Lo scorso sei agosto un avvocato stava mingendo al Parco Sempione a Milano, non era riuscito a trattenersi per via di un problema di salute, ma una pattuglia di poliziotti lo ha fermato – e a quanto pare percosso con uno schiaffo – arrestandolo (ma il giudice non aveva convalidato il fermo) per atti osceni in luoghi pubblici. Si pensava a un maniaco atto a masturbarsi vicino a un luogo frequentato anche da bambini. Ma la realtà è saltata fuori e l’innocenza del legale ora potrebbe portare a falso e calunnia per gli agenti della Volante che sono intervenuti piuttosto veementemente. Una storia al limite del paradossale, che però è reale ed è stata di recente sottoposta all’attenzione pubblica. Scopriamone di più.
Dando un’occhiata al verbale d’arresto dello scorso 6 agosto si può leggere che mentre la Volante transitava in viale Milton verso via Pagano a Milano, veniva avvistato un uomo con i pantaloni abbassati che, testuali parole “stava ponendo in essere l’arte della masturbazione, incurante del passaggio di bambini nel Parco Sempione”. Quando i poliziotti hanno proceduto a “chiedere al reo di desistere dal fare illecito”, questi “decideva di darsi a repentina fuga”. Avveniva dunque un inseguimento “lungo tutto il Parco fino al raggiungimento della Stazione Cadorna”. Una scena quasi cinematografica.
Il fatto capitato lo scorso agosto
L’uomo veniva dunque fermato nell’androne del palazzo del proprio studio legale, proprio in Piazza Cadorna. La vicenda è proseguita con il fermo che però non è stato convalidato il giorno dopo – 7 agosto – dal giudice Giuseppe Vanore che aveva appurato alcune stranezze nella vicenda e nel verbale con la verità che non è tardata a salire a galla visto che l’avvocato era stato colto da un bisogno irrefrenabile di mingere al quale non aveva potuto desistere per problemi fisici.
i colleghi che lo hanno rappresentato – Piero Magri e Alessandro Racano – hanno presentato tutte le dovute cartelle cliniche per dimostrare il tutto. È inoltre emerso che i poliziotti non avrebbero consentito all’uomo di chiamare subito i propri avvocati e altre falsità senza dimenticare la sberla rifilata. Il processo a settembre ha visto l’accusa stessa propendere per l’assoluzione con la giudice Anna Zamagni che andava ad assolvere l’imputato “perché il fatto non sussiste”. Ma la storia non finisce qui visto che ora il poliziotto rischia di vedersi recriminare reati come calunnia e falso.