Si alza ancora la tensione tra Russia ed Occidente riguardo la minaccia atomica aizzata da Putin e stavolta è l’ex capo della CIA David Petraeus ad avvertire il Cremlino che la risposta U.S.A. sarebbe immediata e commisurata.
Petraeus è un generale statunitense che ha lungamente svolto servizio nel teatro mediorientale, occupandosi principalmente di Iraq e Afghanistan; sotto la presidenza Obama, tra il 2011 ed il 2012, è stato direttore della CIA, l’agenzia di spionaggio a stelle e strisce.
Dopo l’inaspettata, per portata e penetrazione, controffensiva ucraina, la quale ha liberato ampie zone originariamente sotto il controllo di Kiev, il Cremlino è corso ai ripari attraverso il tentativo di ammantare l’invasione con un’aura di legalità mediante dei referendum posticci.
L’ultimo azzardo del leader russo Vladimir Putin riguarda la possibilità di utilizzare ordigni atomici nel contesto ucraino qualora le zone assoggettate da Mosca e formalizzate come territorio russo nei referendum farsa degli scorsi giorni venissero attaccate dalle truppe di Kiev.
Tale minaccia, che indica un cambio di narrazione importante riguardo lo sdoganamento degli ordigni nucleari per ragioni offensive e di aggressione (non più solo in funzione deterrente e dissuasoria verso i nemici esterni), viene monitorata seriamente dall’Occidente, Stati Uniti in testa.
Molti osservatori ritengono la sfida di Putin il segno del progressivo indebolimento del leader ex KGB, il quale sarebbe conscio degli effetti per il proprio Paese dello sgancio di un ordigno atomico (le conseguenze per la reputazione nazionale e le alleanze sarebbero devastanti), eppure sventolerebbe tale pericolo in funzione psicologica per terrorizzare le cancellerie occidentali ed inibirne una risposta coesa ed equivalente.
Proprio perché ciò non accada si susseguono le dichiarazioni, principalmente NATO e statunitensi, che invece ribadiscono proprio la linea dura e l’intervento intransigente contro l’atto criminale russo.
L’ex capo della CIA Petraeus ha difatti affermato che un attacco atomico sarebbe un atto troppo radicale per non prevedere una risposta statunitense. Questa non sarebbe necessariamente di tipo nucleare, anche perché obiettivo di Washington sarebbe evitare una escalation in quell’ambito; tuttavia si imporrebbe comunque la necessità di dimostrare a Mosca che il proprio comportamento terrorista non sarà in alcun modo tollerato.
Naturalmente la reazione U.S.A. si modulerebbe in base alla criminosità dell’attacco nucleare russo, continua Petraeus: qualora Putin dovesse sganciare sul suolo ucraino una bomba atomica tattica (potenziale di distruzione ridotto), la scelta più probabile se si arrivasse ad una tale soluzione bellica, gli U.S.A. non utilizzerebbero un missile nucleare, ma procederebbero all’eliminazione delle truppe convenzionali russe presenti in Ucraina (compresa la Crimea) e all’affondamento della flotta putiniana a largo del Mar Nero.
Insomma continua il lancio di reciproche ritorsioni e prove di forza muscolare tra i due ex blocchi imperiali della Guerra Fredda: una riproposizione vintage di cui avremmo forse tutti fatto volentieri a meno.
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