I paesi dell’Unione Europea valutano alternative per svincolarsi dal gas russo e utilizzare altre fonti come il carbone.
La Commissione europea ha pubblicato un piano per dare un taglio alla dipendenza dell’UE dal gas russo: è stata proposta, nello specifico, una raccolta da 20 miliardi di euro per permettere ai paesi di utilizzare la riserva di carbone e svincolarsi dalla fornitura russa.
Riduzione dei consumi e opzione carbone: questa la proposta dell’UE per svincolarsi dalle forniture russe di gas, basandosi su una riserva che di carbone, attivata a partire dal 2019, quando ancora non era scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina e il rifornimento di gas non era ancora un problema. Al tempo, fu messa in atto per fronteggiare un problema di offerta eccessiva che – da anni – pesa sui prezzi del carbone.
La Danimarca ha elaborato una controproposta al piano elaborato dalla Commissione in cui si afferma che tratta il mercato del carbone come una “macchina da stampa per soldi” piuttosto che considerarlo come una strada valida al fine di tenere sotto controllo e ridurre, di conseguenza, le emissioni di gas.
Gli esperti hanno espresso perplessità circa il piano della Commissione che punta a prelevare 20 miliardi di euro dalla riserva di stabilità del mercato del carbonio dell’UE per finanziare una manovra da 300 miliardi di euro atta a liberare l’Europa dalla dipendenza instaurata, per anni, dalla Russia e dai suoi combustibili fossili.
La proposta danese è stata presentata ai ministri dell’Economia e delle finanze dell’UE martedì 12 luglio. Sei paesi dell’UE hanno al piano danese, mentre 14 sono propensi a vagliare diverse alternative alla proposta della Commissione.
Da quando è entrata in vigore tale riserva, i prezzi dei permessi legati all’emissione di carbone sono aumentati, raggiungendo 100 euro per tonnellata dall’inizio del 2022.
La Danimarca ha messo sul tavolo una proposta, che prevede di attingere al Fondo europeo per l’innovazione, un fondo costituito dalle entrate del mercato del carbonio che dovrebbe aumentare di valore nei prossimi dieci anni.
Secondo il documento danese, la direttiva europea, attualmente in vigore, riserva i ricavi di circa 450 milioni di quote al Fondo per l’innovazione. Tenendo ben chiaro l’aumento del prezzo delle quote di carbonio, il fondo dovrebbe arrivare a oltre 55 miliardi di euro tra il 2021 e il 2030, ovvero “ quasi 20 miliardi di euro in più del previsto ” secondo quanto si apprende dalla proposta elaborata dalla Commissione.
Un terzo dell’impronta di carbonio dell’UE è dovuta alle sue importazioni, secondo l’analisi pubblicata dall’INSEE il 20 luglio. Gli europei – secondo quanto emerge dallo studio – emettono 1,5 volte più gas serra pro capite rispetto alla media mondiale. Un terzo dell’impronta di carbonio dell’UE è dovuto alle importazioni.
Calcolata a livello di paese, sommando le emissioni legate alla produzione nazionale, le emissioni dirette delle famiglie, oltre a quelle legate alle importazioni, la carbon footprint permette di misurare la quantità di GHG emessa per soddisfare i consumi degli abitanti.
“Dato che i paesi avanzati hanno delocalizzato la loro produzione, l’impronta di carbonio ci consente di non concentrarci solo su ciò che viene prodotto sul territorio nazionale”, spiega Mathieu Lequien, responsabile della divisione studi macroeconomici dell’INSEE.
Secondo gli esperti, un terzo dell’impronta di carbonio dell’UE è dovuto alle sue importazioni. In relazione al numero di abitanti, ciò equivale a 11 tonnellate di CO2 per europeo, considerando i dati del 2018, contro le 21 degli Stati Uniti e le 8 tonnellate della Cina.
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