Il governo Meloni sta pensando di attuare una mini riforma delle pensioni, utilizzando un budget di un miliardo che verrà messo a disposizione nel 2023.
Stiamo parlando della Quota 41, una legge che verrà accompagnata poi da un limite anagrafico che non va oltre 62 anni. Ecco quali sono le varie ipotesi messe sul tavolo.
Il nuovo piano del governo Meloni
Ormai manca poco tempo per organizzare un piano pensionistico per il 2023. Infatti, tra poco più di due mesi, saremo inoltrati nel nuovo anno, un periodo in cui non ci saranno più le vecchie riforme poiché non c’è stato nessun intervento da parte del governo.
Gli unici canali di uscita dal lavoro saranno quelli stabiliti dalla legge Fornero che permette agli uomini e alle donne di andare in pensione a 67 anni con 20 anni di contributi alle spalle per ottenere la pensione di vecchiaia oppure con 42 anni e 10 mesi per utilizzare la pensione anticipata.
Manca pochissimo tempo quindi per effettuare una riforma sulle pensioni anche se è necessario sapere che dovrà comunque essere fatto qualcosa per evitare una specie di “scalone” che andrà a penalizzare molto la situazione attuale.
Sembra infatti che in previsione vi sia la riforma Quota 41, che è abbastanza diversa dal piano pensato inizialmente. Purtroppo però il tempo stringe e il governo Meloni ha pochissimo tempo per agire anche se poco alla volta la situazione appare essere sempre più chiara.
Le pensioni verso Quota 41
Prima di inoltrarci nell’argomento è bene sapere che il termine Quota 41 è stato molto utilizzato all’interno dell’ultima campagna elettorale.
Infatti, nel corso del dibattito pubblico, si è fatto riferimento ad un meccanismo che andava a sommare l’età anagrafica insieme agli anni di contributi.
Per il momento però non è prevista nessuna strada di uscita anticipata in quanto il tutto si basa soltanto sui contributi maturati nel corso degli anni.
Si tratta quindi di un piano che permette ai lavoratori che hanno almeno 42 anni e 10 mesi di contributi versati e alle donne che hanno 41 anni e 10 mesi di contributi alle spalle, di andare in pensione.
Inoltre, tutti coloro che sono iscritti all’INPS hanno la possibilità di andare in pensione anticipata tenendo sempre presente tali requisiti.
Quindi, con il termine Quota 41 si intende la diminuzione dei tempi di attesa di un anno e 10 mesi per gli uomini e di soli 10 mesi per le donne.
Attraverso Quota 41 coloro che hanno iniziato a lavorare fin da giovani potranno andare in pensione ad un’età non troppo avanzata. Per esempio, se un soggetto si è inserito nel mondo del lavoro a 16 anni ha la possibilità di andare in pensione a soli 57 anni.
In questo modo si va anche incontro ad una situazione più difficile per i conti pubblici. Teoricamente nessuno si è opposto a Quota 41 anche se si tratta di un qualcosa che, in base a quanto afferma l’INPS, potrebbe costare più di 4 miliardi nel corso del primo anno e, in seguito, arrivare a toccare la cifra di 9 miliardi durante l’ultima annualità di un percorso di 10 anni.
Una proposta che sembra essere poco sostenibile se si pensa alle stime ufficiose.
I limiti di età per quota 41
Per il momento sembra che il governo sia intenzionato a non andare oltre la cifra di un miliardo di euro per il 2023.
È da qui che parte l’ipotesi che, durante la prima fase di Quota 41 venga soddisfatto almeno un requisito anagrafico, ossia un’età che non vada oltre i 62 anni.
Un vincolo che sembra però non essere presente per determinate categorie di lavoratori. Con il passare degli anni questo paletto diventerà poi sempre più flessibile così che si possa imporre il pensionamento anticipato con soltanto 41 anni di versamenti senza tener conto degli anni del soggetto in questione.
Ovviamente per il momento si tratta soltanto di ipotesi in quanto sul tavolo si sono anche altri scenari. Tra questi troviamo la Quota 102-103 di cui si è discusso a lungo anche nei giorni passati che sembra non avere dei requisiti molto rigidi ma semplicemente una soglia anagrafica a 62 anni.
Esiste poi l'”Opzioni tutti” che prevede un meccanismo simile a quello di Opzione donna riflettendo però questa situazione anche agli uomini.
Si tratta di un qualcosa che dà la possibilità ad ogni lavoratore di ottenere il pensionamento a 62 anni di età con 35 anni di contributi versati.
Non manca poi una proposta vecchia fatta da Fratelli d’Italia che potrebbe rivedere la luce ancora una volta, ossia quella di andare in pensione a 62 anni dopo aver versato 35 anni di contributi.
Quota 41, una realtà che esiste già per alcuni
È molto importante però precisare che Quota 41 esiste già da un po’ di tempo anche se si tratta di un qualcosa che viene utilizzato soltanto da poche persone.
Si tratta infatti di un tipo di pensionamento riservato ai lavoratori che, fino al 31 dicembre del 1995, hanno almeno 12 mesi di versamenti prima di aver compiuto 19 anni e che attualmente si trovano in determinate condizioni.
Stiamo parlando di una situazione in cui i soggetti sono:
- disoccupati che non percepiscono da almeno tre mesi l’indennità di disoccupazione;
- da coloro che da più di 6 mesi hanno un familiare con un grave handicap;
- dagli invalidi civili che hanno almeno il 74% di invalidità;
- da coloro che hanno portato avanti delle attività usuranti o mansioni molto gravi per 7 anni nel corso degli ultimi 10 anni.