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Ricorre in questi giorni il 25esimo anniversario della strage di piazza Tienanmen, doloroso episodio di violenza avvenuto a Pechino il 4 giugno del 1989. In quell’occasione molti manifestanti che chiedevano riforme democratiche furono uccisi dall’esercito cinese su ordine del governo di Deng Xiaoping. La protesta, nata per denunciare l’instabilità economica e la corruzione politica dello stato cinese, fu soppressa nel sangue. Simbolo della rivolta è considerato il Rivoltoso Sconosciuto, uno studente che, da solo e completamente disarmato, si piazzò davanti a una colonna di carri armati per fermarli: le fotografie che lo ritraggono sono popolari nel mondo intero e sono per molti un simbolo di lotta contro la tirannia. Il giovane studente Wang Weilin venne poi ucciso insieme ad altri dissidenti.
La protesta di piazza Tiananmen iniziò da una dimostrazione studentesca svolta nella città di Pechino (Beijing in cinese) capitale della Repubblica popolare Cinese tra il 15 aprile e il 4 giugno 1989.
La protesta, nata per denunciare l’instabilità economica e la corruzione politica dello stato cinese, fu soppressa con la violenza da parte del governo, sotto il controllo del Partito Comunista Cinese.
Nella repressione persero la vita centinaia di persone, anche se non è mai stato possibile stabilirne il numero preciso. Il numero dei morti stabiliti varia tra i 200-300, secondo i dati governativi, e i 2.000-3.000 (dati delle associazioni studentesche e della Croce Rossa cinese).
Le stime più alte parlarono di 7.000-12.000 morti. Organizzazioni non governative come Amnesty International hanno denunciato che, ai morti per l’intervento, vanno aggiunti i giustiziati per “ribellione”, “incendio di veicoli militari”, ferimento o uccisione di soldati e reati simili.
La protesta studentesca cominciò nell’aprile del 1989, fu scatenata dalla morte di Hu Yaobang, il vicesegretario generale del partito. Hu era considerato una persona dalle idee liberali e fu obbligato alle dimissioni da parte di Deng Xiaoping: ciò venne giudicato molto negativamente da molte persone, specialmente da parte degli intellettuali.
In occasione dei funerali di Hu un vasto gruppo di studenti si recò in Piazza Tiananmen, chiedendo d’incontrare Li Peng, oppositore politico di Hu, ma questi non volle ascoltare le loro richieste. A quel punto gli studenti proclamarono uno sciopero generale all’università di Pechino.
Il 4 maggio circa 100.000 persone marciarono nelle strade di Pechino, chiedendo più libertà nei media, un dialogo formale tra le autorità del partito e una rappresentanza eletta dagli studenti. Il governo rifiutò la proposta di dialogo. Il 13 maggio un folto gruppo di studenti occupò Piazza Tiananmen, cominciando uno sciopero della fame. I manifestanti innalzarono al centro della piazza un’enorme statua, alta 10 metri, chiamata Dea della Democrazia, in polistirolo e cartapesta.
Il 20 maggio il governo dichiarò la legge marziale, tuttavia la protesta continuò. Dopo questa delibera dei leader del partito, fu ordinato l’uso della forza per risolvere la crisi. Nella notte tra il 27 e il 28 l’Esercito di Liberazione Popolare, con i carri armati, attaccarono gli studenti e i lavoratori nelle strade di Pechino. La repressione portò a morti sia tra i civili che tra i militari.
Oltre la citata enorme statua, simbolo della rivolta è considerato il Rivoltoso Sconosciuto che in totale solitudine e completamente disarmato affrontò una colonna di carri armati. Wang Weilin, lo studente che fermò i carri armati in piazza Tienanmen venne poi ucciso insieme ad altri manifestanti dissidenti.
Come ogni 4 giugno, invece, il governo cinese censura, in particolare su internet, ogni riferimento a Tienanmen.
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