Il Perù ha visto domenica nuove proteste a Lima che hanno portato in piazza la popolazione stremata. La Nazione intera si appresta a contrastare il presidente Castillo che è accusato di aver aggravato ulteriormente la crisi che sta già schiacciando il Paese.
Ieri la città di Lima è stata nuovamente teatro di una protesta dove centinaia di persone si sono scagliate contro il leader Castillo che, nonostante sia stato nominato democraticamente, è ritenuto colpevole di aver peggiorato la condizione economico-sociale di una popolazione che proviene da anni di instabilità politica e dalla pandemia che ha reso la situazione tragica.
Il Perù sta vivendo da mesi una situazione complicata, che rischia di sfociare in una delle crisi più importanti mai vissute dal Paese. Una popolazione che si è sempre dedicata alle attività agricole e al bestiame sfruttando le ampie zone verdi rurali all’esterno delle grandi città. Ovviamente nelle città si sono sviluppate le attività comuni a tutti i grandi centri del mondo. La differenza tra gli abitanti delle città e quelli della periferia è molto evidente, ma resta una scelta personale dell’individuo.
La Nazione è stata messa a dura prova negli ultimi anni dalla pandemia da COVID-19 che ha provocato un’ondata di impoverimento economico e sociale creando un malcontento crescente. L’aumento dei prezzi che ha toccato sia l’ambito alimentare sia quello del carburante ha dato al popolo la motivazione per cominciare a manifestare.
Nel 2021 è subentrato il presidente Pedro Castillo, quando il paese proveniva da cambi repentini di governo. Basti pensare che prima dell’elezione dell’attuale leader di sinistra si sono susseguiti quattro presidenti in cinque anni. La sua nomina è stata ottenuta democraticamente, per pochi voti, ma è comunque riuscito a battere la candidata di destra.
Il suo mandato è iniziato in un duro periodo per la popolazione, che aveva però riposto in lui molte speranze. Ma la mancanza di esperienza, si tratta di un ex insegnante, ha provocato il caos all’interno del governo. In soli sei mesi dall’inizio dell’incarico, Castillo ha cambiato oltre 20 ministri e costretto tre primi di loro a lasciare l’incarico.
Questa situazione ha generato instabilità maggiore e il nervosismo è aumentato a dismisura. I beni di prima necessità sono carissimi e anche i fertilizzanti sono arrivati a costi insostenibili. Il tutto è degenerato con l’inizio del conflitto in Ucraina che ha portato ulteriore crisi.
Anche l’aver lasciato che il Perù accettasse l’ingresso di multinazionali interessante alle materie prime ha provocato malcontento. Sono stati causati dalle stesse aziende disastri ambientali in un luogo che, prima di allora, si presentava ancora equilibrato a livello ambientale.
Il presidente del Perù Castillo è stato scagionato di recente dal secondo impeachment che aveva avanzato la destra nei suoi confronti. Era stato chiesto un procedimento da parte dell’opposizione per ‘incapacità morale permanente‘, che comprende mancanze in ambiti differenti. Il Parlamento, però, non ha raggiunto il numero necessario – che era 87 – per portare avanti le accuse e destituire il presidente.
Il popolo in difficoltà non ha preso di buon grado questo secondo rifiuto in due mesi ed è sceso in piazza nella capitale Lima contro di lui e il suo governo. Gli scontri hanno preso una piega decisamente violenta e la polizia è intervenuta con gas lacrimogeni. Questo perché la folla stava cercando di forzare le barriere protettive poste davanti al palazzo del governo.
Una situazione che preoccupa le autorità che hanno timore possa scaturire una vera e propria guerriglia all’interno di una nazione già ferita. I cittadini del Perù non hanno intenzione però di accettare ulteriori soprusi e lottano contro i rincari e per poter lavorare e avere una vita normale.
L’economia peruviana è sempre stata vincolata dai regimi autoritari che hanno governato a lungo il paese, condizionandolo anche nei rapporti con gli altri Stati. Il turismo e la cultura rappresentano un grande tesoro e le rovine storiche così come Machu Picchu sono stati valorizzati già da tempo ma, nello stesso momento, le campagne rurali, che per molti contadini rappresentavano la vita quotidiana, sono state impoverite permettendo a imprese di violare, senza scrupoli, un terreno fino ad allora sano.
I peruviani sono stati privati della loro ricchezza che tra l’altro rispettavano e accudivano presentando un valore che è di tutti. Migliaia di pescatori hanno perso il lavoro dopo gli sversamenti in mare di petrolio e dai tantissimi incidenti degli ultimi anni. Ora la mancanza di beni di prima necessità e il loro costo proibitivo, nel caso qualcuno riesca a trovarli, ha riacceso la miccia che in realtà non era del tutto spenta.
Il popolo vorrebbe soltanto un governo stabile e relativamente onesto che pensi ai bisogni primari. Non chiede grandi cose e nel corso degli anni i peruviani hanno dimostrato potenzialità di adattamento anche ai regimi più duri ma traendo il positivo nonostante tutto. Sembra però che non siano disposti a cedere ora che si parla di diritti essenziali e primari. E le proteste in Perù sembrano destinate ad aumentare.
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