dove i killer hanno colpito locali e concerti, facendo una carneficina; lo stiamo vedendo in tutti gli attacchi che hanno insanguinato l’Europa, dove un “lupo solitario” riesce a uccidere moltissime persone anche da solo, come a Nizza o a Berlino. Fermare un gruppo organizzato è complicato ma possibile; beccare il singolo, magari con problemi mentali, è quasi impossibile.
Italia paese di frontiera
A dispetto di quanto dicano alcuni politici nostrani, l’Italia è un paese di passaggio. La stragrande maggioranza dei migranti vede il nostro paese come una delle tappe del lungo viaggio che li porterà a destinazione, in Germania o nel Nord Europa. Le coste italiane accolgono ogni giorno centinaia di persone ma sono sempre meno quelli che rimangono. Storicamente, l’Italia è un paese di migranti (siamo noi italiani ad aver viaggiato nel mondo alla ricerca di un lavoro o per fuggire a guerra e povertà) e solo di recente ha iniziato ad avere una popolazione straniera permanente: dati Istat alla mano, gli stranieri in Italia sono 5 milioni su 60 milioni e mezzo, cioè l’8.3% del totale.
Detto questo, è anche vero che i controlli italiani per anni sono stati molto blandi, anche per ovviare in maniera poco ortodossa a una situazione spesso ingestibile, visti gli alti numeri di sbarchi e arrivi. Proprio perché siamo un paese di passaggio, si tendeva a chiudere un occhio, nella speranza che il “problema” superasse i nostri confini.
Così, pur avendo protocolli di controlli molto rigidi per gli stranieri irregolari, non a tutti venivano prese le impronte digitali. Questo perché, secondo la convenzione di Dublino che regola l’immigrazione in Europa, il primo Paese europeo in cui vengono registrati i migranti è responsabile del loro destino: prese le impronte e fatte le foto, partono i controlli sull’identità e sull’eventuale richiesta di asilo che ha tempi molto lunghi (secondo i dati citati dal Prefetto Angelo Trovato, Presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo e disponibili sul sito del Viminale, nel 2016 la media è stata di 106 giorni, dimezzata rispetto al 2015). Mentre la burocrazia fa il suo corso, lo Stato si deve fare carico del richiedente asilo, con costi e difficoltà logistiche non indifferenti. Da qui i controlli blandi: non si prendevano le impronte a tutti per non doversi fare carico di tutti.
L’Europa per due anni ha bacchettato l’Italia fino a costringerla ad applicare tutte le regole europee, con la creazione degli hotspot per i migranti (qui una spiegazione su cosa sono) e minacciando multe e sanzioni in caso di mancato rispetto delle regole. Risultato? Oggi tutti i migranti sono sottoposti a controlli e vengono schedati con il 100% di impronte digitali registrate. Il problema però non è risolto.
I migranti stessi non hanno mai voluto farsi prendere le impronte e farsi registrare in Italia perché volevano raggiungere le famiglie in altri paesi europei. Anche quando si dava il foglio di via, non si operava il rimpatrio un po’ perché è un’operazione complessa e costosa (specie se i profughi vengono da Paesi con cui non si hanno accordi bilaterali), un po’ perché si sperava che fossero gli stessi migranti ad andarsene dall’Italia per raggiungere le loro famiglie in Europa.
La ritrosia dei migranti e gli alti numeri di controlli ha portato a un nuovo problema: per prendere le impronte a tutti spesso si usano modi “rudi”, tanto che ora arrivano accuse di torture ai danni dei profughi. A dirlo è il rapporto di Amnesty International sulla politica degli hotspot in cui sono raccolte le testimonianze di chi ha subìto abusi da parte della Polizia italiana (qui una sintesi del rapporto).
A conti fatti, la politica dura e pura dell’Europa sui controlli a tappeto ha messo a rischio terrorismo l’Italia. Finora non ci hanno colpito temendo che avremmo applicato controlli più serrati che ora applichiamo ed è per questo che Gabrielli parla di attentati sempre più probabili.
Francia, Belgio e altri paesi europei hanno invece una lunga storia di emigrazione e hanno già due o tre generazioni di migranti nati in loco e quindi cittadini a tutti gli effetti, anche se di origine straniera. In Germania gli stranieri sono 7,5 milioni, pari al 9.3% (Berlino in particolare ospita la più grande comunità turca fuori dalla Turchia), mentre in Belgio sono 1,3 milioni che equivalgono all’11.6% della popolazione e questo nonostante lo ius soli (l’acquisizione della cittadinanza se nati su suolo nazionale).
Manifestanti dei musulmani italiani dopo i fatti di Parigi
Stessa cosa per la Francia dove gli stranieri rappresentano il 6.6% del totale, dato che non tiene conto dei figli di seconda generazione nati in loco e quindi cittadini francesi per legge. Gli attentatori di Parigi e Bruxelles non erano extracomunitari: erano francesi o belgi che hanno voltato le spalle all’Europa per motivi personali e sociali. Le banlieue francesi e molte periferie europee bruciano da anni: l’ingiustizia sociale, la povertà, le diseguaglianze hanno acceso il risentimento di giovani che hanno trovato nella campagna mediatica dell’Isis una valvola di sfogo.
Anche le periferie italiane soffrono gravi problemi: la differenza è che da noi le seconde generazioni di stranieri sono diventate una realtà solo negli ultimi anni e con numeri inferiori rispetto ai paesi europei. Al momento, nessuna periferia italiana può essere paragonata a Molenbeek, il quartiere di Bruxelles che ha zone a quasi totale presenza musulmana (nelle vie da dove provenivano gli attentatori di Parigi e della capitale belga l’80% degli abitanti è musulmano).
PERCHÈ VIENE COLPITA LA FRANCIA?
Sguardo al passato: il terrorismo in Italia negli anni di piombo
L’Italia ha già avuto a che fare con il terrorismo e lo ha sconfitto. La politica ha reagito ai morti e alla violenza degli anni di piombo e ha dotato il nostro paese di strumenti legislativi specifici per la lotta al terrorismo. Non solo. Nel corso degli anni le leggi in materia di anti terrorismo sono state costantemente aggiornate, arrivando all’ultimo pacchetto di misure varato dall’ex governo Renzi che ha introdotto reati per chi “organizza, finanzia e propaganda viaggi che servano per compiere atti terroristici” e soprattutto per gli ormai noti foreign fighters. Le forze di polizia avevano già un largo margine operativo per l’identificazione, l’intercettazione, il fermo e gli arresti fin dalla fase organizzativa di un attentato; con le nuove leggi ci sono maggiori strumenti a disposizione degli investigatori , per colpire chi va a istruirsi alla jihad, a partire dalla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza già prevista per i reati di mafia.
Altro dato fondamentale riguarda le forze di intelligence italiane che sono tra le migliori al mondo. Avendo avuto a che fare con il terrorismo interno e combattendo ancora ora con la criminalità organizzata, l’Italia si è dotata di strumenti di analisi e intelligence specifici, a partire dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo (CASA). Istituito nel 2004, prevede la collaborazione di Polizia di Stato, Carabinieri, Agenzie di intelligence – AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna e AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna) -, Guardia di Finanza e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Oltre a reparti specializzati come la Polizia di Prevenzione, ufficio Antiterrorismo, e reparti come ROS e DIGOS, l’Italia usa l’arma della massima collaborazione tra polizie di Stato ed organi inquirenti per avere un maggior controllo del territorio.
L’ELENCO DEI LUOGHI SENSIBILI IN ITALIA
Così non è stato in Belgio, dove le Polizie delle regioni non parlano tra loro, figurarsi con quelle francesi, permettendo così a Salah Abdeslam di lasciare la Francia dopo gli attentati del novembre 2015 e di rifugiarsi per mesi nella capitale belga prima di essere fermato.
Questo non vuol dire che l’intelligence italiana sia infallibile. Tuttavia gli strumenti giusti, la specializzazione, la capacità organizzativa e lo sforzo costante dei servizi di sicurezza nostrani ci danno un maggiore margine di sicurezza.
PERCHÈ HANNO COLPITO IL BELGIO?
Non è la mafia a proteggerci
Dopo i fatti di Bruxelles, parte della stampa nostrana insinuò che l’Isis non colpiva in Italia grazie alla presenza della mafia. Citando un ex agente dei servizi segreti, il settimanale Panorama scrisse che la Sicilia, terra di sbarchi, non era a rischio perché i clan proteggevano il territorio e non avrebbero permesso ai jiadisti di compiere alcunché.
In realtà è l’opposto: le mafie non solo non ci proteggono ma hanno sulla coscienza i morti dell’Isis. Come avevamo già ricordato, i Casalesi vendono armi ai miliziani del presunto califfato, le ‘ndrine sono al fianco degli scafisti nel traffico di esseri umani (voce fondamentale nella lista dei finanziamenti dei gruppi terroristici), così come Cosa Nostra e le altre organizzazioni criminali che fanno affari con i terroristi e i malavitosi di tutto il mondo, Medio Oriente compreso.
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