La commissione antimafia comunica una possibile svolta sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini, un caso ancora non risolto dopo decenni. Ecco le novità che coinvolgerebbero alcune pellicole rubate.
Potrebbe esserci un’importante novità nelle indagini sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini, l’intellettuale e regista che venne ucciso il 2 novembre 1975.
Ad oggi, le ipotesi sulla sua morte non sono ancora chiare ma la Commissione Antimafia ha comunicato una svolta: dietro la tragedia potrebbero nascondersi i furti di alcune pellicole, in cui sarebbe stata coinvolta la Banda della Magliana.
Pier Paolo Pasolini è stato uno dei più grandi scrittori, intellettuali e registi della storia del nostro Paese, che purtroppo morì a 53 anni, brutalmente ucciso.
Per la sua morte è stato condannato Giuseppe Pelosi, diciassettenne all’epoca.
Dopo anni di carcere e libertà condizionata, è morto nel 2017 ritrattando la sua versione dei fatti e lasciando nell’ombra numerosi dettagli della tragedia.
La Commissione Antimafia che continua a indagare sull’omicidio di Pasolini ha rivelato una novità: dietro l’assassinio ci sarebbero dei furti di alcune pellicole del regista, in quegli anni ancora in produzione.
Secondo quanto riportato, Pier Paolo Pasolini quel giorni di novembre 1975, arrivò all’Idroscalo di Ostia proprio per poter recuperare le pellicole del suo film “Salò e le 120 giornate di Sodoma”.
Un’ipotesi che secondo l’Antimafia potrebbe coinvolgere un gruppo malavitoso molto importante all’epoca, ovvero la Banda della Magliana.
Nonostante sia tardi per soluzioni giudiziarie ad oggi, questa scoperta secondo la Commissione è importante a livello storico. Nella relazione depositata si legge:
Resta utile, in prospettiva storica, che le ricerche sul movente e sulle modalità dell’aggressione che causarono la morte di Pasolini, entrambe mai chiarite, siano eventualmente riprese alla luce dei pur embrionali rilievi emersi dalla attività della Commissione di inchiesta
Il 2 novembre 1975, una donna trovò il corpo dell’intellettuale Pier Paolo Pasolini inerme, sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia.
Riconosciuto successivamente dall’amico Ninetto Davoli, Pasolini pare fosse stato picchiato e travolto più volte da un’automobile.
Responsabile della morte del regista, secondo le indagini che portarono a lui, Pino Pelosi, un ragazzo che all’epoca aveva 17 anni.
Pelosi affermò durante l’interrogatorio di essere stato avvicinato da Pasolini nei pressi della Stazione a Termini, invitato poi a salire in auto dietro remunerazione in denaro.
Dopo di che, il ragazzo dichiarò di essere andato a cena con lo scrittore e poi insieme si sarebbero recati alla periferia di Ostia.
Secondo il rapporto del tribunale, i due litigarono molto ferocemente e il giovane Pelosi, con un bastone lo avrebbe ripetutamente picchiato e poi, brutalmente, lo avrebbe investito con l’auto fino alla morte.
Molti sono stati i dibattiti sulla morte di Pier Paolo Pasolini, tantissime teorie del complotto, soprattutto sul fatto che il racconto del presunto colpevole non era attendibile.
Anche Oriana Fallaci, all’epoca, scrisse un pezzo che teorizzava l’aggressione a Pasolini da parte di due persone e non una sola.
Nel 2005, poi, Pino Pelosi ritrattò la sua versione, dicendo di non essere stato lui l’artefice dell’assassinio ma bensì tre aggressori che avrebbero insultato il regista perché omosessuale.
Il caso è stato più volte riaperto ma, ad oggi, sul caso di Pier Paolo Pasolini aleggia ancora un’ombra di dubbi e incertezze, difficili da sanare.
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