Benvenuto autunno e con lui addio all’estate o ai residui della stagione più calda, che molti si erano ormai abituati a quelle temperatura stranamente miti e inusualmente alte. Con l’arrivo di un novembre che può tale, però, è anche tempo di influenza e virus parainfluenzali. E quest’anno, con il Covid ancora ben presente, sono anche più cattive e difficili da superare – alcuni di voi l’avranno provato anche sulla loro pelle -. Ecco i motivi di quanto si sta verificando.
Magari a scuola, al supermercato, per negozi o semplicemente a casa ve ne sarete già accorti: è arrivata la stagione dell’influenza. E che sarà mai, penseranno in molti che con febbre, spossatezza, mal di gol e chi più ne ha e più ne metta ci combatte fin da quando era bambino e adesso di anticorpi se n’è fatto a sufficienza, per quanto possibile. No, perché quest’anno c’è da guardarsene bene dal prendersela l’influenza e il motivo non è solo il solito Covid, almeno non direttamente. L’allarme è stato lanciato settimane fa, ma è rimasto un po’ lì nella via di mezzo tra i consigli non richiesti e quelli che da un orecchio entrano e dall’altro escono. Cerchiamo, quindi, di capire i motivi di quanto si sta verificando.
L’influenza (soprattutto quest’anno) non va affatto sottovalutata
Nell’immaginario comune, probabilmente l’influenza stagionale è una delle patologie meno temute e più sottovalutate. Eppure, e i medici lo ripetono ogni anno quasi come fossero i compiti per le vacanze che vengono assegnati in ritardo, non va affatto presa alla leggera. Basta pensare che ogni anno fa registrare tra i 5mila e i 15mila morti, e non sono affatto pochi.
Quest’anno poi non fa eccezione, anzi. E non è solo un’evidenza pratica che si può immediatamente notare, effettuando dei rapidi sondaggi tra amici e familiari. Vi sarà capitato più e più volte negli ultimi giorni di vedere persone per strada tossire o starnutire o, ancor di più, sapere di conoscenti a letto con la febbre. Beh, il momento tanto temuto che va a braccetto con l’autunno è arrivato. Sì, perché il mondo della sanità lo sapeva e aveva avvertito da un pezzo sul fatto che sarebbe stata una brutta gatta da pelare, l’influenza di quest’anno. Ora ce ne stiamo rendendo conto e possiamo anche spiegarvi le cause che stanno alla base.
Innanzitutto partiamo dal clima, che è un discorso un po’ politico, praticamente obbligatorio e ormai necessario da affrontare. Sì, perché non può essere considerato “normale” in quella fattispecie di caldo che ci ha accompagnato praticamente fino ai primi di novembre. Temperature che poi sono calate all’improvviso e hanno fatto registrare un’escursione termica significativa anche nell’arco delle stesse 24 ore. Anche negli ultimi giorni, abbiamo potuto godere di un sole quasi primaverile per poi trovarci stretti nel cappotto o con un thè caldo sotto le coperte alla sera. Beh, non è il discorso della nonna, ma il lasciapassare ideale per virus influenzali o parainfluenzali che tra un raffreddamento e un contagio hanno il loro habitat perfetto per attaccarci.
Il discorso, però, è ancora più ampio e complicato rispetto al solo cambiamento climatico. L’arrivo del Covid ha portato al largo uso (fino a poco tempo fa obbligatorio) dei dispositivi di protezione individuali. Ci riferiamo soprattutto alle mascherine, che servivano a proteggerci dal contagio di chi ci stava attorno e a interrompere la catena di trasmissione del nuovo Coronavirus. Soprattutto, dando uno scudo importante alle persone a rischio di infezione nella forma grave, e quindi la polmonite interstiziale bilaterale e le difficoltà respiratorie in generale che tante vittime hanno fatto nel periodo in cui un vaccino era solo un sogno e una speranza per i ricercatori.
Beh, è necessario sottolineare che – ovviamente, anche se in pochi ci hanno pensato – le mascherine hanno tenuto a bada la diffusione di tutti i virus, non solo del Covid. Stesso discorso per il distanziamento sociale e tutte le norme igieniche che sono diventate pubblicità, meme e mantra del 2020 e oltre. Ora, però, quella fase è finita e si è tornati a una sorta di pseudo-normalità, a una convivenza con il virus, che non è gratis e che sta avendo anche delle conseguenze.
Infatti, tutte quelle infezioni tenute a bada negli ultimi anni sono tornate e in maniera aggressiva e, caduto l’obbligo di mascherina, sono libere di prendere il sopravvento sul nostro sistema immunitario, soprattutto rispetto agli anni precedenti.
A supportare questa teoria c’è anche quanto successo nell’emisfero australe, dove quest’anno l’epidemia influenzale è stata particolarmente dura da battere. Si è registrato, infatti, un aumento dei casi ma anche una maggiore gravità. Dati che hanno subito allarmato le personalità scientifiche del nostro emisfero che hanno più volte spinto per la promozione del vaccino, possibilmente in abbinamento all’ennesima somministrazione del siero anti-Covid.
In più, l’influenza non è affatto un problema a sé stante, ma porta con sé anche altri eventi che non possono essere sottovalutati e su cui, anzi, bisogna porre maggiormente l’accento. Ci riferiamo, in particolare, alle complicazioni cardiovascolari. L’allarme era già stato lanciato dalla Siprec (Società italiana per la prevenzione cardiovascolare) nelle scorse settimane.
Chiaramente le loro raccomandazioni erano rivolte, in particolare, agli over 65, ai soggetti fragili e soprattutto ai cardiopatici, raccolti in un unico grido: vaccinarsi contro l’influenza. Il messaggio è stato chiaro e diretto: non bisogna pensare sempre e solo al Covid, perché l’influenza può anche uccidere. E se si soffre di malattie cardiovascolari sicuramente di più, dato che si può incorrere in infarto, ictus e scompenso. Tutto ciò succede perché a essere interessati sono l’apparato respiratorio e, di conseguenza, il cuore.
Inoltre, sempre dalla Siprec, è arrivata anche un’altra raccomandazione: non abbandonare del tutto la mascherina, ma continuare a indossarla nei luoghi molto affollati, tentare di rispettare il distanziamento sociale e proseguire con un’igiene personale meticolosa. Un liberi tutti improvviso per soggetti a rischio, come quelli cardiopatici, è molto rischioso per i motivi che vi spiegavamo sopra. E semplicemente per il fatto che restare scoperti dopo due anni di accortezze e misure protettive e preventive è una manna dal cielo per virus influenzali e parainfluenzali.
Per chi fosse ancora diffidente sul vaccino, inoltre, ci sono i dati ad avvalorare la sua importanza. Innanzitutto, l’efficacia del vaccino aumenta con l’avanzare dell’età. Pensate che nel Veneto si sono registrati solo otto decessi nel 2019/20 che sono diventati zero l’inverno scorso, quando le misure anti-Covid garantivano un grosso scudo protettivo. Il ministero della Salute, nelle consuete linee guida, ha specificato come sia importante arrivare a una copertura generale del 75% e quella ottimale sarebbe del 95%. Numeri che quasi mai si arrivano a realizzare, neanche tra i sanitari che spesso – paradossalmente – danno una risposta meno importante degli altri cittadini.
La campagna vaccinale, comunque, è partita all’inizio di novembre, forse un po’ più tardi rispetto a quando non ci si aspettasse e non si fosse programmato, ma comunque in linea con quelli che erano i programmi dalla fine dell’estate. Lo Stato si è rifornito di un alto numero di vaccini antinfluenzali, 900mila per la precisione, di cui 100mila destinati alle farmacie. In più sono anche state allargate il più possibile le maglie. La somministrazione è garantita gratuitamente ai maggiorenni anche se non sono considerati fragili e se non soffrono di patologie a rischio. Nei meccanismi di distribuzione al cittadino non va sottovalutato proprio il ruolo delle farmacie che hanno già dimostrato nella lotta al Covid di essere una risorsa importante e che anche in questo caso sono state interpellate per far sì di offrire una risposta più efficiente possibile alle esigenze della popolazione.
Il focus, però, non può essere solo sull’influenza, perché il Covid non è scomparso e il virus respiratorio sinciziale non va sottovalutato. Matteo Bassetti – che ormai avrete imparato a conoscere – oggi ha posto l’accento sui rischi della triplendemia.
Bassetti avverte: “Ci aspetta un trio infernale”
Il direttore della clinica di malattie infettive del policlinico San Martino di Genova non è uno che ha peli sulla lingua, anche se si parla di sanità. E nelle ultime ore, in un’intervista all’AdnKronos Salute, ha tradotto in dichiarazioni forti e incisive le preoccupazioni delle ultime settimane: “Come hanno detto i colleghi americani ci sarà una triplice epidemia, io invece la definisco ‘trio infernale’, ovvero l’influenza, Sars-CoV-2 e il virus respiratorio sinciziale, che temo farà danni. Tutto questo ci dice che il Covid è diventato meno importante e torniamo alla normalità pre-pandemia”. E almeno un dato positivo c’è ed è relativo al fatto che il Covid stia perdendo chiaramente quella preponderanza che ha avuto negli ultimi anni agli occhi della politica, dei cittadini e delle massime istituzioni sanitarie.
Il dato di fatto è quello di un’influenza che non può più essere sottovalutata e che è destinata a entrare nel vivo: “I primi casi di influenza sono arrivati, anche pesanti. E sono destinati a crescere quest’anno. La stagione influenzale sarà sicuramente più incisiva di quanto abbiamo visto nel passato perché le mascherine l’avevano limitata”.
Dire oggi che vaccini, misure di contenimento della pandemia e mascherine non sono servite, equivale a dire che aver aperto l’ombrello quando diluviava, non è servito perché ora ha smesso di piovere. La memoria corta rischia di far molto male al Nostro paese.
— Matteo Bassetti (@ProfMBassetti) October 30, 2022
Il discorso poi passa alle discutibili parole del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, che tante polemiche e scalpore hanno destato nelle ultime ore. Per chi non lo sapesse, prima di ritrattare, aveva sostenuto che non aveva senso somministrare la quarta dose a soggetti non considerati a rischio. Interpellato sull’argomento, Bassetti ha dichiarato: “Io posso condividere con il sottosegretario alla Salute che oggi non è necessario proporre la quarta dose di vaccino anti-Covid a chi ne ha fatte tre o ha fatto la malattia e ha meno di 65 anni e non ha nessuna comorbidità – specifica subito -, ma dire che non ha senso è troppo ed è una visione tranchant“. E conclude con un pensiero chiaro e ragionevole, in linea con le indicazioni ancora in vigore dal governo: “La dose di richiamo la devono fare gli anziani e i fragili, tutti gli altri decideranno se farla o meno”.
E intanto il ministro della Sanità Schillaci ha annunciato che molto presto ci sarà una campagna per il vaccino anti-Covid e quello antinfluenzale: le uniche armi per proteggersi in settimane che si preannunciano terribili o, come ha detto Bassetti, infernali.