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Ponte sullo Stretto, fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e Salvini

Il ministro Salvini trova un’apertura al Ponte in Europa. Ma, a dire il vero, paiono solo delle rumorose chiacchiere. 

Un rendering del ponte sullo Stretto di Messina – Nanopress.it

Il clamore sulla grande opera fra la Sicilia e la Calabria si aggiunge a un cumulo di panni firmati “Propaganda” che il neo governo si ostina a lavare in pubblico. Il ponte sullo Stretto di Messina è, incontrovertibilmente, fra le cose non urgenti da mettersi nell’agenda del Paese.

Una guerra in corso contro Mosca c’è. E ogni giorno che passa raschiamo il barile per il gas agli sgoccioli. Gli stipendi sono da fame e adesso si aggiungerebbe anche la fatica di andare allo sportello per prelevare contante a spese nostre in onore di una guerra al Pos. Di più: a Messina lo sporco di immondizie è insuperabile. Sempre restando nell’adorata Trinacria c’è chi spara e uccide un cardiologo, perché gli sospendono la patente di guida. Mettiamoci un all-in da una cinquina di miliardi di euro. Obiettivo: la costruzione di 3,3 chilometri di ponte da sospendere per aria fra Scilla e Cariddi: sottovento il profumo zagara e gli appalti in odor di mafia o di ‘Ndrangheta. Vediamo chi la spunterà, ma resta un classico all’italiana. 

Ripercorrendo l’epica e la storia dei luoghi dello Stretto, ne l’Odissea la nave di Ulisse supera il maelstrom di Cariddi. L’eroe arriva però in Sicilia senza l’ausilio di nessun ponte. Finita la traversata nell’isola del Sole (la Sicilia) Ulisse si spaparanza un po’ e dopo 37 giorni, e un pasto dell’equipaggio non propriamente vegano, l’audace Nessuno riprende la navigazione per poi ritrovarsi naufrago su una zattera nel vortice di Cariddi. Ulisse si salverà la vita aggrappandosi a un albero di fico nato su uno scoglio, ma non era una festa al Papeete. I Romani, racconta Plinio Il Vecchio, cercarono di unire le due coste del Mediterraneo con navi e botti per farci passare sopra gli elefanti africani. Era uno scellerato caso ante litteram di sfruttamento animale. Poi nel 1908 arriva il terremoto di Messina e i progetti di unire il Continente all’isola si tacciono frenando sogni artificiali degni di Frankestein. All’oggi l’idea, anche quella di un ponte a una sola campata, resta, ed è il caso di dirlo, campata per aria. Il messaggio “Costruiamo il ponte sullo Stretto” è puramente promozionale e chi ne professa l’idea è re della retorica e persuade l’opinione con parole che restano tali, come dovrebbero esserlo. 

Il dibattito del Ponte è politico

Ponte sì o ponte no, il messaggio è chiaro: ammorbiamo il dibattito sano con messaggi populisti di non importa qual guisa. Siano essi quelli sulla rottamazione delle cartelle esattoriali oppure la costruzione del ponte, sia l’abolizione del reddito di cittadinanza oppure le multe ai no vax. Da questo punto di vista il governo della “coerenza”, tanto propugnato dal ministro Salvini, esiste solo a suon di grandi sparate che, come al solito, paventano soltanto una reale perdita di tempo. 

Il ministro Matteo Salvini – Nanopress.it

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini è tornato da Bruxelles con un nuovo argomento a tema Ponte sullo Stretto. È euforico. In Europa il leader della Lega ha trovato infatti man forte su qualcosa che forse non si aspettava. È la commissaria Ue per i Trasporti, Adina Valean, a offrigli un segnale che allenta la tensione Governo-Europa dai tempi del fatidico “vigileremo su Giorgia Meloni come su Orban”. Si alleggerisce, dunque, l’aria sotto il ponte: “Aspettiamo un progetto solido per finanziare la prima fase di fattibilità e poi il progetto partirà”, ha detto Valean a margine dell’incontro con Salvini. Ma il pensiero non basta, perché ci vuole l’azione. Lo sottolinea Valean: “A parte avere una intenzione, bisogna avere una fase di preparazione e poi essere pronti alla costruzione effettiva. 

Il leader della Lega spiega che il ponte potrebbe essere “co-finanziato” con gli aiuti europei durante la prima fase dei lavori. Un “primo passaggio storico” dice il ministro che spiega di avere “ripristinato” una società per il ponte sullo Stretto di Messina: “Mi assumo l’onore e l’onere di dare indicazioni, poi ci sono ingegneri che lavorano, hanno lavorato e lavoreranno sul progetto. Penso – continua il ministro – che sia un’opera fondamentale per unire la Sicilia al resto d’Italia e l’Italia al resto d’Europa, crea lavoro vero.” I presupposti ci sono, restano però dei dubbi legittimi sulla concezione di “lavoro vero” del ministro Salvini. Il lavoro creato per la costruzione del Ponte, infatti, sarebbe comunque precario e soggetto ai tempi di costruzione, non di certo una vera garanzia dell’agognato tempo indeterminato. “Se tutto va come mi auguro e come l’Italia si augura, entro due anni partiremo con i lavori” continua il ministro offrendo una ipotetica tabella di marcia per i lavori all’insegna dei “se” e dei “penso”. 

Chi lo ha preceduto non a caso gli fa la corte. Matteo Renzi, correva l’anno 2015: “Investiamo 2 miliardi nei prossimi cinque anni in Sicilia per le strade e le ferrovie e poi faremo anche il ponte, portando l’alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria, che è una città chiave per il Sud. Dall’altra parte dobbiamo finire la Salerno – Reggio Calabria. Quando avremo chiuso questi dossier, sarà evidente che la storia, la tecnologia, l’ingegneria andranno nella direzione del ponte, che diventerà un altro bellissimo simbolo dell’Italia”. Anno 2022, Silvio Berlusconi: “Ponte sullo Stretto è un’opera indispensabile, una priorità. Questa volta non ci fermeranno.

Il Ponte sullo Stretto di Messina, dunque, torna in auge con due aspetti da non sottovalutare. Il primo è senza dubbio infrastrutturale. Mettere un ponte alla fine della Salerno-Reggio Calabria, equivale ad appoggiare una ciliegina su una torta che, però, non regge la ciliegina. Farci passare sopra i treni e poi trovare una linea ferroviaria disastrata in Sicilia non porterebbe a un gran successo. Insomma l’approccio al ponte sullo Stretto non deve sottovalutare tutto ciò che gira intorno in termini di infrastrutture, ma questo non sembra interessare il ministro Salvini. I traghetti e i porti, però, inquinano con un impatto notevole, e il ponte sarebbe un tema legato alla transizione ecologica da non sottovalutare.

Propaganda ponte

Il ponte, poi, è un argomento topico del dibattito politico. Ma non è volontà politica, è opportunità politica. L’impresa faraonica si rende utile alla propaganda di chi, come il ministro Salvini, la persegue con assiduità tramite canali social e dirette dal vivo. Ma, va da sé, che chiunque vorrebbe mettere il suo nome sopra al ponte dello Stretto di Messina. 

Ci hanno già provato, lo ripetiamo, in tanti: Mussolini, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi, e Salvini adesso raccoglie il testimone di quelle idee sciagurate che mai hanno avuto un seguito ma tante spese sì. Se l’intento di procacciarsi un po’ di celebrità politica ha un costo, allora da restituire ai contribuenti ci sono almeno 300 milioni di euro. È la cifra che emerge dai conti sullo Stretto, ed è traducibile in una delle penali pagate dallo Stato per un progetto di fattibilità del ponte, commissionato e mai portato a termine.  

Come si persevera insistendo su un’idea in cui hanno fallito tutti? Sgomitando e facendosi vivi magari da Bruno Vespa, c’è da aspettarselo, con un bel plastico dei suoi. Il ministro Salvini deve mettersi in vista a più non posso, perché perde consensi. E adesso vede anche non pochi bossiani all’interno del (suo) partito, che vorrebbero estruderlo dal (suo) ruolo di ‘capitano’. D’altronde il ministro Salvini è anche vice Premier e come negargli un po’ di celebrità con un bel ponte che, stando a solide probabilità, non si costruirà mai. 

I ponti, si sa, fanno pubblicità a chi si presta a farne un’opera compiuta. Opere del genere rappresentano l’emblema di regimi e dittature. Oggi, per esempio, Putin ha riattraversato alla guida di una Mercedes il (suo) ponte Kersch in Crimea. È la prima volta che lo Zar torna su quel ponte simbolo del suo potere in un territorio occupato illegalmente come la Crimea. E succede dopo un attentato che ne ha distrutto una buona parte, proprio l’ottobre scorso.

Andrea G. Cammarata

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