Da sempre in prima linea per la salvaguardia del mare, l’associazione Greenpeace scende in campo contro la pesca intensiva: migliaia di attivisti e cittadini, in occasione della settimana d’azione promossa da Greenpeace, lanciano il grido d’allarme puntando il dito contro i mega pescherecci responsabili dell’impoverimento dei mari, che rappresentano una minaccia non solo per alcune specie ittiche come il tonno rosso, ma anche per le famiglie di piccoli pescatori, sempre più strette nell’angolo dagli interessi delle multinazionali.
Dalla sopravvivenza dei pesci dipende il futuro dell’umanità, e oltre venti Paesi di tutti e cinque continenti si uniscono al grido d’allarme di Greenpeace, come sottolinea un comunicato dell’associazione: ‘Dai pescatori senegalesi che mostrano uno striscione con scritto ‘La pesca eccessiva ci danneggia’ a quelli delle Filippine, dall’iniziativa in strada in Australia a quella nel mare in Italia delle marinerie toscane di Talamone, Santo Stefano e Marina di Grosseto, testimoni del declino che sta colpendo il mare e la loro stessa professione‘, tutti uniti per chiedere il rispetto delle norme e degli impegni formalmente presi ad esempio dai ministri della pesca dell’Ue, suggellati con la Riforma della Politica Comune della Pesca, in cui si è promesso di ‘garantire la fine della pesca eccessiva e il sostegno ai pescatori che hanno un basso impatto sull’ambiente‘, ricorda Serena Maso, responsabile Campagna Mare di Greenpeace Italia, la quale sottolinea come ‘oltre al mare, ai fondali e alle risorse ittiche, questi mega pescherecci danneggiano anche i piccoli pescatori artigianali che utilizzano metodi di pesca sostenibili e rappresentano la stragrande maggioranza della flotta peschereccia europea‘.
A sostengo della propria campagna, Greenpeace qualche settimana fa ha rilasciato un rapporto intitolato Monster Boats, flagello dei mari, in cui si denunciano venti di questi grandi pescherecci che con i loro metodi distruttivi di pesca, oltre che per la grandezza delle dimensioni, sfruttano le risorse marine fino a depauperare quei luoghi. Secondo l’associazione, ‘oggi oltre il 10 per cento delle popolazioni mondiali dipende dalla pesca per il proprio sostentamento, ma recenti studi scientifici hanno evidenziato che il 90 per cento degli stock ittici mondiali è pienamente o eccessivamente sfruttato, e serve pertanto stabilire dei limiti alla pesca e regole efficaci per garantire il recupero degli stock ittici ormai al collasso‘. Stabilire nuove regole e rispettare quelle già vigenti consentirebbe una piena sopravvivenza dei mari e degli oceani, e bilancerebbe un’economia mondiale sproporzionata sulla pesca eccessiva di pochi grandi ‘mostri del mare’.