L’ufficio della Procura generale del Perù ha avviato un’inchiesta in cui la presidente Dina Boluarte e i membri del suo gabinetto sono indagati con l’ipotesi di genocidio.
L’indagine è stata avviata a seguito dei violenti scontri durante le proteste avvenute nel Paese. Da inizio dicembre almeno 40 persone sono rimaste uccise.
L’ufficio della Procura generale del Perù ha avviato un’inchiesta per far luce sui molti morti, a seguito di oltre un mese di proteste nel Paese sudamericano. A essere indagati con l’ipotesi di genocidio sono la neoeletta presidente Dina Boluarte e i membri del suo gabinetto. L’indagine è partita dopo che, solo nella giornata di lunedì, 17 civili sono rimasti uccisi nei violenti scontri nella regione di Puno, a sud del Paese. Da inizio dicembre almeno 40 persone sono morte e in centinaia sono rimaste ferite.
Proprio lunedì ha segnato il giorno più sanguinoso della protesta, iniziata quando l’ex presidente Pedro Castillo è stato deposto e condotto in carcere. Ieri tra la violenza di piazza un poliziotto è morto dopo che la sua automobile è stata data alle fiamme.
La Procura generale ha fatto sapere che nell’indagine sono coinvolti, oltre alla presidente Boluarte, anche il primo ministro Alberto Otarola, il ministro della Difesa Jorge Chavez e il ministro dell’Interno Victor Rojas. Le ipotesi di accusa secondo l’ufficio sono di “genocidio, omicidio e lesioni aggravate”.
Nell’inchiesta la Procura ha anche fatto sapere di aver incluso il precedente primo ministro Pedro Angulo e l’ex ministro dell’Interno Cesar Cervantes, rimasti in carica solo poco tempo durante la presidenza Boluarte. Sono indagati per il presunto coinvolgimento nella gestione delle proteste.
Alcuni collettivi attivi nell’ambito della tutela e promozione dei diritti umani hanno accusato le autorità peruviane di aver usato armi da fuoco sui manifestanti e anche di aver sganciato bombe di fumo dagli elicotteri. L‘esercito si è difeso sostenendo che i manifestanti avrebbero usato nelle proteste armi e esplosivo fabbricato in casa.
Le Nazioni Unite hanno richiamato al rispetto dei diritti umani e hanno offerto di fare da mediatori per risolvere la crisi in atto. L’ONU ha anche posto l’attenzione sull’importanza di un’indagine svolta in modo imparziale per ottenere la verità sui manifestanti uccisi nelle proteste.
Il precedente presidente del Perù, Castillo, rimasto in carica per meno di due anni, era stato destituito dal Parlamento dopo che aveva illegalmente tentato di rovesciare il Congresso. La sua deposizione ha poi generato un’indignazione generale nella popolazione. I manifestanti sono così scesi in piazza e da oltre un mese protestano chiedendo a gran voce le dimissioni dell’attuale presidente in carica, Boluarte. Non solo, vorrebbero anche lo scioglimento del Congresso, una revisione della Costituzione e il rilascio di Castillo che ora si trova detenuto in carcere.
Ieri proprio l’ex presidente su Twitter aveva scritto che coloro i quali sono rimasti uccisi “per difendere il paese dalla dittatura golpista” non saranno mai dimenticati.
Nel frattempo, in attesa del processo a suo carico, rimane in prigione privato della sua libertà. L’indagine a suo carico è per incitamento alla ribellione e cospirazione, accusa che ha però rigettato.
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