“Questo è un viaggio emblematico, un dovere verso una terra martoriata da molti anni“. Lo ha detto il Papa prima d’imbarcarsi sull’aereo verso l’Iraq. Un viaggio fortemente desiderato e a lungo progettato, verso una terra piena di faide religiose e politiche. “Finalmente sarò tra voi. Desidero tanto incontrarvi, vedere i vostri volti, visitare la vostra terra, antica e straordinaria culla di civiltà”.
Durante questi quattro giorni di soggiorno in Iraq, i discorsi pronunciati da Papa Francesco I saranno sette in totale, prima del suo rientro in Italia che è previsto per lunedì 8 marzo, al fine di alleggerire la tensione tra cristiani e musulmani. Un viaggio all’insegna della pace e dell’amore fraterno, in una nazione che continua a perseguitare i cristiani per mano dell’Isis. La condizione dei cristiani in Medio Oriente è molto diversa da paese a paese. Purtroppo, il termine persecuzione è divenuto obbligato per descrivere quella dei cristiani d’Iraq.
Il Primo Ministro Mustafa Al-Kadhimi ha affermato che la visita del Papa contribuirà a consolidare la stabilità; “il mondo intero apprezza la dedizione di Sua Santità per i valori della pace, della dignità e per porre fine ai conflitti”.
Prima del 2003, nello Stato mediorientale viveva più di un milione e mezzo di cristiani. Questa comunità, una delle più antiche al mondo, rappresentava una minoranza consistente, equivalente a circa il 6% della popolazione. Liberi di professare il loro credo all’interno delle Chiese, i cristiani erano tollerati all’interno dello Stato, ma non era consentito loro fare proselitismo, soprattutto tra i musulmani.
La situazione è ulteriormente peggiorata nel 2013, quando, dopo due anni di guerra civile, il numero di cristiani rimasti in Iraq era inferiore al mezzo milione. I cristiani venivano torturati e perseguitati perché accusati di sostenere le truppe americane presenti sul territorio iracheno. Nel 2014, annus horribilis che coincide con l’ascesa dell’Isis, ha inizio il vero e proprio genocidio dei cristiani iracheni. Le loro usanze e i loro costumi più vicini all’Occidente vengono presi a pretesto dai fondamentalisti, per dar vita a un’ondata d’intolleranza e di violenza.
La militanza islamica violenta è ancora un problema in Iraq. Nonostante il gruppo dello Stato Islamico (ISIS) abbia perso territorio in Iraq, la loro ideologia rimane e influenza la società. Molti militanti si sono semplicemente mescolati nuovamente con la popolazione. Un altro importante motore della persecuzione sono i militanti sciiti che hanno aiutato a cacciare l’ISIS e sono intervenuti nel vuoto di potere.
Ad oggi, si stima che i cristiani autoctoni rimasti in Iraq siano soltanto 225mila, circa l’1% della popolazione irachena, che conta ben 39,3 milioni di persone. Il reticolato sociale rimane ancora complesso e non amalgamato tra le varie etnie, anche se gli interventi delle istituzioni nazionali e internazionali stanno lavorando sulla tensione tra le varie diversità culturali e religiose nel territorio.
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