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Perché si dice ‘andare in brodo di giuggiole’?

Perché si dice ‘andare in brodo di giuggiole’? L’espressione, utilizzata in senso figurato – un brodo a base di giuggiole in realtà non esiste – nasce dalla combinazione di parole che significano ‘andare in solluchero‘, ‘uscire di sé dalla contentezza‘, e deriva (anzi, ne è un’alterazione) dalla frase ‘andare in brodo di succiole‘, dove il termine ‘succiole‘ (ovvero, castagne bollite con la buccia) è stato sostituito da ‘giuggiole‘, frutti del giuggiolo, pianta ornamentale chiamata Ziziphus jujuba, nota anche come dattero cinese.

La curiosa espressione ‘andare in brodo di giuggiole‘, dunque, indica uno stato d’animo di grande felicità, un piacere interiore che sembra collegarsi alla bontà dei frutti menzionati.
Come dicevamo, infatti, la giuggiola è il frutto dello Ziziphus jujuba, una pianta coltivata da millenni in Cina il cui albero raggiunge dai 5 ai 12 metri di altezza. E’ un frutto dall’aspetto simile alle olive, che matura in autunno e si consuma fresco o leggermente appassito, quando la polpa, giallastra, ha un sapore dolce molto simile alla mela. Nei secoli scorsi le giuggiole venivano impiegate sia in medicina – in decotti contro la tosse – che in cucina, soprattutto per marmellate e confetture.Non solo: con le giuggiole si cucinava anche la carne, il pollame e una sorta di lesso cui, a metà cottura, si aggiungevano cipolla, uva passa, ciliegie e giuggiole.

Tornando al perché si dice ‘andare in brodo di giuggiole’, il detto deriva, secondo alcuni, da una specie di liquore realizzato con i frutti appassiti: gradevole e tendente ‘a farsi abusare‘, porta, a causa dell’alcol, ad uno stato di contentezza e di grande piacere.

Come dicevamo, però, da un punto di vista linguistico, è molto più probabile che il detto derivi da ‘brodo di succiole‘, espressione presente nel Dizionario della Lingua italiana di Tommaseo-Bellini (1861-1879), che indica un qualcosa ‘senza sostanza‘, di poco conto. Al contrario, ‘andare in brodo di succiole‘ significa, in senso figurato, ‘godere assai di checchessia, averne particolare compiacenza‘. E’ facile perciò supporre che ad un certo punto ‘giuggiole‘ abbia preso, per somiglianza fonetica, il posto di ‘succiole‘. Benché si tratti infatti di due termini diversi, sia ‘succiola‘, castagna cotta nell’acqua con la buccia, che ‘giuggiola‘, condividevano in passato lo stesso destino: allietare nei giorni di festa il palato di grandi e piccini.

Caterina Padula

Giornalista pubblicista, appassionata di scrittura, mi occupo da anni di approfondimenti culturali e di informazione online. Da sempre lettrice accanita e curiosa, amo la musica, l'arte e tutto ciò che è natura.

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