Tiziana Cantone si è suicidata all’età di 31 anni, schiacciata dalla vergogna della gogna mediatica. Tiziana ha girato un video hot che è rimbalzato di cellulare in cellulare finché non è diventato virale, finendo per trasformarla in un “meme”, una caricatura erotica a metà fra il ridicolo e il lascivo.
I giudizi morali li lasciamo ai moralisti e a chi essendo senza peccato è pronto a svuotare una cartucciera di sassi su un corpo ormai inerte.
I giornali che hanno raccontato la sua vicenda nel 2015 in queste ore si stanno affrettando a cancellare ogni contenuto, alcuni per paura dell’intervento di un giudice, altri per un tardivo rigurgito di coscienza.
NanoPress orgogliosamente sceglie di non cancellare nulla perché, orgogliosamente, a suo tempo scelse di non pubblicare nulla.
Parliamoci chiaro: l’informazione ha la forma di una piramide. Più i contenuti sono di basso livello e maggiore è il numero di click. Questo spiega perché anche i giornali più seri negli ultimi anni si siano riempiti di gattini, rimedi contro le emorroidi e gossip. Se lo ricordino quei lettori pronti a bacchettare i giornalisti con frasi del tipo “perché pubblicate queste sciocchezze mentre il mondo va a rotoli?” La risposta è semplice: perché gli editori devono scegliere fra pubblicare solo argomenti di alto profilo licenziando 9/10 dei giornalisti oppure tenere aperta l’azienda a pieno regime, mixando argomenti alti e bassi. Lo fanno, lo facciamo, si fa.
Torniamo a Tiziana. Gli ingredienti per una storia scabrosa e acchiappa-click c’erano tutti: una bella ragazza, la libertà sessuale, un fidanzato cornuto, un villaggio globale di pettegoli e il gusto popolano della rivalsa contro una “poco di buono che se l’è andata a cercare”.
Il caso di Tiziana non è il primo e forse non sarà l’ultimo. Ma noi siamo felici di non avere partecipato a questo massacro.
Chi fa il giornalista ha nelle sue mani potere sulla vita altrui, per questo deve raccontarla con delicatezza, soprattutto se si tratta di privati cittadini che dall’oggi al domani si ritrovano risucchiati da un tritacarne mediatico.
E chi non fa il giornalista deve comunque sapere che di bullismo si può anche morire, come ci ha raccontato il padre di Carolina Picchio, e come dimostra la dolorosa fine di Tiziana Cantone.
Una collega pone una domanda a tutti quelli che hanno irriso Tiziana Cantone dalle pagine di un giornale, su un social network o dandosi di gomito al suo passaggio con gli amici del bar: “Se fosse stata vostra sorella vi sareste comportati allo stesso modo?”
Questa domanda ce la siamo posta noi stessi l’anno scorso quando abbiamo scelto di rinunciare a dei guadagni facili e ingiusti.
E ora Silenzio.
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