[didascalia fornitore=”Ansa”]Cerimonia di premiazione[/didascalia]
Sono stati da poco annunciati i nomi dei finalisti dell’ultima edizione del Premio Strega. Nonostante le innumerevoli polemiche che ogni anno si concentrano su diversi aspetti, una riflessione interessante riguarda il numero di donne che ha raggiunto il traguardo rispetto ai colleghi maschi. Il riconoscimento, che ancora oggi sposta un numero considerevole di ricavi (per vedere come salire sul gradino più alto dello Strega moltiplichi fino a cinque volte gli introiti, leggete questo studio), è stato vinto per 61 volte da uomini e solo 10 da donne. Il picco della presenza si registra nella prima metà degli anni ’70, in corrispondenza delle grandi lotte civili per riconoscere i diritti del sesso femminile. Dal 2003 al 2018 sono sparite dall’albo dei vincitori, anche se compaiono spesso nelle cinquine in finale. Come riporta l’analisi di InGenere: “tolti gli anni fortunati del 2004 e 2007, in cui le donne conquistano la maggioranza dei posti in semifinale, la loro percentuale tende ad assestarsi sotto il 40%”.
Si arriva a una facile, seppur triste, conclusione, anche nel campo dei premi letterari: “le donne sono brave” ma non riescono a raggiungere i posti che contano. Se il dibattito sulle quote rosa comprende femministe di spicco sul piede di guerra, vero è che le battaglie del ’68 non sembrano aver raggiunto, dopo 50 anni, i risultati sperati. Anche le leggi che sono state approvate, pensiamo ad esempio allo stalking, si sono rivelate inadeguate a sconfiggere o scalfire fenomeni come quelli dei femminicidi, che hanno le loro profonde radici in un sistema culturale e sociale rimasto fermo ai Comizi d’amore di Pasolini. Praticamente in tutti i contesti, da quello lavorativo a quello sociale, la donna è ancora vista come “angelo del focolare”, che deve sempre destreggiarsi tra il ruolo di madre e moglie e quello di ‘persona’ parte di una società civile. Il mondo culturale, quello che dovrebbe scardinare questi stereotipi, non sembra fungere da esempio.
Se ampliamo il contesto ai Premi Nobel per la letteratura, il discorso non migliora. Quelli alle donne sono, attualmente, 14, contro il centinaio portato a casa dagli uomini. Tenendo conto che il Premio Strega è di molto successivo all’istituzione del primo Premio Nobel per la letteratura (1901 contro 1947), notiamo come la figura femminile, nelle sfere alte della cultura, sia sempre stata marginale. E gli altri premi, quelli internazionali, come il Goncourt, il Booker o il Pulitzer? La classifica scritta da Il Libraio, ferma al 2016, decreta il rapporto in 1 a 5: a dir poco impietoso, e, negli ultimi due anni, poco è cambiato.
Non è quindi un difetto solo italiano ma non può e non deve essere una giustificazione. Speriamo in un cambio di rotta e non perché “sia giusto che ci siano donne”, o almeno, non solo per quello: anche loro vendono libri, e tanti, inoltre senza l’aiuto della spinta dei premi letterari. Un esempio su tutti? J.K. Rowling, la scrittrice di Harry Potter. Non si tratta solo di fenomeni commerciali ma di artiste di talento: non vogliamo di certo mettere in dubbio il valore letterario di Jane Austen, o la bellezza delle poesie di Wisława Szymborska. Nei nomi dei 12 scrittori in gara quest’anno sono presenti 6 uomini e 6 donne: attendiamo il risultato.
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