Dopo l’arresto del boss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, stanno venendo alla luce i tesori nascosti nei suoi covi.
Al momento sono stati trovati 3 rifugi ma i Carabinieri del Ros hanno proceduto a perquisire anche le abitazioni delle persone che lo hanno aiutato negli anni della latitanza. L’ultima riguarda invece quella nella sua casa di famiglia, dove Messina Denaro viveva con la madre prima di darsi alla fuga nell’ormai lontano 1993.
Proseguono le perquisizioni delle forze dell’ordine nei luoghi dove si è nascosto Matteo Messina Denaro durante la latitanza durata 30 anni.
Il boss è stato arrestato lo scorso 16 gennaio a Palermo, presso la clinica in cui era in cura per una forma aggressiva di tumore al colon. Tuttavia le sue condizioni di salute sono risultate compatibili con il carcere e quindi il boss seguirà la chemioterapia mentre sconterà l’ergastolo, sorvegliato in maniera speciale per il rischio di suicidio.
Ma come ha vissuto in questi anni il ricercato numero 1 d’Italia? Di certo è lontana la figura del boss mafioso analfabeta che si nasconde in una catapecchia, Messina Denaro è un uomo che si è sempre contraddistinto per il lusso e per le belle donne.
In questi anni ha avuto 3 covi, o almeno sono quelli che i Carabinieri hanno scoperto a Campobello di Mazara, dove molte persone lo incrociavano ogni giorno ma lui viveva normalmente come un cittadino qualunque, recandosi al bar o a fare la spesa indisturbato.
Non è chiaro se fosse conosciuto con un altro nome, forse quello di Andrea Bonafede con cui si era presentato alla clinica La Maddalena, oppure qualcuno lo abbia riconosciuto ma aveva timore a denunciare.
Fatto sta che Messina Denaro conduceva la sua latitanza in maniera abbastanza tranquilla nella sua Sicilia, nonostante molte voci lo volessero fuori dall’Italia o addirittura con un altro aspetto dovuto ad alcuni interventi chirurgici facciali.
Nato nel 1962 a Castelvetrano, Matteo Messina Denaro discende da una famiglia di criminali ed è considerato l’erede di Riina e Provenzano, di cui era molto fedele.
Come lui, anche suo padre era stato latitante fino a morte naturale e se guardiamo a sorelle con rispettivi cognati e altri familiari, ci accorgiamo che si tratta di una famiglia mafiosa che aveva un controllo molto importante nella zona di Castelvetrano e più in generale, di Trapani.
Alla notizia dell’arresto dell’uomo, Castelvetrano è esplosa in un grido gioioso che finalmente l’ha sganciata dalla connessione con la mafia. Sono stati 30 anni di lunghe indagini e ricerche a tappeto che hanno portato gli inquirenti molto spesso a un passo dalla cattura ma mai così vicini da porre fine alla vicenda.
Matteo Messina Denaro viveva in una casa di Campobello di Mazara e i suoi vicini sono sbigottiti da quanto emerso, tutti hanno infatti riferito di un uomo taciturno e tranquillo, mai si sarebbero immaginati che si trattasse del famigerato boss latitante che nel 1993 fece perdere le sue tracce dopo un’ultima vacanza, sempre con il lusso che lo contraddistingue, a Forte dei Marmi.
Lo stesso lusso è stato riscontrato nelle perquisizioni, in particolare l’ultima avvenuta nella casa di via Alberto Mario a Castelvetrano, dove viveva con la madre prima di darsi alla fuga.
Qui gli inquirenti hanno trovato bottiglie di champagne e una collezione di occhiali da sole Ray-Ban, che hanno reso famoso il volto del boss nelle vecchie foto in mani agli investigatori.
Nella casa c’erano poi effetti personali, un libro a tema mafioso scritto da Flavia Mantovan, dal titolo “Facce di mafiosi” e diverse foto da giovane di Matteo e anche del padre, don Ciccio.
Nelle perquisizioni precedenti invece, quelle degli altri 3 covi di Campobello di Mazara, sono stati rinvenuti poster del Padrino, un’agenda del boss ma anche molti foglietti con numeri di telefono, che potrebbero avere un peso nelle indagini in corso.
Agli arresti sono finite molte persone vicine a Messina Denaro, fra cui l’autista Giovanni Luppino, che lo ha accompagnato quel 16 gennaio in clinica e il prestanome dell’ultimo periodo, il geometra Andrea Bonafede, incensurato fino a questo momento.
Ora quest’ultimo dovrà rispondere di associazione mafiosa e oggi c’è stato l’interrogatorio di garanzia presso il carcere Pagliarelli di Palermo. Secondo quanto sostiene il gip, Bonafede era la persona perfetta per non destare sospetti poiché è un uomo d’onore, riservato e soprattutto incensurato, tuttavia proprio questa scelta condurrà gli investigatori nel luogo giusto al momento giusto.
Anche la proprietà del geometra sono state perquisite. L’identità di Bonafede è servita al boss per accedere alle cure sanitarie a partire dal 2020 quando fu operato all’ospedale di Mazara del Vallo e come ha confermato il dipendente comunale che ha emesso il documento, la foto può essere facilmente scambiabile con un’altra, ma al momento dell’emissione da lui stesso firmata, l’immagine era corretta.
Al momento Bonafede non intende collaborare e si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Gli inquirenti intanto ripercorrono le abitudini di Messina Denaro, ad esempio in una perquisizione sono stati trovati degli scontrini di un punto vendita Coop e qui sono stati ascoltati i dipendenti, così come quelli del bar dove era solito fare colazione.
Che sia paura di dire la verità o davvero inconsapevolezza di chi fosse quell’uomo, tutti appaiono sconcertati nell’apprendere di aver condiviso del tempo, anche se breve, nelle vicinanze del boss numero 1 di Cosa Nostra, coinvolto in tragedie di spessore come gli attentati a Falcone e Borsellino.
Dopo ave passato al setaccio il covo di via Verdi e il secondo con il bunker annesso, gli agenti si stanno concentrando anche sulle case di coloro che sono iscritti nel registro degli indagati, come i figli dell’autista.
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