Tutti conosciamo l’eruzione di Pompei del 79 d.C., ora alcuni ritrovamenti confermano che ci fu anche un terremoto.
Non fu solo l’eruzione del vulcano a uccidere gli abitanti dell’area ma anche un sisma concomitante. In queste ore in città sono stati scoperti due scheletri, durante lo scavo nell’Insula dei Casti Amanti. Tali vittime, addebitabili appunto al terremoto, sono state ritrovate nella zona dove anticamente c’era un muro, crollato fra la fase finale di sedimentazione dei lapilli.
L’eruzione del vulcano e la conseguente catastrofe che avvenne a Pompei nel 79 d.C., è forse uno degli eventi storici del nostro Paese più famosi, nonché motivo di visita alla città da parte di turisti italiani e stranieri, che ora avranno un motivo in più per farlo.
Il MiC infatti, che si occupa di curare gli scavi relativi a questo evento, in modo da ricostruire il passato della città, ha reso nota in queste ora un’informazione eccezionale. Due scheletri sono stati rinvenuti dove anticamente sorgeva un muro, crollato non per l’eruzione ma per un terremoto concomitante ad essa, generato appunto dall’evento.
Come spiegato dal direttore del Parco che conserva i resti dichiarati patrimonio Unesco, Gabriel Zuchtriegel, le tecniche dello scavo moderno ci aiutano a comprendere quell’inferno, che in due giorni rase al suolo Pompei uccidendo molti abitanti.
“il ritrovamento odierno dei due pompeiani, avvenuto nel contesto del cantiere nell’Insula dei casti amanti, dimostra quanto ancora c’è da scoprire riguardo a quella terribile eruzione e conferma che bisogna continuare nelle attività di ricerca”.
Ad oggi Pompei appare come una città affascinante proprio per il suo aspetto storico, rappresentato al meglio dalle rovine antiche che sono arrivate ai giorni nostri in prefetto stato grazie allo strato di cenere e lapilli che ne hanno evitato il deterioramento nel tempo.
La città è un grande laboratorio archeologico che negli ultimi anni ha ritrovato vigore, stupendo con le continue scoperte e manifestando l’eccellenza italiana nel settore archeologico. Soddisfatto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che ha commentato positivamente il ritrovamento delle due vittime del terremoto avvenuto immediatamente dopo la strage.
Questo scheletri verranno ripuliti accuratamente e studiati dagli esperti per cercare di datare con certezza la morte e scrivere un nuovo pezzo della storia di questa città.
Tra le cause appunto anche il terremoto, minaccia letale per i pochi sopravvissuti. Gli scheletri ritrovati oggi appartengono a due persone che stavano cercando protezione in un ambiente di servizio. La loro posizione è riversa su un lato e si tratta di due individui maschili di almeno 55 anni, la cui morte è stata provocata da traumi multipli per il crollo di un muro.
Durante la rimozione delle vertebre cervicali sono emerse anche tracce di materiale organico che dovrebbe essere della stoffa. Un piccolo involucro con all’interno dei frammenti di collana e delle monete in argento databili al II secolo a.C.
Nella stanza c’erano anche diversi oggetti come un’anfora, delle ciotole e delle brocche. Evidenti i danni subiti dalle pareti.
Insomma un passo avanti importante nella ricostruzione di una delle peggiori eruzioni vulcaniche del nostro passato, i cui dettagli sono preservati in un grande parco archeologico.
Inutile dirlo, quando parliamo di Pompei il primo pensiero è proprio rivolto a quella immensa catastrofe che spazzò via ogni forma di vita, però riversò sul centro abitato talmente tanta quantità di detriti che questi l’hanno protetta portandola ai nostri giorni perfettamente conservata.
Il punto forte di Pompei è proprio la parte antica, protetta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Si tratta di un’area molto grande dove si intersecano edifici, monumenti, sculture, pitture e mosaici. Il visitatore può passeggiare all’interno della città romana e può capire l’organizzazione e la vita quotidiana del tempo.
Un viaggio fantastico reso possibile dal rovescio della medaglia di questa tragedia, appunto come dicevamo l’enorme quantità di materiale che si è depositato provocando vittime ma anche conservando le strutture.
La città antica sorge sulla valle del fiume Sarno, che all’epoca era un porto attivo. Oggi i visitatori possono entrare tramite una delle antiche porte, visitando poi le abitazioni con i propri apparati decorativi, le botteghe, le aree termali, quelle sacre, l’anfiteatro e molto altro.
Ci sono anche delle necropoli costituite da tombe monumentali di diverse tipologie. Dalle fonti storiche, sappiamo che un violento sciame sismico colpì l’area vesuviana già nel 62 d.C. e l’entità dei danni chiese una ricostruzione molto lunga. Arriviamo poi all’anno tragico in cui ci fu l’improvvisa eruzione che la seppellì letteralmente di cenere.
La riscoperta della città avvenne nel XVI secolo, in occasione della costruzione del Canale del Conte di Sarno, in cui vennero alla luce edifici ed iscrizioni pubbliche. Poi i Borbone nel 1748 ne avviarono l’esplorazione più approfondita portando alla luce altri elementi come la necropoli vicino a porta Ercolano, il tempio di Iside e il quartiere dei teatri.
Dopo il terremoto degli anni Ottanta, che causò nuovi danni, si proseguì non più con l’esplorazione estensiva ma con interventi conservativi e campagne di scavo, come appunto l’ultimo nella casa dei Casti Amanti.
I fenomeni vulcanici iniziarono nella mattinata di un giorno di autunno ma solo intorno alle 13 iniziò la fase più grave, si formò infatti una colonna eruttiva alta decine di chilometri che riversò un’enorme quantità di rocce. È difficilissimo cercare di capire cosa provassero gli abitanti in quel frangente, i fenomeni uccisero chiunque trovassero sul loro cammino, parliamo di circa il 20% della popolazione secondo le stime degli archeologi.
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