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Dopo i due casi di suicidio che hanno coinvolto due poliziotti nelle ultime due settimane a Napoli, è intervenuto in merito Francesco Palma, segretario regionale della Confederazione Sindacale Autonomia di Polizia (Consap) lanciando un vero e proprio allarme su quella che il sindacalista definisce ”una tragedia nella tragedia, una ecatombe silenziosa, di cui i giornali o le televisioni parlano poco e con un certo imbarazzo: i suicidi tra gli appartenenti alle forze dell’Ordine e dell’Esercito”.
Due poliziotti si sono tolti la vita in meno di 15 giorni a Napoli. Antonio Rega era un agente di Polizia Postale che si è sparato con la pistola d’ordinanza durante il servizio, mentre Vincenzo Russo ha deciso di farla finita e si è tolto la vita all’interno del suo appartamento in via Epomeo, nel quartiere di Soccavo.
Francesco Palma ha voluto ribadire che ci troviamo davanti a una ”strage silenziosa” che rappresenta un ”campanello d’allarme, per iniziare una seria riflessione e porre un argine” al fenomeno.
”Togliersi la vita non interessa mai solo la sfera personale del singolo, ma anche quella sociale e di rapporti personali. Questo vale anche per i suicidi tra i componenti delle forze dell’ordine, che coinvolgono, certo a vari livelli, tutto il gruppo (Polizia, Carabinieri, Polizia Locale etc.), nei suoi rapporti umani e nelle dinamiche lavorative. Accettare il coinvolgimento, seppur in senso lato, delle Istituzioni nei suicidi dei propri dipendenti è difficile e impopolare”.
”Non possediamo dati precisi sull’entità del fenomeno – prosegue Palma, Esercito e Carabinieri hanno delle statistiche Ufficiali (dal 2003 al 2013 ci sono stati 241 suicidi complessivi nell’Esercito, di cui 149 Carabinieri), mentre per la Polizia di Stato, per la Finanza e Penitenziaria non abbiamo dati ufficiali (almeno non ne abbiamo trovate) responsabilità, che dalle misure di prevenzione che andrebbero adottate”.
Palma parla anche dell’aspetto economico che, così come per tanti cittadini che svolgono un lavoro diverso, spesso incide sul disagio vissuto anche dagli appartenenti delle forze dell’ordine: ”La crisi economica ha colpito tutti, anche noi. Quando hai una famiglia, due figli, la casa in affitto o un mutuo da pagare con un solo stipendio (1.300 – 1.600 euro), che nell’immaginario collettivo è uno reddito sicuro, cominci ad impegnare il tuo salario con i prestiti, la cessione del quinto, la rata per pagare l’apparecchio dentale o il calcetto per i bambini. Il famoso stipendio sicuro serve anche per pagare il mantenimento a moglie e figli in caso di divorzi o separazioni e il cappio si stringe pian piano attorno al collo di chi ha anche perso la sua serenità familiare! Tutto nella norma se non fosse che la percentuale dei divorzi per la nostra categoria lavorativa è drasticamente più alta rispetto la media italiana”.
Per non parlare dei ”contrasti con i superiori, in una struttura militare o simil-militare, sono frequenti e sono causa di frustrazioni gravi. Abbiamo un sistema disciplinare formulato negli anni ’80 che prevede ancora punizioni quale la deplorazione (una specie di crocifissione in sala mensa). Per chi non onora i debiti, magari perché con un solo stipendio e tre figli non arrivi a fine mese, la punizione che ti può essere data è una sanzione pecuniaria con la decurtazione di cinque trentesimi dello stipendio! E se hai un attimo di sbandamento psicologico, fosse anche un problema di tristezza più acuta e profonda, fare outing non è semplice. Dichiarare tali problemi significherebbe essere sottoposto a visita medica obbligatoria, con il rischio di essere privato della tua dignità di poliziotto, in alcuni casi anche dello stipendio fin quando il momentaccio non passa! Tutte queste sono possibili concause del fenomeno dei suicidi tra le Forze dell’Ordine, sulle quali si può lavorare”.
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