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Sono 8 i giovani scienziati vincitori dei premi ‘Roche per la ricerca’, per il 2017. Un riconoscimento nato nel 2016 e rivolto ai talenti under 40 della scienza nazionale, che in questa edizione si tinge marcatamente di rosa: infatti 7 degli 8 ricercatori vincenti sono donne, la più giovane ha 30 anni. Il bilancio dei primi 2 anni del premio racconta di oltre 800 progetti di ricerca candidati (490 solo nel 2017). “Abbiamo già finanziato in Italia i progetti di 16 ricercatori che saliranno a 28 con questa terza edizione, per un valore complessivo che supererà i 2 milioni di euro”, rimarca Maurizio de Cicco, presidente e amministratore delegato della società. Inoltre sono state anticipate le novità che caratterizzeranno il nuovo bando 2018.
“Il coraggio di fare ricerca fa parte della nostra cultura ed è alla base del nostro successo da oltre un secolo – continua de Cicco – Siamo convinti che i migliori risultati non si raggiungano da soli, ma sia indispensabile mettere a sistema le risorse e condividere le conoscenze. E’ per questo che, oltre agli sforzi portati avanti ogni giorno per sviluppare le nostre molecole, abbiamo deciso di sostenere da diversi anni la ricerca indipendente convinti dell’enorme valore e della qualità scientifica dei giovani ricercatori italiani”.
Ma vediamo nel dettaglio alcuni dei progetti dei giovani ricercatori premiati in questa edizione, come la 30enne Giulia Siravegna (Fondazione Piemonte per l’oncologia), che lavora alla biopsia liquida per i pazienti con tumore colorettale metastatico, “un approccio non invasivo che prevede l’analisi del Dna circolante che il tumore rilascia nel sangue”. Insomma, con un semplice prelievo del sangue si possono individuare “le alterazioni genetiche del tumore – spiega – e quindi stabilire se il paziente possa essere un buon candidato al trattamento con immunoterapia”. Il premio “è un primo passo come ricercatrice indipendente”, sottolinea.
Punta a colpire la ‘nicchia metastatica’ nel tumore polmonare Giulia Bertolini, 37 anni, che all’Istituto nazionale tumori di Milano indaga il ruolo degli inibitori Cxcr4 e lavora per arrivare un giorno a “poter intervenire quando il tumore è nello stadio iniziale” ed evitare “che si presentino metastasi o recidive a distanza di anni”.
La 35enne Silvia Pesce (università degli Studi di Genova), ha approfondito l’argomento dell’immunoterapia studiando le cellule ‘Natural killer’ (Nk), pedine fondamentali dell’immunità innata nella lotta contro i tumori. Del premio che rappresenta una svolta importante in un momento critico della sua carriera, dice: “Ricevere alla mia età un finanziamento per un progetto di cui sono la Principal Investigator è incoraggiante perché mi permetterà di portare avanti le mie ricerche”.
Michela Lupia, 36 anni (università della Calabria) è approdata all’Istituto europeo di oncologia di Milano dopo una breve esperienza in Olanda. La sua ricerca è sul carcinoma ovarico, uno dei tumori ginecologici con la più alta mortalità. Nel suo mirino le staminali cancerose, con la missione di “renderle un bersaglio per la terapia futura”, indagando su un nuovo bersaglio terapeutico (Cd73). Il premio per lei “è il coronamento di un sogno dopo tanti anni di lavoro: avere fondi propri – sottolinea – da utilizzare per portare avanti la mia ricerca in maniera indipendente”.
Fra le due premiate dell’area Neuroscienze c’è la 37enne Sara Renata Francesca Marceglia, che ha portato una ricerca sul Parkinson. Al Policlinico di Milano con i colleghi sta lavorando a una stimolazione cerebrale profonda ‘intelligente’, che si modula in base alle fluttuazioni dello stato clinico del paziente riducendo “lo ‘stress’ dovuto alla stimolazione elettrica”.
L’altra premiata è la 36enne Flavie Strappazzon (università degli Studi di Roma Tor Vergata) si occupa di sclerosi multipla e punta su 2 obiettivi: “Rallentare il danneggiamento dei neuroni tipico della malattia”, facendo leva sulla mitofagia, “e comprendere meglio le ragioni alla base della maggior incidenza della Sm nelle donne”. Ad attirare questa ricercatrice francese in Italia è stata “la qualità della scienza”, e a trattenerla oggi nel Belpaese nuove sfide nella ricerca ma anche “l’amore e i suoi due figli”.
La sola premiata nell’area Ematologia è infine Teresa Calimeri (ospedale San Raffaele di Milano), 37 anni, che da quando è rientrata in Italia dopo un’esperienza negli Usa al Dana Farber Cancer Institute di Boston ha iniziato a dedicarsi allo studio dei linfomi cerebrali. Il suo sogno scientifico è “riuscire un giorno a identificare precocemente la malattia e far sì che la massa tumorale resti il meno possibile a contatto con il tessuto cerebrale, limitando il verificarsi di danni permanenti”.
L’unico uomo premiato in questa edizione è Davide Maria Ferraris (università del Piemonte Orientale ‘Amedeo Avogadro’), 39 anni. La sua sfida è contro il glioma, tumore cerebrale particolarmente aggressivo. C’è una proteina (l’enzima Aldh1a3) “che ne alimenta lo sviluppo – spiega lo scienziato che è anche co-fondatore di un’azienda attiva nella ricerca in chiave biotech, la Ixtal – e il nostro progetto prevede lo studio di molecole che interagiscono direttamente con questa proteina per inibire la crescita”. Il premio? “Un grande traguardo ma anche un ottimo punto di partenza”, dice.
I progetti di medicina personalizzata premiati in questa edizione sono stati selezionati con un sistema ideato dalla Fondazione Gimbe: “La decisione di Roche di affidare a un’organizzazione esterna e indipendente la valutazione – precisa il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta – ha garantito imparzialità, terzietà e trasparenza. Dopo un primo step volto a verificare i requisiti previsti dal bando, l’adeguatezza dell’ente proponente e la congruenza tra obiettivi e finanziamento richiesto, i progetti che hanno superato questa fase di triage sono stati valutati da coppie di revisori, selezionati tra oltre 300 autorevoli ricercatori, privi di conflitti di interesse sul bando in oggetto”.
I revisori, “in maniera indipendente e in cieco – continua Cartabellotta – hanno valutato la qualità dei progetti tenendo conto di criteri come i potenziali benefici per i pazienti e il Ssn, l’innovatività e così via. Sulla base dei punteggi assegnati dai revisori, oltre che della concordanza dei giudizi, è stata elaborata la classifica finale, da cui sono stati selezionati gli 8 vincitori”. E anche quest’anno Roche ha deciso di lasciare “l’esclusiva titolarità di ogni invenzione o diritto generato nell’ambito del progetto di ricerca agli enti partecipanti”, spiega l’azienda.
Anche per il bando 2018 i progetti (che saranno in tutto 12, 5 in più rispetto a quest’anno) potranno essere promossi esclusivamente da enti pubblici o privati italiani, senza scopo di lucro, e da Irccs e dovranno essere sottomessi direttamente dal sito ‘rocheperlaricerca.it’ a partire dal 14 marzo e fino al 30 giugno. Requisito necessario è che il responsabile del progetto di ricerca (Principal Investigator) debba avere un’età uguale o inferiore a 40 anni.
Aumentano anche le categorie in cui si potrà concorrere, con una new entry: una sezione inedita dedicata al rapporto medico-paziente, che si aggiunge alle tradizionali aree di interesse del premio (oncologia, ematologia, reumatologia, malattie respiratorie, disturbi della coagulazione, neuroscienze). Confermata la collaborazione con la Fondazione Gimbe (Gruppo italiano medicina basata sulle evidenze), a cui è nuovamente affidato il compito di valutazione e selezione dei progetti.
In collaborazione con AdnKronos
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