Il Veneto reagisce all’emergenza Pfas nelle acque e adotta i limiti più bassi al mondo per la presenza delle sostanze inquinanti nell’acqua potabile. L’annuncio è arrivato in via ufficiale tramite un comunicato della Regione Veneto: il governatore Luca Zaia, gli assessori Gianpaolo Bottacin e Luca Coletto (rispettivamente all’Ambiente e alla Sanità) e il Direttore Generale di Arpav Nicola Dell’Acqua hanno emesso una direttiva, già approvata e quindi ufficiale, per limitare la presenza delle sostanze inquinanti a 90 nanogrammi per litro, intesi come somma di Pfoa e Pfos, considerando il limite di 30 nanogrammi per litro come concentrazione massima di Pfos. “Il Veneto ha deciso di applicare i limiti più drastici esistenti al mondo rispetto all’inquinamento dell’acqua potabile da sostanze perfluoro-alchiliche”, ha chiarito alla stampa Zaia, rilanciando la polemica col governo.
Il Veneto dunque corre ai ripari per porre un freno al disastro ambientale e ai danni alla salute dei cittadini causati da Pfas e affini. Il caso della Miteni di Trissino, nel vicentino, che vi avevamo già raccontato, è di una tale portata che non si poteva più ignorare.
Da qui la scelta di intervenire in autonomia rispetto al governo centrale. Oltre al limite generale di 90 nanogrammi per litro, per la “zona rossa”, che comprende oltre 200mila abitanti nelle province di Vicenza, Verona e, in parte minore, Padova, è stato fissato un limite-obbiettivo per i Pfoa di 40 nanogrammi per litro.
Secondo quanto ricorda il comunicato emesso dalla Regione, per il “principio di precauzione” viene anche abbassata a 300 nanogrammi per litro la somma degli altri Pfas “a catena corta” (quindi ad esclusione di Pfos e Pfoa), anche se ancora nessun Paese al mondo ha posto questo limite specifico.
“Il Veneto sarà l’unica Regione d’Italia, tra delle varie coinvolte, checché ne dicano i ministeri, ad avere suoi limiti volti alla difesa della salute dei suoi cittadini. I limiti più stretti del mondo: di più di quelli, nazionali, della Germania, della Svezia, e di quelli del New Jersey“, ha insistito Zaia.
Il governatore ha così voluto lanciare un altro attacco al governo che già aveva accusato di lentezza e di non aver voluto “una legge nazionale sui limiti dell’inquinante”. La replica della ministra Beatrice Lorenzin non si era fatta attendere. “A dicembre dovrebbe arrivare una direttiva europea che attendiamo tutti che tenderà a uniformare, come abbiamo chiesto, i parametri Pfas nelle acque per tutti i Paesi europei”, ha chiarito la titolare del dicastero definendo la polemica “inutile”.
Pfas non solo in Veneto
Non solo. Zaia ha sottolineato come il Veneto non sia l’unica Regione a dover fare i conti con l’inquinamento da Pfas. Come ha ricordato l’assessore Bottacin, lo studio del CNR del 2013, lo stesso che portò alla luce l’emergenza veneta, riscontrò “in acquedotti di una città non veneta ben 120 ng/l di Pfos, la sostanza più pericolosa della famiglia Pfas (in Veneto il limite è 30 ng/l)”. L’assessore si riferisce a Lodi che però, secondo l’autore dello studio Stefano Polesello del Cnr intervistato dal Corriere Veneto, è un caso a parte, visto che l’alta concentrazione di Pfas fu dovuto a un incendio. Ciò non toglie che ci siano altre zone a rischio.
Comer ricordò Repubblica, citando lo studio del Centro Nazionale di Ricerche, tra i luoghi segnalati per l’alta presenza di Pfas ci sono Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa, dove ci sono molte concerie; il sottobacino Adda-Serio in Lombardia; l’area del Bormida, nel savonese, e del Tanaro, in Piemonte, dove finiscono gli scarichi degli impianti chimici di Spinetta Marengo, e infine “all’intera asta del Po da Torino a Ferrara”. Qui trovate la mappatura della presenza di Pfas in Italia fatta dal Cnr [PDF]
Pfas nel sangue degli adolescenti
Con lo scoppio dell’emergenza, la Regione ha dato il via al “Piano di sorveglianza sulla popolazione esposta ai Pfas”, un monitoraggio sulla presenza di Pfas nel sangue per i cittadini dai 14 ai 65 anni residenti in uno dei dodici Comuni della cosiddetta “Area Rossa A”, realizzata sulla base di parametri di contaminazione delle acque superficiali e profonde.
I primi risultati sui più giovani resi noti sono stati sconcertanti: nel sangue degli adolescenti si sono trovati livelli di Pfas di 15-20 volte il limite normale.
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