A scatenare la diatriba l’inserimento, nella parte finale del docufilm incentrato sulla presa del potere da parte del partito fascista, del volto di Giorgia Meloni affiancato ad altri leader della destra contemporanea.
La pellicola del regista irlandese Mark Cousins non è in concorso ma è stata proiettata all’interno della rassegna-evento “Giornate degli autori”.
Il lungometraggio “Marcia su Roma” è basato sul filmato “A noi” che venne girato e pubblicato dal regime mussoliniano nel 1923. L’opera fascista rievoca e propaganda atti ed idee che guidarono le giornate che portarono Benito Mussolini al timone del governo italiano con il placet della monarchia sabauda.
La vicenda del docufilm di Cousins si concentra intorno alla parabola ideologica di una donna: dapprima fervente sostenitrice della dittatura di estrema destra, ne diverrà poi invece assai critica, dato il sostrato di terrore e violenza che contraddistinse il potere fascista.
Sul finale della proiezione, sullo schermo sono comparsi alcuni volti di attuali leader di destra che, a detta dello stesso regista, incarnano figure per certi versi simili nel proprio messaggio politico alla visione del mondo fascista. Ecco dunque l’origine della polemica: sul telone compiano appaiati i volti di Vladimir Putin, Jair Bolsonaro e Giorgia Meloni, tra gli altri.
Al termine della proiezione il regista, l’irlandese Mark Cousins, spiega le ragioni retrostanti alla parte finale della pellicola, indubbiamente un gesto forte e polarizzante.
Prima di tutto l’autore afferma di osservare il contesto italiano e l’operato di Meloni da straniero e di conseguenza con uno sguardo allogeno ed ininfluente a livello di voto.
Questi tuttavia sottolinea la pericolosità delle idee propugnate da Meloni: quest’ultima, secondo Cousins, potrà anche non definirsi fascista e rinnegare apertamente quel periodo storico, eppure le proprie idee e proposte di società sono molto pericolose e richiamano i capisaldi della tradizione fascista. Sarebbe dunque il linguaggio della Meloni, più che la leader in sé, a rappresentare un pericolo per la cittadinanza italiana.
Alla critica che la deputata romana potrebbe eventualmente ottenere il ruolo di premier tramite il regolare processo elettivo democratico, Cousins controbatte ricordando come molti dittatori novecenteschi abbiano ottenuto la funzione di guida della nazione rispettando formalmente il diritto liberal-democratico.
Tutto starebbe nelle storie che quel politico utilizza per raccontare la realtà che lo circonda: visioni manichee, totalizzanti, che distinguono nettamente tra un noi, solitamente migliore, più civile e sviluppato, ed un loro, più retrogrado e barbaro ed al contempo aggressivo ed invasivo.
Una retorica quindi vittimistica per certi versi per il cineasta irlandese per cui i migliori si ergono eroicamente da soli a difesa di valori e stili di vita invidiati da una schiera di inetti che vorrebbero entrarne a far parte, se non proprio sottrarre tali manifestazioni identitarie e culturali, senza avere le qualità per adottarli.
Un modo per invertire i ruoli tra maggioranza e minoranza, rincuorando i più e aumentando l’intolleranza di questi verso forme di vita discordanti percepite così come inammissibili e pericolose.
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