Nel 2016 si spendevano 18 milioni, nel bilancio statale, per “materiali di armamento, equipaggiamenti e indumenti speciali per l’operatività della Polizia di Stato”. Quest’anno e per il 2018 si scende a 8 milioni di euro. Critiche sono già arrivate dai sindacati, ora si aggiunge la voce dell’Anac (l’Anticorruzione), che ha pubblicato una delibera lo scorso 8 giugno sulla gare da parte del Viminale.
L’Anac ricostruisce ben quattro procedure d’acquisto da parte del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Viminale, riscontrando per ognuna una o più violazioni al codice degli appalti e alle annesse regole di trasparenza e concorrenza. Oltre a una rassegnazione al ribasso massimo che non garantisce prodotti di qualità, ma anzi scadenti. La firma è di Raffaele Cantone.
Sono gli esclusi, naturalmente, quelli che portano alla ribalta la situazione. Segnalazioni all’Anac, che si è mossa e ha cominciato a passare con meticolosità tutte le gare d’acquisto. Su quattro esposti emerge l’anomalo gonfiarsi dei prezzi, la programmazione della spesa non adeguata, la poca trasparenza (per non dire nulla), la concorrenza e rotazione tra le imprese che vengono invitate direttamente alle procedure negoziate dove, spesso, cambiano i capitolati tecnici e di prezzo, danneggiando le ditte che avevano partecipato o che erano state escluse. In alcuni casi, non viene neanche fatta un’ispezione sul mercato per capire se esistono prodotti e materiali migliori, come qualità e come prezzo.
Nella gara per l’acquisto di 2.300 giubbotti antiproiettile, la stazione appaltante si appoggia all’aggiudicatario di un’analoga gara bandita dal Comando generale della Guardia di Finanza. Per l’Anac, però, il criterio d’urgenza che ha permesso di non fare la gara non c’era. Le piastre balistiche scadevano il 31 dicembre del 2014, dunque bisognava reperire in fretta quelle nuove, ma in realtà la scadenza è decennale. L’amministrazione replica: “All’epoca mancavano i fondi”. L’Anac controreplica: “L’estrema urgenza deriva solo dall’inadeguata programmazione della spesa”.
Il Codice dei contratti pubblici, tra l’altro, prevede di evitare la gara in particolari circostanze, ma “non di affidare una fornitura a un operatore economico precedentemente selezionato da un soggetto terzo”. Perché vengono a mancare i criteri di libera concorrenza, parità di trattamento e trasparenza. O meglio, sono quelli utilizzati da un’altra amministrazione.
Pare veramente che alla fine l’unico criterio utilizzato nelle gare sia il prezzo più basso. Se una gara va deserta, le imprese che non avevano i requisiti per partecipare vengono richiamate per riprovare. E la seconda volta ce la fanno. A marzo 2016, fu indetta una gara per 40mila cinturoni; arrivarono sei aziende, via via escluse. Si rifà la gara con le stesse aziende e vince quella che era stata bocciata per “sostanziale incompatibilità funzionale e operativa”, con un ribasso del prezzo del 39,18 per cento.
Alla fine, i nostri poliziotti finiscono per mettersi addosso patacche, magari fabbricate in Cina o in Pakistan. Perché le imprese che vincono l’appalto al collaudo portano i materiali che soddisfano i requisiti, ma quando si arriva alla fornitura consegnano prodotti più economici. I sindacati continuano a lagnarsi. Filippo Bertolami, vice questore, dice: “L’istruttoria dell’Anac descrive un ginepraio di appalti opachi che gli agenti scontano a suon di partite fallate. A Milano, un tizio armato di coltelli ha messo in difficoltà due militari e un poliziotto solo perché non avevano i guanti anti taglio per il corpo a corpo: ci rendiamo conto?”. E ancora: “Gli agenti di Polfer e Polaria hanno da 30 anni le stesse divise. In tutto il mondo, gli agenti delle stazioni sono a rischio attacchi, ma i nostri vanno ancora in giro in giacca e cravatta, scarpine da cerimonia, bottoni dorati e cinturoni con pendagli”.
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