Il Pozzo di San Patrizio di Orvieto, uno dei capolavori ingegneristici più conosciuti della zona, entra a far parte della Rete Mondiale dei Musei dell’Acqua portandosi dietro la sua storia e tutti i suoi misteri.
Si chiama Global Network of Water Museum ed è un’iniziativa lanciata dall’Unesco volta a promuovere e valorizzare il grande patrimonio dell’acqua e a educare a un uso più consapevole. È stata riconosciuta nel 2018 e, ad oggi, comprende circa 70 musei appartenenti a vari paesi del mondo. Con ben 17 siti, l’Italia è la nazione più attiva in questa iniziativa, seguita da Paesi Bassi, Spagna e Cina.
Solo pochi giorni fa un altro museo italiano è entrato a far parte della Rete Mondiale del Museo dell’Acqua: il Pozzo di San Patrizio e Patrimonio delle acque etrusche di Orvieto.
«È un onore per noi poter accogliere un capolavoro come il Pozzo di San Patrizio di Orvieto all’interno della Rete che punta a promuovere un uso più consapevole dell’acqua e affermare un nuovo paradigma di sviluppo che abbia a cuore l’attenzione e il rispetto verso la natura» ha dichiarato Eriberto Eulisse, il direttore esecutivo dell’iniziativa.
Il Pozzo di San Patrizio: la sua storia
Il Pozzo di San Patrizio, chiamato nel corso del tempo anche Pozzo della Rocca e Purgatorio di San Patrizio, è un capolavoro ingegneristico rinascimentale opera di Antonio da Sangallo. Questo spettacolare sito, entrando a far parte dei Musei dell’Acqua, porta con sé anche la sua storia secolare e tutte le leggende a essa legate.
È stato costruito intorno al XVI secolo al tempo del Sacco di Roma, ad Orvieto in Umbria, per volere di Papa Clemente VII con lo scopo di garantire in qualsiasi momento dell’anno l’acqua alla popolazione, anche in caso di assedio. A testimoniare questa volontà, si trova anche una medaglia celebrativa con la scritta “Ut bibita popolus” ovvero “Affinché il popolo beva”; le due copie della medaglia, si trovano però ai Musei Vaticani e al British Museum.
La genialità del Pozzo sta nella sua costruzione. Antonio de Sangallo fece scavare nel terreno per circa 60 metri e, una volta trovata la falda acquifera (fonte di San Zeno), fece costruire delle pareti in mattoni per garantire stabilità all’edificio. Solo in fondo a questo tunnel verticale si trovava il pozzo d’acqua al quale si poteva accedere grazie a due scale elicoidali, una percorsa da chi scendeva e l’altra da chi saliva, posizionate in modo tale da non intralciarsi mai a vicenda. Le scale erano facilmente percorribili anche dagli animali da soma ed erano illuminate da 72 finestroni ancora esistenti.
A celebrare l’ingegno umano ancora di più ci pensa infine un’altra scritta che recita: “Quod natura munimento inviderat industria adiecit”, ovvero “Ciò che non aveva fornito la natura, lo procurò l’industria”.
Il Pozzo tra miti e leggende
Il Pozzo è legato a una leggenda secondo la quale il pozzo avrebbe custodito una grotta senza fondo capace di fare da tramite tra il mondo dei vivi e l’aldilà, uno sbocco verso il Purgatorio e addirittura il Paradiso. Attraversando il pozzo i pellegrini si sarebbero liberati dei loro peccati prima di raggiungere la loro destinazione.
Un’altra chiave di lettura della leggenda vuole invece che il viaggio verso il fondo del pozzo rappresenti la ricerca della redenzione: infatti solo dopo aver raggiunto l’acqua, simbolo di purificazione, si può risalire in superficie verso la luce.
I visitatori che arrivano qui, infine, sono soliti lanciare una monetina portafortuna all’interno del pozzo, nella speranza di poter ritornare; se anche voi quindi vi recate in visita in questo luogo, non dimenticate di portare avanti la tradizione.