Il Perù è attraversato da proteste contro la presidente Boluarte che si sono trasformate poi nella presa di Lima che tiene banco tra scontri e blocchi stradali dal 19 gennaio. Tutto il Paese è mobilitato per questa manifestazione e sciopero nazionale e la tensione aumenta di ora in ora. Il nervosismo e sopratutto la repressione attuata dalla polizia nazionale peruviana che è stata violentata e dichiarata esagerata dalle associazioni per i diritti umani ha causato una frattura importante e ancora in atto tra autorità governative e chi vuole protestare contro le istituzioni.
Il popolo peruviano è rimasto sconvolto dal tentativo di rovesciare le istituzioni statali compiuto da l’ex presidente Pedro Castillo che si trova attualmente in carcere, a seguito dell’azione che ha decretato la perdita della carica presidenziale. Dina Boluarte che era la sua vice assunto in maniera democratica e istituzionale la carica del suo predecessore ed è diventata così presidente del Perù.
Il popolo, però, non ha assolutamente accolto la notizia di buon grado ma a immediatamente cominciato a chiedere elezioni immediate e, nemmeno il fatto di averle anticipate ad aprile rispetto alla data nella quale erano previste prima ovvero nel 2026, ha placato il popolo. Questo perché i cittadini non si sentono rappresentati dall’attuale capo di Stato e ne chiedono le dimissioni immediate.
La presa di Lima, che va avanti dal 19 gennaio, è l’esempio lampante del disaccordo e disappunto popolare che non si placa ma, anzi, diventa sempre più violento di ora in ora. Gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine hanno provocato oltre 50 decessi. Oltre a ciò quello che sta accadendo è che oltre alle proteste si escogitano modi per creare disagi e attirare così l’attenzione delle istituzioni. Vengono, difatti, bloccate anche le strade principali per creare disordine per esempio nell’accedere ai centri e questo crea un deterioramento davvero importante a livello economico e sociale che sta, oltretutto, scatenando la furia incontrollata dei peruviani. Chiedono ancora e a gran voce di unirsi alle delegazioni già presenti presso la capitale per protestare e farsi ascoltare.
Le proteste che hanno colpito il Perù non sono soltanto protagonista della capitale Lima, dove sono state prese d’assalto le sedi universitarie e dove si è, anche, tenuta la repressione statale verso gli studenti che ha attirato l’attenzione mondiale e, soprattutto, l’attenzione delle associazioni per i diritti umani. Si è vista molta tensione anche nella città di Puno, dove ieri è stato necessario dato i contrasti tra manifestanti e polizia attivare un servizio di sorveglianza mediante elicotteri che hanno però ancor di più aizzato il malcontento dei cittadini.
Si è vista chiaramente un’impennata del nervosismo che ha paralizzato, nuovamente, l’autostrada panamericana che hanno necessitato dell’intervento massiccio militare per essere ripristinata dopo scontri tra polizia e manifestanti.
I media hanno mostrato l’altro lato della medaglia, ovvero la polizia nazionale peruviana prendersela con giornalisti colpiti appositamente perché stavano filmando la repressione e, anche, con studenti e cittadini che manifestano in maniera pacifica.
Decine di agenti di polizia hanno sorvegliato Plaza San Martín e un contingente di agenti di polizia è arrivato in Plaza San Martín per proteggere i locali dove le diverse organizzazioni sociali stanno hanno iniziato la marcia del 24 gennaio.
Gli scontri sono continuati in diverse località e non soltanto nella capitale del Perù. Si è alzato anche il malcontento in merito alla questione di Jeri Ramón , rettore dell’Università San Marcos , accusato di aver violato lo statuto della casa degli studi, commettendo cosi un abuso di potere entrando, successivamente, nei locali dove stanziavano le delegazioni giunte a Lima per esercitare il diritto di protestare.
Secondo il decreto supremo n. 013-2023-PCM, la misura è prorogata per un periodo di 10 giorni di calendario, a partire da oggi, mercoledì 25 gennaio. Si tratta dell’immobilizzazione sociale obbligatoria per tutti i cittadini, che devono necessariamente restare nelle proprie abitazioni. La misura si applica in tutta la regione di Puno , dalle ore 20:00 alle ore 4:00.
Ieri è successa una questione mediatica che ha sollevato la tensione in maniera ulteriore a Puno ma non ha fatto che aumentare il dissenso anche altrove. La presidente Dina Boluarte ha affermato che “Puno non è il Perù” davanti alla stampa estera e questo ha scatenato un caos mediatico. L’ufficio stampa del capo di stato ha immediatamente diffuso sui social network messaggi di scuse ufficiali.
Secondo la versione del governo: “non era un’espressione di discriminazione o arroganza” e fanno le loro scuse “se è stata interpretata male”. Le autorità statali hanno chiesto pace, dialogo e riconciliazione e questo nonostante la violenza indiscriminata che si è verificata lo stesso 24 gennaio nelle marce di Lima con le delegazioni provinciali.
Durante la giornata di manifestazioni di ieri, martedì 24, è stato denunciato l’arresto di Leonardo Dorian, studente dell’Universidad Nacional Mayor de San Marcos, laureando in Comunicazioni. Il coordinatore per diritti umani peruviano ha precisato che si stanno già occupando della faccenda. Viene precisato inoltre che la polizia nazionale peruviana continua a utilizzare pallottole di gomma sui manifestanti e sui giornalisti che riprendono le scene di guerriglia e scontri con la polizia.
Attualmente si hanno notizie che durante la notte del 25 gennaio, è da considerarsi il fuso orario locale indietro rispetto al nostro orario di sette ore, a seguito degli scontri dicevo poliziotti sono rimasti feriti, mentre due civili sono stati colpiti da pallottole. Uno di loro ha sostenuto che si trattasse di un proiettile relale e non di gomma, ma questo è ancora da accertare e verificare e non ci sono prove in merito.
La Polizia di Stato ha comunicato che agiranno secondo i propri poteri e funzioni, quindi proseguiranno anche le operazioni, svolgeranno accertamenti per i reati di sommossa ed estorsione come da ordine ricevuto.
Tra le persone colpite dalle violenze c’è anche la fotografa Guadalupe Pardo, che ha rischiato di perdere la vista dopo essere stata colpita da un proiettile che, fortunatamente, ha preso prima l’obiettivo della sua macchina fotografica.
La situazione della donna è emersa grazie alle informazioni condivise sui social dall’Associazione dei fotoreporter del Perù (AFPP), che hanno condiviso un’immagine dell’obiettivo fotografico distrutto dalla repressione poliziesca avvenuta durante le proteste contro il governo della presidente Boluarte.
Un video trasmesso invece attraverso Tiktok mostra un medico che si stava occupando delle cure dei cittadini durante gli scontri entrare poi lui stesso al Grau Emergency Hospital III dopo essere rimasto gravemente ferito.
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