Hanno fatto infuriare tutti le parole del capo economista britannico Huw Pill, che ha previsto che i britannici saranno più poveri.
Lo ha detto in un podcast registrato per la Columbia University e i tabloid sono furiosi. In generale le sue parole pronunciate forse con troppa leggerezza, hanno scatenato un vero putiferio perché in poche parole Pill ha detto ai britannici che devono rassegnarsi ad uno stile di vita più semplice, in altri termini, povero, cosa che non è concepibile per questi cittadini specialmente per motivazioni come l’inflazione o la guerra in Ucraina.
Britannici più poveri
È un vero putiferio quello che si è scatenato fra i media londinesi, specialmente i giornali progressisti e di sinistra, indignati per le parole di Huw Pill, il capo economista della Banca di Inghilterra, che in un podcast realizzato per la Columbia University ha detto che i britannici non devono chiedere aumenti, ma semplicemente rassegnarsi ad essere più poveri e accettare questa nuova realtà che purtroppo è la conseguenza dell’aumento dell’inflazione, della crisi energetica e della guerra in Ucraina.
Non si tratta di argomenti nuovi, infatti il conflitto che è stato definito al pari delle guerre mondiali, sta causando gravi ripercussioni nelle economie di tutto il mondo però sentirsi dire la cruda verità da uno degli uomini più importanti della Banca d’Inghilterra è ben diverso, anche perché c’è da specificare che gli inglesi non accetterebbero mai di diminuire il proprio tenore di vita.
Eppure le parole di Pill pesano come un macigno nonostante non abbia detto nulla di nuovo. Parole che all’inizio sono parse come una gaffe o un commento scappato per caso, invece non è così.
Le argomentazioni del capo economista
Da mesi la linea della Banca inglese è molto chiara e decisa: i lavoratori devono accettare stipendi più bassi per limitare i danni che sta causando l’inflazione, che nel Regno Unito è al 10% e per i generi alimentari arriva quasi al 20%. Sono i massimi livelli registrati in 45 anni e il dato allarmante era stato fornito alcune settimane fa da Andrew Bailey, governatore della Bank of England.
Oggi il capo economista ha ribattuto su questo punto:
“Chiedere di adeguare i salari all’inflazione aumenterà l’agonia dei prezzi, bisogna accettare la situazione, che sicuramente comporta un guadagno minore e maggiore povertà”.
Pill ha aggiunto poi alcune argomentazioni a supporto della sua tesi, spiegando che la vita ha ormai un costo sempre più alto, questo è sotto gli occhi di tutti. In un contesto simile l’inflazione è sempre in aumento ma se si lotta per uno stipendio maggiore torneremo più lentamente alla normalità e l’inflazione continuerà a provocare danni alle famiglie, in questo caso britanniche.
“Purtroppo dobbiamo accettare un fatto: importiamo il 40% di gas naturale all’estero e la quotazione è schizzata alle stelle negli ultimi mesi, mentre esportiamo soprattutto servizi che invece non hanno mai visto incrementi tali. è matematica: non possiamo ignorare tutto questo”.
Uno scenario preoccupante
Le parole di una personalità così importante hanno suscitato molto scalpore ma basta dare uno sguardo ai prezzi per accorgersi che l’intervento non è stato per nulla esagerato ma rispecchia la realtà perfettamente. I prezzi, soprattutto quelli di frutta, verdura e carne, potrebbero salire ancora di più nei prossimi mesi per la Brexit. Da ottobre il governo di Rishi Sunak implementerà i controlli post Brexit alla frontiera per tutti gli alimenti che arrivano dai Paesi dell’Unione Europea, cosa che invece non si verifica nel caso opposto.
Fino a questo momento Londra ha lasciato frontiere libere al trasporto di questi alimenti come se appartenesse ancora al mercato unico Ue e lo ha fatto per due motivi principali: non c’erano risorse doganali e inoltre si volevano evitare altri contraccolpi all’economia già molto provata dalla pandemia e dalla Brexit stessa.
Ora però il Regno Unito completerà questo passaggio per distaccarsi dall’Ue anche per quanto riguarda i controlli doganali in entrata e le aziende di distribuzione alimentare britanniche sono già molto allarmate poiché Londra importa oltre il 30% di frutta e verdura dalla Ue. Secondo gli esperti i costi dei nuovi controlli ammonteranno a 400 milioni di sterline con fino a 50 euro di tasse in più per ogni spedizione.
Questi costi graveranno sull’inflazione, argomento già molto ostico, ma ricadranno ovviamente anche sui distributori, sui venditori e sui consumatori finali dei prodotti. In questo scenario tornano alla mente le parole della ministra dell’ambiente e dell’alimentazione, Thérèse Coffey, che parlando della carenza di frutta e verdura nei supermercati ha esortato i cittadini a mangiare ortaggi locali per limitare la dipendenza del mercato da quelli che invece vengono importati dall’estero.
E come se non bastasse, oggi sono arrivati nuovi dati sulla povertà del Regno Unito, infatti nell’ultimo mese le banche del cibo hanno distribuito 3 milioni di pacchi di alimenti per i poveri, un aumento di circa il 40% rispetto al 2022. Record in negativo anche per gli alimenti destinati ai bambini poveri, insomma una situazione che preoccupa e che potremmo paragonare a una pentola a pressione pronta a scoppiare.
È chiaro capire come le parole dell’economista non siano state pronunciate per provocare ma come specchio di una cruda realtà dove i cittadini devono capire che hanno un ruolo attivo ma prima c’è bisogno di accettare la povertà per poterla combattere.