Ha speso una cifra pari a tremila euro in tagliandi (255 in 12 mesi) sperando nel bacio della Dea Fortuna, ma ha perso sempre. Così un giovane 29enne diventato ‘dipendente‘ dal gioco – per la precisione parliamo di Gratta e Vinci, una delle tante lotterie istantanee a cui è possibile giocare in Italia – ha portato in Tribunale le Lotterie nazionali e i Monopoli di Stato, vincendo la causa e ottenendo il diritto a un completo rimborso.
La sentenza immediatamente esecutiva, decisa in tribunale da un giudice di pace di Vallo della Lucania, spiega i motivi della scelta di condannare le Lotterie a rimborsare al ragazzo il corrispettivo speso, e ritenere nulli i contratti di acquisto dei tagliandi di gioco, ovvero perché: “i biglietti, acquistati presso ricevitorie autorizzate, non recavano l’indicazione della probabilità di vincita e l’avvertenza sul rischio di dipendenza dalla pratica dei giochi con vincite in danaro“. Come invece stabilisce l’articolo 7 del decreto Balduzzi, che impone la presenza sui biglietti di ”formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in danaro” e ”le relative probabilità di vincita”.
L’agenzia delle dogane e i Monopoli di Stato sono stati invece estromessi dal giudizio, non avendo rivestito ”la qualità di contraente nel rapporto intrattenuto dall’attore che, in qualità di acquirente dei tagliandi, ha concluso un contratto solo ed esclusivamente con il soggetto gestore e, quindi, con le Lotterie nazionali”.
Un caso, questo, che rischia di diventare il primo di una lunga serie, e che in qualche modo crea un precedente, perché altri giocatori potrebbero provare a chiedere il rimborso di quanto speso in Gratta e Vinci e simili. Almeno fino a quando le Lotterie Nazionali non si adegueranno alla norma sancita nel decreto Balduzzi e provvederanno a distribuire tagliandi recanti le corrette indicazioni, non solo per salvaguardare le casse dello Stato, ma anche e soprattutto al fine di prevenire e contrastare il pericoloso fenomeno delle ludopatie.
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