La formazione del primo governo della storia della Repubblica italiana guidata da una donna, ovviamente Giorgia Meloni, non è stata priva di polemiche, e di discussioni. Prima qualche attrito con Matteo Salvini, neo ministro delle Infrastrutture, per il Viminale, poi il braccio di ferro con Silvio Berlusconi per il ruolo da affidare a Licia Ronzulli, Maria Elisabetta Alberti Casellati e infine anche gli audio “rubati” al Cav sul conflitto tra Russia e Ucraina e i suoi presunti “rapporti riallacciati” con Vladimir Putin. Ma c’è stato anche altro a far gridare allo scandalo: la figura di Guido Crosetto.
Il ministro della Difesa, che è anche uno dei fondatori di Fratelli d’Italia con Meloni e il presidente del Senato, Ignazio La Russa, è ancora al centro dell’attenzione mediatica perché potrebbe avere dei conflitti d’interessi tra le sue attività imprenditoriali nel settore della difesa e il ruolo istituzionale che ricoprirà. Su Twitter, ha annunciato che si è dimesso dalle cariche che ricopriva, ma potrebbe non bastare.
Perché si parla di conflitto di interessi per il ministro della Difesa, Crosetto
Con la cerimonia della campanella di oggi, il passaggio di consegne tra il governo presieduto da Mario Draghi e quello di Giorgia Meloni è ufficiale. Già dopo l’incontro tra i due, infatti, l’esecutivo si è riunito per la prima volta a Palazzo Chigi, alla presenza anche di Guido Crosetto, il neo ministro della Difesa.
Sul politico di Cuneo, co-fondatore, nel 2012, di Fratelli d’Italia insieme alla prima presidentessa del Consiglio donna della storia d’Italia e al presidente del Senato, Ignazio La Russa, ci sono, però, non poche ombre. Nonostante la sua entrata precoce nel mondo della politica – negli anni Ottanta iniziò con la Democrazia cristiana e nel 1990 diventò sindaco di Marene, un piccolo paese nella provincia cuneese -, il titolare del dicastero di via Venti settembre è anche un imprenditore, sempre nel settore della difesa.
Dal 2014, infatti, Crosetto è il presidente della Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza, un’associazione di Confindustria che raccoglie quasi 200 aziende, molte che si occupano anche di produrre sistemi satellitari e armi. Ma all’AIAD fanno riferimento pure l’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportivi, l’Associazione per la normazione, la formazione e la qualificazione nel settore dell’aerospazio, difesa e sicurezza e l’Associazione per i servizi, le applicazioni e le tecnologie di telecomunicazioni per lo spazio.
Il ruolo che svolge l’associazione è anche molto politico, quindi, perché è coinvolta nei meccanismi di scelta per la delegazione italiana nel Nato Industrial Advisory Group, il quale consente alle imprese di avere rapporti con l’alleanza militare in termini di armamenti. Neanche a dirlo, dall’AIAD dipendono contratti che valgono miliardi.
Non solo, comunque, perché il neo ministro, che è stato eletto alla Camera dei deputati nel 2018 salvo dimettersi subito dopo per incompatibilità tra le due cariche, nel 2020 è diventato anche il presidente di Orizzonte sistemi navali, una joint venture tra Fincantieri e Leonardo, entrambe aziende a partecipazione pubblica, che ha il compito di realizzare nuove tecnologie legate sempre alle armi e alle navi militari.
Con la famiglia, di imprenditori, è a capo anche di una società di consulenza, è amministratore di una società per la produzione di macchine agricole e, ancora, di qualche bed and breakfast. In realtà, però, di tutto questo si deve parlare al passato perché, appunto, il cuneese, non appena la premier lo ha indicato come ministro, si è dimesso.
Per tutti quelli che (non per amore) me lo stanno chiedendo, rispondo:
mi sono già dimesso da amministratore, di ogni società privata (non ne ricopro di pubbliche) che (legittimamente) occupavo.
Liquiderò ogni mia societa (tutte legittime).
Rinuncio al 90% del mio attuale reddito— Guido Crosetto (@GuidoCrosetto) October 21, 2022
Perché le dimissioni dai suoi precedenti incarichi per Crosetto potrebbero non bastare
La scelta di lasciare i suoi incarichi, però, non sarà indolore, anzi per qualcuno addirittura non basterebbe per il conflitto d’interessi che si potrebbe creare. Già in passato, Crosetto aveva scelto di rinunciare ai suoi ruoli, specie a quello di deputato nel 2018 abbiamo detto, e anche alle politiche del 2022 il neoministro aveva deciso di non candidarsi, salvo poi essere nominato, come sappiamo, come ministro da Meloni.
Anche qua, lui, quando si parlava di lui, aveva ribadito sui social che non aveva alcun interesse personale nel fare parte del governo, ma chiamato in causa – come quando è stato scelto da Fratelli d’Italia come nome di bandiera per la presidenza della Repubblica – ha risposto presente.
In un’intervista alla Stampa, ha confermato la sua decisione di vendere le attività di famiglia: “Ho novanta giorni di tempo per farlo. Ma nessuno lo ha mai fatto prima, tanto per capirci vendo dei bed and breakfast – ha precisato -. Mentre non è che Berlusconi ha venduto Mediaset quando è entrato in politica”.
Giovanni Tizian, giornalista di Domani, ha messo in dubbio che possa bastare la mossa fatta all’indomani della sua nomina alla Difesa, soprattutto per le relazioni che ha intrecciato da presidente dell’AIAD. “Per esempio, potrà contare sul segretario generale, Carlo Festucci, che siede nel consiglio di amministrazione di un’azienda che ha tra i soci il 25enne figlio del fondatore di Fratelli d’Italia”, ha scritto il cronista affermando anche che, da poco, un’impresa nel settore degli armamenti, la Drass Galeazzi srl, ha versato sul conto del partito 10mila euro.
In un’ulteriore intervista, però, Crosetto ha risposto in maniera chiara sul conflitto d’interesse, che per lui non c’è. “D’ora in poi, ho deciso di tutelarmi legalmente contro chiunque lo scriverà. Ho accettato di fare il ministro, sacrificando decenni di lavoro. E pretendo rispetto”, ha detto. Il suo compito, infatti, era quello di aiutare le aziende italiano all’estero e per questo aveva già lavorato accanto ai ministri e ai governi precedenti, da Roberta Pinotti a Lorenzo Guerini passando per Elisabetta Trenta, “che non erano mai controparte. È evidente che non esista alcun conflitto di interessi”, ha concluso.