[didascalia fornitore=”altro”]Immagine da flickr.com[/didascalia]
Tra i proverbi italiani è sicuramente uno dei più usati, ma sapete perché si dice ‘gatta ci cova’? Il significato dell’espressione, che non ha evidentemente nulla a che vedere con l’apparato riproduttivo dei nostri amici felici, rimanda ad una situazione in cui vige una certa ambiguità: quando un qualcosa ci risulta strano o poco chiaro, quando sospettiamo che ci sia ‘sotto qualcosa’, ecco che l’Italiano ci regala un’altra delle sue magnifiche perle: ‘qui gatta ci cova’, un modo di dire decisamente curioso usato quando qualcosa non ci convince del tutto. Ma cosa c’entrano i gatti con le uova? Perché si dice ‘qui gatta ci cova’?
Che ci sia un collegamento tra i gatti e il covare è assai improbabile visto che parliamo di mammiferi, eppure l’immagine che ci spiega – linguisticamente – l’equivocità di certe situazioni è, per quanto inusuale, molto chiara. Ma perché si dice ‘gatta ci cova’ e non, ad esempio, ‘gallina ci cova’, decisamente più appropriato? Ecco qualche ipotesi.
Intanto, ‘gatta ci cova’ indica non solo situazioni in cui sembra esserci qualcosa di ‘stonato’ o d’improbabile, ma anche quei casi in cui si vuole nascondere uno scherzo, un inganno o un raggiro. Ed il perché si attribuisca proprio al gatto e non ad un animale oviparo la capacità di covare, sembra dipendere, secondo alcuni, da come tradizionalmente la nostra cultura considera il gatto.
Nella storia delle culture popolari, infatti, il gatto è sempre stato visto come un animale un po’ ambiguo e, per questo, percepito come simbolo di inaffidabilità. Allo stesso modo, è una figura spesso collegata all’occulto e alla magia, protagonista di migliaia di leggende in cui compare come amico fedele delle streghe. Questo tipo di interpretazione spiegherebbe il perché si dice ‘qui gatta ci cova’ quando, in situazioni poco chiare, c’è qualcosa che ci puzza un po’.
Superstizione a parte, potrebbe essere un’altra la ragione per cui è proprio il gatto il protagonista del detto in questione, ragione che potrebbe derivare dalla postura assunta dai gatti quando sono in procinto di attaccare una preda o quando sono rannicchiati su se stessi, con le zampe e la coda sotto il corpo. Questo atteggiamento potrebbe assomigliare alla posizione tipica della cova, ma è caratteristico dei gatti e del loro modo di comunicare.
Ancora, secondo studi del passato, il perché si dice ‘qui gatta ci cova’ quando si ‘annusa’ un inganno, potrebbe dipendere dal fatto che il gatto è ‘animale frodatore per eccellenza’ e quando ‘ha posto gli occhi in qualche cosa che cerca di rubare, suole porsi in agguato aspettando il destro che nessuno lo veda’ (G. Bianchini, Modi proverbiali e motti popolari). Questa postura, simile a quella spiegata poc’anzi, rimanderebbe a quella classica della covata.
Infine, gatta e non gatto perché in passato, nell’Italiano antico, col termine al femminile si indicava l’intera specie senza distinzione di sesso: l’accezione generica gatta, infatti, è protagonista di molti proverbi e modi di dire italiani – ‘gatta da pelare’, ‘gatta morta’, ‘tanto va la gatta al lardo…’ etc, etc.
Perché si dice ‘qui gatta ci cova’, dunque, è presto detto: l’immagine, insolita, di un gatto che cova è sinonimo di situazioni in cui c’è un qualcosa di strano, che non torna, qualcosa che puzza – l’equivalente inglese di ‘gatta ci cova’, ad esempio, è there’s something fishy about this, letteralmente ‘c’è qualcosa che puzza in questo’.
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