La foto di questa bambina ballerina Saharawi ha commosso il web dopo che l’utente di Facebook saharawi.omar l’ha postata con un messaggio che ha fatto riflettere il popolo di Internet. ”Anche i bambini #Saharawi hanno i loro sogni da realizzare! L’Onu e la comunità internazionale se ne fregano! Li lasciano nel mezzo del deserto. E sono 40 anni – Sahara Occidentale”. Successivamente l’immagine immortalata dalla fotografa Ana Valiño, e che fa parte di un progetto più ampio a cui l’autrice sta lavorando, ha ispirato la giornalista Deborah Dirani, che ha scritto un toccante racconto di come può essere dura la vita in un campo profughi dell’Algeria, soprattutto per i bambini, che spesso vedono i loro sogni volare via come la sabbia del deserto trascinata dai venti.
Il racconto ”Era una ballerina #Saharawi, era una bambina nata nei campi profughi dell’Algeria: là dove il sole secca la terra e la sminuzza in sabbia rossa che si appiccica alle scarpette da punta e svolazza sul tutù. Era una ballerina come ogni altra bambina del mondo, solo che il suo mondo esisteva per carità. Ma lei ancora non lo sapeva. Lei si sentiva una ballerina e portava le sue manine grassottelle sopra le testa, perfettamente acconciata da una donna con gli occhi liquidi di kajal, e si inchinava al vento che si alza a una cert’ora, verso il tramonto”, così inizia il toccante articolo di Deborah Dirani, che ha conquistato il cuore dei lettori parlando di una popolazione quasi dimenticata, quella dei Saharawi in Algeria.
La questione Saharawi Da oltre quarant’anni vivono in una striscia di deserto algerino, in accampamenti di tende e case di mattoni di sabbia. Il popolo Saharawi considera come propria terra il Sahara Occidentale. La lasciarono quarant’anni fa, dopo quella che chiamano l’occupazione del Marocco. I fermenti indipendentisti portarono nel 1973 alla nascita del Fronte Polisario e all’inizio della lotta armata; gran parte dei Saharawi si rifugiarono nel deserto algerino, dove proclamarono la Repubblica Araba saharawi democratica (Rasd). Dopo anni di scontri, nel 1990, con la mediazione della Nazioni Unite, si arrivò ad un cessate il fuoco ma ad oggi l’intesa non è ancora stata raggiunta.
Il muro marocchino e le mine antiuomo Il muro marocchino nel deserto algerino, al confine con il Sahara occidentale, fa parte della vita del popolo Saharawi. E’ lungo oltre 2700 chilometri ed è una barriera che si confonde con il colore della sabbia, tutta circondata di mine antiuomo: oltre seimila ordigni, anche di fabbricazione italiana, pronti ad esplodere e a portare distruzione.
In attesa di una decisione da parte di chi ha il potere, questa foto della bambina ballerina Saharawi è diventata un po’ un simbolo dei sogni dei bimbi di tutto il mondo, che troppo spesso si scontrano con i muri della realtà.
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