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La riforma della Pubblica Amministrazione 2014 prevede fino a due anni di prepensionamento per i lavoratori in esubero. Il tutto è in linea con la riapertura del turnover, che comunque sarà calcolato in base alla spesa. Da questo punto di vista la quota dovrebbe salire progressivamente fino al 100% nel 2018, mentre per il 2014 si dovrebbe attestare intorno al 20%. Se ci sono dei casi di esuberi e vengono a mancare dei criteri e delle modalità condivise con i sindacati, la Pubblica Amministrazione procede alla risoluzione del rapporto di lavoro di coloro che avranno diritto all’accesso alla pensione entro il biennio successivo.
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Tutto questo comporta la corresponsione del trattamento e la risoluzione del rapporto di lavoro si pone senza possibilità di sostituzione a livello unilaterale.
Il piano di Marianna Madia
Il ministro Marianna Madia ha in mente un piano complesso che passa dal prepensionamento dei dipendenti pubblici, dal taglio degli stipendi dei dirigenti e dalle retribuzioni legate al merito. Il piano dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri sottoforma di decreto o legge delega, ma già si fanno sentire le prime voci polemiche. Anche perché, se da un lato si rimarca la necessità di tagliare le spese, dall’altro sono già pronti 106 nuovi dirigenti, che hanno vinto il concorso anni orsono e oggi reclamano il loro posto nell’amministrazione. Come verranno gestiti?
Il progetto della Madia, almeno nelle sue intenzioni, dovrebbe trovare una risposta concreta ai seguenti dilemmi atavici: combattere la disoccupazione giovanile e favorire il ricambio generazionale nella Pubblica Amministrazione. Per fare questo, la sua idea è di ricorrere alla ‘staffetta generazionale‘, mandando in pensione anticipata almeno 85mila dipendenti statali e dando via libera così a nuovi ingressi e concorsi che consentano l’innesto, nell’apparato amministrativo, di forze fresche e giovani. I dubbi, comunque, sono ancora molti. Cerchiamo di capire i pro e i contro di questa eventuale operazione di lifting della P.A.
Il ministro Madia ha parlato di “un processo di riduzione non traumatica dei dirigenti e, più in generale, dei dipendenti vicini alla pensione, per favorire l’ingresso di giovani“, ovvero di un’operazione che non vuole mettere in discussione gli equilibri della riforma Fornero ma che garantirebbe comunque un rinnovamento e un risparmio complessivo dato dalla differenza tra gli stipendi attualmente pagati e quelli dei neoassunti, al netto della spesa per le pensioni erogate in anticipo. La strada da percorrere potrebbe essere anche quella del ripristino del vecchio esonero di servizio, ovvero la sospensione dal lavoro nei 5 anni precedenti il momento di andare in pensione con 40 anni di anzianità contributiva.
Partiamo dal dubbio più immediato, che riguarda la fattibilità ‘sociale’ del piano della Madia. Bisogna, innanzitutto, capire se il prepensionamento di 85mila dipendenti pubblici (in realtà la platea di interessati potrebbe arrivare a 280mila, considerando i dirigenti) troverà l’approvazione dei sindacati, sempre sul piede di guerra quando si tratta di statali (molto meno attenti ai giovani precari, bisogna ammetterlo). In secondo luogo, è necessario capire quanto finirà per costare un’operazione del genere. Perché mandare in pensione anticipata così tanti lavoratori rischia di aggravare la già traballante situazione cassa dell’Inps, ente rovinato proprio dall’accorpamento delle pensioni del pubblico. Le polemiche, come prevedibile, non si sono fatte attendere, alimentate dal sospetto che il prepensionamento sia un primo passo verso un piano di esuberi dalla Pubblica Amministrazione. Cosa che non piace ma che sarebbe davvero necessaria.
L’apparato burocratico in Italia non solo si è dimostrato inefficiente e sclerotizzato ma, come se non bastasse, pesa sul bilancio dello Stato in maniera sempre crescente. Una condizione penosa che è il frutto di decenni di favori e promesse, che hanno creato situazioni imbarazzanti soprattutto a livello di amministrazioni locali. Marianna Madia, con questa sua idea di prepensionamento, cerca di tenere fede al suo ruolo di ministro non solo per la Pubblica Amministrazione ma anche (e soprattutto, aggiungiamo noi) per la Semplificazione. Perché è di questo che ha bisogno lo Stato, di semplificare e tagliare i rami improduttivi che, nel pubblico, sono molti più di quanto si possa immaginare. Favorire 85mila prepensionamenti per facilitare l’accesso alla carriera di lavoratori più giovani non può essere la risposta definitiva al problema.
Semmai è il primo passo verso un progetto di riforma della Pubblica Amministrazione più complesso che abbia lo scopo di razionalizzare le risorse, ridurre la spesa pubblica ed eliminare le sacche di clientelismo. La crisi economica e la disoccupazione giovanile non si combattono con iniziative estemporanee, una lezione che abbiamo imparato sulla nostra pelle negli ultimi 20 anni di assoluta inefficienza legislativa. Questa potrebbe essere la settimana della verità.
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