Quello che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere i 5 poliziotti di Verona è uno scenario agghiacciante fatto di calci, pungi e torture. Altre 17 persone indagate
Botte, calci, umiliazioni e torture. I racconti compiaciuti al telefono con la ragazza di uno di loro. Sono solamente alcuni dei dettagli agghiaccianti che emergono dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti dei 5 agenti di Verona.
Un lungo elenco di violenze, metodiche, protratte nel tempo e accompagnate da offese razziste ed intimidazioni.
Gli indagati si scagliavano contro i più deboli, generalmente persone extra comunitarie o clochard. Scrive il gip Livia Magri in un passaggio “questa circostanza ha consentito agli indagati di vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime e dall’altro ha rafforzato la convinzione dei medesimi indagati di rimanere immuni da qualunque conseguenza”, contando sul fatto che nessuna delle vittime avrebbe mai avuto il coraggio e la forza di denunciare.
Si nascondevano l’uno con l’altro, ridevano delle violenze e si vantavano delle botte ogni volta che potevano.
Gli episodi di pestaggio avvenivano lontano dalle telecamere, in quello che veniva chiamato il “tunnel”.
Il modus operandi
Gli agenti si prendevano gioco delle loro vittime, ricorrendo talvolta anche allo spray al peperoncino “solo per il sadico gusto di umiliarle”. Picchiavano i più deboli, trascinandole da una stanza all’altra della Questura, privandole di ogni dignità. Veniva loro negato l’accesso ai servizi igienici. Le facevano urinare a terra per poi costringerle a rotolarsi nella stessa.
Il gip conclude disponendo le misure cautelari nei confronti di coloro che commettevano reati “piuttosto che prevenirli”. “Da tali dialoghi si desume in maniera inequivocabile la consuetudine nell’utilizzo ingiustificato di violenza fisica”.
Tra tutti assume il ruolo di “protagonista” uno degli agenti, Alessandro Migliore. Nell’ordinanza si sottolinea la sua “spiccata propensione criminosa”. In un passaggio della decisone si legge “Il poliziotto si è reso protagonista di reati assai gravi torturando con sadico godimento, in più occasioni e in un arco temporale del tutto contenuto, diverse persone private della loro libertà personale anche semplicemente per l’identificazione, in totale assenza di necessità e con crudeltà”.
Delle sue “gesta” si vantava al telefono con la propria ragazza parlando delle “stecche” sul viso nei confronti delle vittime, dei calci e dei pugni. “Ho caricato una stecca amo’, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto a terra”.
Il commento delle Autorità
“Le vicende che emergono dall’inchiesta di Verona, ove fossero confermate, sarebbero di enorme gravità, lesive innanzitutto della dignità delle vittime ma anche dell’onore e della reputazione di migliaia di donne e uomini della polizia di Stato che quotidianamente svolgono il proprio servizio ai cittadini con dedizione e sacrificio“. A sottolinearlo è stato il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, garantendo che “la magistratura e la stessa polizia di Stato faranno piena chiarezza su quanto avvenuto”.
Anche il questore di Verona, Roberto Massucci, ha commentato la vicenda: “Non possiamo coprire gli abusi. Tutto quello che abbiamo fatto è stato doloroso ma doveroso. Il messaggio che vogliamo dare non deve avere sottintesi: la polizia di Stato non è disponibile a coprire alcun abuso, a maggior ragione quando sono commessi da chi, come noi, dedica la propria vita a difendere i cittadini”.
Oltre ai cinque poliziotti arrestati, nell’inchiesta ci sono altri 17 indagati.