Quanta plastica c’è nei mari italiani? Da diversi anni ci prova Legambiente a rispondere a questo quesito, grazie all’indagine di Goletta Verde che pattuglia le acque nostrane per testare il grado di inquinamento derivante dalla presenza di rifiuti e microplastiche. Il 10 novembre presso il Museo Civico di Zoologia a Roma si è tenuto il Plastic Free Sea, un evento in cui vengono presentati i dati raccolti durante il monitoraggio, che quest’anno hanno interessato 1500 miglia nautiche, con l’aggiunta di uno screening dei rifiuti in oltre 50 spiagge del Mediterraneo, e altri 10 campionamenti riguardanti la famigerata presenza di microplastiche, che oltre ad inquinare il mare rappresentano un serio pericolo per le specie viventi che ingeriscono involontariamente questi minuscoli residui di rifiuti. Il dato è netto e incontrovertibile: 32 rifiuti per chilometro quadrato.
Per quanto l’idea di isola fatta da resti di plastica come nel Pacifico sia fortunatamente molto lontana dalle nostre coste, negli ultimi anni si registra una costante crescita della presenza di rifiuti nel Mediterraneo, con il serio pericolo che ciò possa provocare danni irreversibili all’intero ecosistema marino, alle biodiversità che ospita, ma anche delle conseguenze nefaste per l’intero comparto economico, pari a 500 milioni di euro l’anno: se non tutti sono sensibili al richiamo della responsabilità individuale per le tematiche ambientali, lo diventano certamente quando ci vanno di mezzo gli interessi legati al profitto, e che in questo caso possono fungere da leva per arrivare ad una maggiore attenzione delle istituzioni dal punto di vista della tutela e della prevenzione dei nostri mari, mettendo in campo delle contromisure efficaci.
La stragrande maggioranza dei rifiuti presenti nelle nostre acque sono teli e buste di plastica, intere e frammentate, concentrate soprattutto nel Mar Adriatico, seguono cassette e frammenti di polistirolo, bottiglie di plastica, reti e lenze, stoviglie di plastica, in tutto il 95 per cento dei rifiuti marini. Il restante 5 per cento è costituito da carta, legno manufatto, metalli, gomma e vetro. Il mare più inquinato è il Tirreno, in particolare il tratto di costa campana tra Mondragone e Acciaroli, segue l’Adriatico, il cui tratto più critico è quello compreso tra Cesenatico e Ancona, e poi lo Ionio.
L’ambizioso obiettivo è quello di raggiungere entro il 2020 un buono stato ecologico per le proprie acque marine, come d’altronde prevede la direttiva europea Marine Strategy rivolta a tutti gli Stati membri, poiché la questione dei rifiuti nel Mediterraneo già adesso sta mettendo a dura prova la flora e la fauna presenti nel nostro ecosistema marino e costiero. La presenza di rifiuti e microplastiche nei mari italiani richiama ovviamente la responsabilità di noi tutti cittadini, che non possiamo scaricare unicamente sulle spalle delle istituzioni politiche, a cui pure spetta l’onere delle scelte più delicate ed importanti dal punto di vista preventivo: per restituire una buona salute ecologica al nostro Mediterraneo ci vuole l’impegno di tutti, Stato nazionale ed enti locali, ma appunto anche cittadini, aziende e associazioni di categoria, che vanno dal mondo della pesca a quello del turismo, affinché questo obiettivo diventi concretamente realizzabile nel più breve tempo possibile.