Poteva essere un’altra Annalisa Durante. E se, fortunatamente, non lo è diventata, dobbiamo ringraziare soltanto il caso, il destino, il fato. Chi crede, forse, ringrazierà il Padreterno. Ma non certo l’esercito inviato dal Ministro Alfano, né tanto meno il Premier Renzi che non ha ancora proferito una sola parola sull’emergenza criminalità a Napoli e che, anzi, «sul piano del rafforzamento significativo delle forze dell’ordine, non ha dato segnali particolarmente incisivi così come ha fatto per l’Expo di Milano piuttosto che per altri fenomeni accaduti nel nostro Paese», come ha denunciato a Nanopress.it il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.
Vi abbiamo raccontato come, se nel paese dei balocchi i bambini diventavano asini, nel paese delle pistole diventano cadaveri. E quel paese è in Italia. È Napoli, dove è in corso una guerra fra bambini. I bambini soldato delle camorra, che sparano e spesso uccidono. (LEGGI QUI LA NOSTRA INCHIESTA)
Ha (fortunatamente possiamo usare ancora il presente, ndr) appena 19 anni e stava passeggiando per i quartieri Spagnoli, la notte fra il 21 (giornata in memoria delle vittime di mafia) e il 22 marzo, con un’amica: probabilmente stava rientrando a casa dopo una serata con gli amici. Quelle serate che, in qualsiasi parte del mondo, una 19enne ha il diritto di vivere.
Non ha, però, fatto in tempo a sentire i colpi d’arma da fuoco, appena imboccato vico Canale a Taverna Penta, che i proiettili di una calibro 9, sparati per un motivo non ancora accertato da quei bambini soldato, hanno raggiunto e perforato la sua anca. Fortunatamente, siamo costretti a dire, i killer hanno colpito solo quella. Ed è un paradosso dover tirare un sospiro di sollievo perché è uscita soltanto ferita da un conflitto a fuoco in cui si è ritrovata. Involontariamente e inconsapevolmente.
Le probabilità che non ne uscisse viva erano, però, troppo alte. Così come successe ad Annalisa Durante, ancora più giovane, se non più piccola, di lei. Aveva soltanto 14 anni, infatti, quando, il 27 marzo del 2004, si trovava in via Vicaria Vecchia, nel quartiere Forcella, con un gruppetto di amici e si ritrovò coinvolta in una sparatoria di cui, sicuramente, non poteva essere consapevole. A prescindere da chi fossero i suoi amici.
A 5 giorni dal 12esimo anniversario della morte di Annalisa Durante, Napoli sfiora un’altra tragedia del tutto simile, del tutto analoga. E allora, forse, aveva ragione Don Aniello Manganiello quando, su Nanopress.it, ha lanciato l’allarme che «I vecchi clan si stanno alleando contro la paranza dei bambini», che negli ultimi mesi tiene in scacco la città, e che questo avrebbe portato un ulteriore scia di sangue. E sicuramente aveva ragione il Presidente di Save The Children nel sostenere che «A Napoli troppi bambini non vivono la vita che avrebbero diritto di vivere». Molti non la vivono proprio la loro vita.
Perché è veramente un caso se, questa volta, non ci è scappato il morto, se quella ragazza si è salvata e oggi non stiamo piangendo un’altra vittima innocente della camorra. Non è merito dell’esercito che, da febbraio 2016, presidia il territorio; non è merito della repressione delle Forze dell’Ordine che, per quanto utile, non è sufficiente a riportare la sicurezza in una città. Anzi spesso, come in questo caso, porta a pericolosi vuoti di potere che sfociano in guerre sanguinose fra chi si contende quel posto vacante.
È merito solo ed esclusivamente di quella che a Napoli ci chiama “‘a bbona ciorta”. Quella buona fortuna a cui troppo spesso i napoletani, in primis quelli che governano e amministrano la cosa pubblica, e gli italiani, soprattutto quelli che dai palazzi del potere di Roma potrebbero fare effettivamente qualcosa, si sono affidati nella speranza che potessero cambiare le cose.
Quella a cui si sono sicuramente affidati in questi 12 anni che sono trascorsi dalla morte di Annalisa Durante. La stessa a cui si erano affidati nei 22 anni trascorsi fra la morte di Simonetta Lamberti, nel maggio del 1982, e quella di Annalisa Durante.
Una “bbona ciorta” che ha fallito, ma che getta su tutti di noi un’ombra di complicità in ciascuno di questi omicidi. Anche in quest’ultimo, fortunatamente, scongiurato. E anche sul prossimo che, se continueremo ad affidarci alla buona fortuna, sicuramente ci sarà.