La guerra in Ucraina sta restituendo ogni giorno dal campo di battaglia storie che in un mondo civile e civilizzato non vorremmo mai sapere. E perché non dovrebbero accadere. Nelle ultime ore, si parla molto delle condizioni in cui sono costretti a sopravvivere migliaia di soldati russi. Il gelo dell’Ucraina, che il leader del Cremlino sta cercando di sfruttare a suo favore per lenire la vita di milioni di persone al freddo e spesso senza luce e acqua, ora si sta abbattendo a sfavore dei suoi soldati. I diritti umani e, in generale, l’umanità è sempre più messa in secondo piano: non può essere accettabile.
La Russia va avanti, senza pace, senza incertezza, senza un briciolo di dubbio sulle storture di un conflitto che è sempre più violento e cinico. Soprattutto, senza dare peso alle tantissime vite umane, da una parte e dall’altra, che si stanno spegnendo in atroci dolori e sofferenze. Si sapeva fin da quando la guerra è iniziata che il tremendo freddo in Ucraina sarebbe stato una difficoltà preponderante per i soldati e le trincee. Eppure, Putin non sembra interessarsene, sicuramente non abbastanza, anche se si tratta di uomini che lui stesso ha mandato al fronte. Sono addirittura centomila le persone che verranno letteralmente sacrificate al freddo e al gelo, pur di non perdere una posizione decisiva ai fini della guerra e di un’ulteriore offensiva russa in Donbass che dovrebbe verificarsi a primavera. A colpire è soprattutto l’ordine che arriva dal Cremlino: restate lì e non muovetevi, a ogni costo.
Il conflitto iniziato a febbraio tra Russia e Ucraina ha vissuto diverse stagioni in pochi mesi. Non parliamo solo delle condizioni climatiche che inevitabilmente sono cambiate e che cambieranno ancora da martedì, quando la temperatura dovrebbe calare di altri cinque gradi, ma delle svolte in avanti o indietro – dipende dai punti di vista – che i due schieramenti hanno condotto o subito.
Dopo una prima fase in cui la Russia ha occupato illegittimamente molte città e territori ucraini e condotto un’offensiva su larga scala, l’Ucraina ha abbandonato la fase della sola resistenza, facendo partire una controffensiva ficcante e proficua, recuperando molte città perse tra febbraio e marzo. Il tutto grazie agli aiuti inviati dall’Europa e dagli Stati Uniti, ma anche per il sostegno della Nato. Si pensi a quanto successo a Kherson, territorio vastissimo e cruciale per la nazione invasa. I russi sono stati costretti a fuggire e a perdere la posizione precedentemente conquistata: una ritirata strategica, ma obbligata che gli invasori hanno chiamato “riorganizzazione“.
Il tempo ha un po’ appiattito e riequilibrato le cose per diversi motivi. Innanzitutto, il Cremlino ha deciso di dare una nuova svolta al conflitto, prendendosela essenzialmente con i civili. Sono iniziati degli attacchi su larga scala con missili e droni kamikaze che hanno colpito contemporaneamente molte città ucraine. L’obiettivo è far capire a Volodymyr Zelensky i rischi che corre se non stacca la spina alla guerra, cedendo alle condizioni russe. Ma soprattutto colpire le infrastrutture culturali ed energetiche di Kiev e delle principali città ucraine.
Insomma, la strategia crudele di Putin si basa sulla compromissione delle risorse energetiche della città o sui loro collegamenti, in modo da rendere impossibile la vita dei cittadini durante l’inverno. Nelle ultime ore, è stato chiaramente così. Ora il blackout a Kiev si è interrotto, la luce è tornata nella maggior parte delle case, ma spesso manca l’acqua, i riscaldamenti per molti sono utopia e anche diversi bar e centri di ristoro hanno dovuto chiudere.
Le persone hanno difficoltà addirittura a fare una doccia prima di andare al lavoro e il freddo si fa sentire sempre di più. Insomma, Putin vuole mettere in ginocchio un popolo intero per costringerlo alla resa. Ma a quale prezzo? Beh, diverse analisi sul posto raccontano quale sia effettivamente il peso e il prezzo delle scelte del leader russo. Un prezzo che, in termini di soldati – esseri umani – potrebbe costare centomila vita, già martoriate dal freddo, tanto da essere intorpiditi, incapaci di reagire.
E una storia riportata nelle ultime ore da “Repubblica” fa capire perfettamente ciò di cui stiamo parlando. Il teatro di guerra è poco a Est di Bakhmut e i soldati russi sono in trincea. Non stiamo parlando di un territorio qualsiasi ai fini del conflitto, ma di uno dei centri principali dove si stanno verificando le operazioni militari. Qui è partita una granata con il tentativo di colpire il bunker dove erano sdraiati i soldati in trincea, in mezzo al fango e soprattutto al freddo. Inoltre, anche con un’attrezzatura inadeguata al clima, al contrario di quelle ucraine che sono state fornite dalla Nato.
La granata non è irresistibile e ha una traiettoria verticale, quindi non al massimo della pericolosità. La reazione dei soldati di Putin, però, colpisce. Due perdono la vita, sono fermi lì, assolutamente immobili. Gli altri sei, però, faticano anche solo a muoversi, spostarsi, sottrarsi alla morte. È la triste storia di veri e propri sacrifici del Cremlino, che ha deciso di condurre una strategia a due mandate. Un gruppo di russi sta conducendo una controffensiva forte nel Donbass, ma sempre più spesso in trincea poi ci restano i coscritti. Si parla di persone appena reclutate, assolutamente impreparati a una guerra del genere e che sono stati costretti ad andare al fronte.
Anche la controparte si è chiesta cosa stia effettivamente succedendo. La risposta di diversi giornalisti ucraini e americani è che i coscritti russi faticano a muoversi perché sono già in ipotermia. Stanno letteralmente morendo congelati dal freddo. Magari altri sono anche provati dalle condizioni di guerra, dallo strazio della trincea. C’è chi tenta di dormire e viene sorpreso, chi cerca di bere per lottare contro le temperature sempre più basse. Ma qualsiasi rimedio non può bastare in un periodo così rigido. Però, Putin sembra – tristemente – di aver messo in conto anche questo.
Concentriamoci un altro po’ sul punto della guerra. Il gruppo Wagner risulta ancora una volta decisivo per il Cremlino. A Sud di Bakhmut, infatti, è riuscito a prendere l’insediamento di Kurdyumovka, interrompendo dopo ben due mesi quella che è stata un’avanzata a senso unico delle truppe di Zelensky a Est. Anche qui, però, il costo è stato di non poco conto. Se si guarda verso Soledar, e molti video e report fotografici ci permettono di farlo, i corpi senza vita per strada sono tantissimi e molti di questi sono russi. Una vera e propria carneficina, causata dai droni lanciati e dall’artiglieria ucraina che li ha colpiti in maniera massiccia. E se si guarda a ciò che succede a settentrione, le cose non vanno molto meglio. Le trincee sono tra il ghiaccio e la neve, incompatibili alla sopravvivenza a lungo termine. Ma a Putin importa? A quanto pare no.
Ed è una risposta che ci arriva direttamente dalla Lettonia, tramite il portale “iStories”, fondato da due giornalisti russi. Siamo agli arbori di quella che è stata già definita come macelleria invernale. Secondo fonti interne, provenienti dallo Stato Maggiore russo e dall’Fsb, infatti, la prima e forse unica preoccupazione del Cremlino è quella di stabilizzare la loro presenza in Donbass, nel fronte ucraino, durante il corso di un inverno rigidissimo, per poi tornare ad attaccare in primavera, forse in maniera decisiva. I soldati che intanto potrebbero morire con quest’intento sono addirittura centomila, ma ciò non preoccuperebbe più di tanto Putin per due motivi.
Il primo è che potrebbero essere sostituiti dai coscritti del servizio militare obbligatorio. E poi, soprattutto, dopo 300mila nuovi arruolati al fronte già raggiunti, la Russia non sembra avere alcuna intenzione di revocare il decreto di mobilitazione, nonostante le tantissime critiche interne che ha portato. Il focus principale di Putin sembra focalizzarsi su tutt’altro: 120mila nuovi soldati sono pronti per essere inviati in Ucraina, in maniera tale da rifornire le truppe che saranno decimate da morti ormai annunciati.
In tutto ciò, c’è da considerare anche il numero di decessi riportati dalla Russia e quelli che potrebbero ancora perdere la vita. Ci aiutano i bollettini ucraini che sottolineano spesso numeri al rialzo: dall’inizio della guerra sono morti quasi 87mila soldati di Putin. Se si riflette sul fatto che potrebbero morirne ancora 100mila e oltre, fino a primavera, il quadro di complica ulteriormente. E solleva – naturalmente – grosse polemiche per la questione umanitaria. Che valore ha davvero la vita di esseri umani strappati dalla sera alla mattina alla loro quotidianità? E quale la sete di potere?
Di certo, anche l’Ucraina dovrà continuare a farsi delle domande e con lei anche l’Europa e l’Occidente in generale. Dall’inizio della guerra, gli alleati hanno continuato a rifornire gli invasi con armi e aiuti economici per un valore complessivo di diversi miliardi. Ora, però, la Nato è in allarme. Gli arsenali occidentali si stanno svuotando e la strategia complessiva andrà valutata attentamente. La pace sarebbe la soluzione a tutti i mali, ma ancora la ragione non sembra aver prevalso e un serio tavole delle trattative non è neppure all’orizzonte. Ma qualcuno dovrà rispondere dei tanti, troppi crimini di guerra commessi.
La corretta gestione del Sistema Tessera Sanitaria rappresenta un aspetto fondamentale per tutti gli operatori…
Il volto di una madre che ha perso una figlia racconta spesso più di mille…
Un silenzio solenne avvolgeva le strade, rotto solo dal suono cadenzato dei passi e dal…
Ci sono momenti in cui sembra impossibile mantenere la concentrazione. La mente vaga, le distrazioni…
La stagione fredda porta con sé molte domande sulla routine quotidiana, ma c’è un gesto…
Se c'è un momento in cui tutto sembra sospeso, è quando un atleta raggiunge un…