[didascalia fornitore=”altro”]La foto pubblicata su Facebook di un ospite del centro chiuso[/didascalia]
Il prefetto chiude il centro di accoglienza per migranti e la popolazione protesta chiedendo di non mandarli via. È successo a Ripabottoni, piccolo paese di 544 abitanti in provincia di Campobasso, in Molise, dove la prefettura ha ordinato la chiusura del centro Xenia che ospitava 32 persone, scatenando le proteste della comunità locale. La vicenda, raccontata dal sito locale Primonumero.it, è rimbalzata agli onori della cronaca nazionale perché in controtendenza con quanto spesso si è visto sul territorio nazionale, con piccole comunità arrivate a costruire barricate pur di non accogliere stranieri sul loro territorio. Il borgo molisano ha invece mostrato il volto di un’altra Italia, che sa accogliere e vede nei migranti una risorsa vera, in grado di aiutare le piccole comunità che soffrono lo spopolamento e rischiano di scomparire. Inutili le proteste e la raccolta firme per chiedere di lasciare aperto il centro: il prefetto ne ha ordinato la chiusura con grande dispiacere del paesino.
Il tema migranti è molto delicato: nonostante si sia di fronte a essere umani disperati, la politica continua a usarlo come arma di propaganda elettorale, alimentando inutili e pericolose paure per qualche voto in più. Così siamo arrivati al caso di Gorino e Goro, in provincia di Ferrara, dove gli abitanti arrivarono ad alzare barricate contro 12 mamme e i loro 8 figli, con tanto di cartello razzista appeso sulla chiesa.
Il caso di Ripabottoni sembra ridare speranza e mostrare il volto di un’altra Italia. La notizia della chiusura del centro Xenia ha scatenato le proteste della comunità che ha improvvisato un corteo per le strade e ha raccolto oltre 150 firme per bloccare la chiusura: nulla è servito, anche perché il Prefetto di Campobasso Maria Guia Federico non ha nemmeno ricevuto la delegazione degli abitanti, e il centro è stato chiuso.
I 32 richiedenti asilo sono stati mandati in altri paesi della zona, a Roccavivara, Petacciato, Montecilfone e Portocannone, lasciando l’amaro in bocca alla comunità di Ripabottoni. Come svela Primonumero.it, dietro gli apparenti motivi di sicurezza paventati dalla prefettura, ci sarebbe la mossa politica del sindaco, Orazio Civetta, eletto nel 2013 con una lista civica, “deus ex machina della operazione di trasloco, rimasto in un silenzio strategico e lontano da casa”: tra l’altro, con la chiusura del centro 15 persone sono rimaste senza lavoro.
Eppure, fa notare la stampa locale e lo stesso parroco, don Gabriele Tamilia, i migranti erano non solo stati accolti ma integrati nella comunità. “I nostri concittadini hanno iniziato a interagire con questi ragazzi stabilendo ottimi rapporti con loro. Le nostre due comunità cristiane, cattolica e protestante, li hanno inseriti nelle rispettive attività. Tante persone si sono attivate in diverse forme di aiuto”, ha spiegato il sacerdote.
In un paese come Ripabottoni, colpito dal terremoto nel 2002 e che soffre a causa dello spopolamento, i richiedenti asilo avevano portato solo benefici come “ravvivare la comunità, abbassare l’età media, rimpolpare le squadre di calcio a corto di atleti, dare vita a un coro della chiesa che altrimenti non ci sarebbe”, scrive ancora il quotidiano.
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Tanti i gesti di affetto per quei ragazzi che hanno voluto salutare a loro modo chi li ha accolti, come Eghosa James, un ragazzo nigeriano che ha affidato al suo italiano un po’ stentato il suo saluto da Facebook: “Mi mancherà per sempre e tutti in Ripabottoni. Apprezzo moltissimo tutti quelli che sono usciti ieri a mostrare amore e premure con un sacco di baci e abbracci. Ripabottoni grazie per la vostra ospitalità”.
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